Alessandra Riccio – https://nostramerica.wordpress.com
Mi chiedo se il fatto di avere conferma circa le responsabilità di crimini avvenuti molti anni fa, attenui –e fino a che punto- l’indignazione e l’esigenza di giustizia. Me lo sono chiesta leggendo oggi la notizia della conferma del coinvolgimento della CIA in uno dei più brutali delitti di Stato della storia, l’assassinio del generale cileno Orlando Letelier e della sua segretaria a causa di una bomba messa nella sua vettura per ordine di Pinochet, a Washington nel 1976, ben 39 anni fa.
Durante la sua recente visita di stato in Cile, il sottosegretario John Kerry ha consegnato alla Presidente Michelle Bachelet una pen drive contenente 300 documenti riguardanti l’assassinio di Letelier.
Adesso quei documenti sono nelle mani del figlio, il senatore Juan Pablo Letelier che ha sempre saputo, pur non avendone le prove, che suo padre era stato eliminato per ordine dello stesso generale Pinochet e che i servizi segreti degli Stati Uniti, dove Letelier si era rifugiato, non potevano ignorarlo. Adesso, Pinochet è morto ed è morto anche il capo della sua polizia, Manuel Contreras, entrambi, per fortuna, giudicati ladri ed assassini prima di defungere.
Resta la grande responsabilità di tutti coloro che hanno voluto interrompere, annullare, distruggere un esperimento importante per tutta l’America Latina e non solo: quello di Salvador Allende, ostinatamente attaccato ai principi della democrazia popolare, che aveva invertito la tradizione di lotta armata di quegli anni per mettere in pratica un’onesta politica sociale che riequilibrasse le differenze abissali in quel paese di ricchi ricchissimi e di poveri poverissimi.
Non gli è stato consentito. E non perché la sua pratica di governo non trovasse seguito, ma perché la plutocrazia di quel paese e gli interessi e la volontà di Washington non lo hanno consentito. Il suicidio di Allende, ben consapevole che se avesse accettato quel che gli offriva Pinochet, sarebbe morto nell’esplosione dell’aereo che l’avrebbe dovuto portare in esilio, è stato un gesto altamente simbolico e la sua figura patetica di buon medico socialista di un paese del sud del mondo, con l’elmo sulla testa e un fucile a tracolla fra le mura fumanti del Palazzo della Moneda bombardato dai generali felloni, è ormai un’icona della storia.
Dopo di lui, Orlando Letelier a Washington, Carlos Prat in Argentina e Bernardo Leighton (ferito a Roma pare dalla mitraglia di Stefano delle Chiaie), militari onesti e leali, non hanno avuto scampo: inseguiti nei loro rifugi, con la colpevole connivenza dei servizi dei paesi che avrebbero dovuto difenderli, sono stati vittime di attentati e, insieme a loro, è stata uccisa la speranza di organizzare la resistenza del Cile democratico e di creare un governo in esilio. La rete che consentiva di cercarli, di individuarli, di eliminarli, aveva già il nome terrificante di Plan Cóndor.