V. Angel Fernandez https://lapupilainsomne.wordpress.com
Siamo sulla via per raggiungere un secolo di socialismo al potere, dopo che in quell’ottobre 1917, fu preso il Palazzo d’Inverno, nella oggi, San Pietroburgo.
Il cammino non è stato privo di errori, sempre sottolineati e moltiplicati dalla propaganda occidentale, come neppure sono mancate le aperte aggressioni o camuffate, che, senza voler gettare le colpe sulle spalle di altri, è probabile che altre vie avrebbero potuto seguire.
Non voglio fare riferimento ai successi, credo che la storia non potrà mai nasconderli, ciò che desidero, anche se appare paradossale, è fare un riconoscimento a tutta la propaganda occidentale, che durante questi cento anni, ha avuto il pregio di rubare termini e frasi, come se fossero i paladini della giustizia universale e alterare tutto quello che è stato fatto o fa, in qualsiasi paese, che ha un qualche segno di sinistra nella sua forma di governo.
Mi riferirò a tre temi in particolare: democrazia, diritti umani e dissidenza.
Democrazia, in termini semplici e senza entrare in studi approfonditi delle radici terminologiche, non è altro che la crazia -o il potere – del demos popolo. E se qualcuno legge la stampa o la letteratura di destra, solo in quei paesi con forme di governo occidentale, orientale o meso-orientale, sia del nord o del sud, quella democrazia -occhio, che loro non cercano mai di scomporla nelle sue componenti semantiche- solo esiste nei luoghi il cui particolare apprezzamento è segnato dai poteri affini a tali interessi. Fu in difesa della democrazia che Truman ordinò il bombardamento di Hiroshima e Nagasaki, incluso i campi di concentramento, in Nord America, per coloro il cui unico crimine era avere gli occhi in qualche modo a mandorla. Inoltre, in questa linea democratica, si sono poste le operazioni in Iraq, Afghanistan, Panama o una lunga lista, tra cui il supporto offerto in America -non la loro, ma quella nostra- per l’Operazione Condor e perché no? è anche, sempre secondo loro, parte della lotta per difendere la democrazia, il mantenere la prigione, di umani senza diritti, nella Base Navale di Guantánamo.
Furono democrazia le elezioni del novembre 1958 nella Cuba di Batista, quando l’isola era in stato guerra e con posizioni apertamente vittoriosi per gli uomini in verde olivo. Così come lo sono le dichiarazioni di Donald Trump, la posizione comune dell’Unione Europea contro Cuba e persino il blocco, con la sua recente multa di 800 milioni ad una banca francese.
La dittatura del proletariato, frase in disuso per l’ “inaccettabile” del primo termine componente, non si trova in ciò che piace a quelli del nord de i loro seguaci. Il nostro potere del popolo, con altissime percentuali di partecipazione popolare -come ho detto più volte, anche se non privo di errori- non riceve il marchio riconoscitore degli “autogiudici”. Molto semplicemente, perché il termine è stato rubato e risponde solo alle funzioni che desiderano dargli i grandi poteri.
L’altra espressione è Diritti Umani. Un giorno, il presisdente USA, tirò fuori dalla borsa magica la frase, dando così inizio ad un’altra guerra di accuse. E allora, questi diritti, per esempio, solo includono un modo di votare come quello che loro vogliono. O un modo di non votare come le designazioni di monarchie che solo rappresentano la propria famiglia e cognomi particolari, molte con tante decorazioni, nessuno sa uscite da dove, che perfino lo stesso Leonidas Trujillo, noto come Chapitas, dato il suo desiderio di mettersi metallo sui risvolti, morirebbe d’invidia.
Non solo ci lasciamo rubare la frase, ma -valga riconoscerlo- perfino la guardiamo in cagnesco e noi stessi la eludiamo. Salute, istruzione, occupazione e rispetto sociale, che con tutte le carenze, da molto sono una realtà così comune e corrente che non la poniamo nel suo giusto valore e sono anche diritti umani, ma torna sempre a girare la ruota intorno e Si è bruciato orecchio peloso: ma sempre la noria torna a girare e ci fa saltare il negativo peloso orecchio: ma il vostro sistema elettorale, non è conforme con i diritti umani. Chiaro con i diritti che convengono a loro. Non voglio concludere con questo termine, senza citare solo un esempio “casuale”: nessun governo USA ha firmato la Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo. Cosa ne pensi?
Infine, mi riferirò al termine dissisenza, sempre più di moda. Propongo cercare nella letteratura, anche di narrativa, sulla stampa o in qualsiasi espressione parlata o scritta e vedranno che mai tale termine viene applicato a un cittadino di questi paesi che si autodesignarono il ruolo di gendarmi universali. Quelli che davvero dissentono -e non sono pochi- possono essere accusati di inconformi persino terroristi, ma mai come dissidenti. Prima non lo furono Martin Luther King o Malcolm X, né i capelloni o hippy e tanto meno i vicini movimenti degli occupanti, sia in Spagna o a Wall Street.
Tuttavia, come qualcuno dice qualcosa, a Cuba, per esempio, con qualsiasi tipo di disaccordo sulle decisioni del governo, non c’è molto da pensare, lì esce la parolina. Non so in quale posto da adesso mi porrano, ma confesso una cosa: se dovessi misurare la progressiva scomparsa della gioventù in ogni essere umano, la misurerei dalla diminuizione della capacità di dissentire che si va estinguendo in quella persona, indipendentemente dal sesso o di età.
Tre grandi dissidenti, in quanto persone in disaccordo con uno stato di cose e un ideale di lotta per migliorarle, e qui è essenzialmente, ripeto, migliorarle per un bene sociale, sono le immagini dello scudo dell’Unione dei Giovani Comunisti: Mella, Camilo e Che.
Così sono stati i giovani Céspedes e Agramonte. Anche tutti i loro seguaci dopo quel 10 ottobre 1868. Ovviamente Martí, i Maceo, il Generalissimo Gomez, Guiteras, Villena, Pablo, Echeverria, Machadito, Fidel, Raul e la Generazione del Centennial.
Dissentirono dal mal fatto e dedicarono la loro vita per correggere lo sbagliato. Hanno dedicato la loro vita a che il demos-popolo, venisse ripettato nei suoi diritti di umani e riuscisse a mantenere il potere-crazia. Promulgarono, lottarono e sono riuscirono con le loro vite che si compisseil precetto martiano che la prima legge del nostro paese, fosse il reale rispetto della piena dignità dell’uomo.
Siamo chiamati ogni giorno a non essere passivi di fronte al male fatto, dissentire dagli errori e lottare per correggerli. Recuperiamo i termini rubati e benvenuti i dissidenti, non quelli costruiti e battezzati da forze esterne, ma quelli che con la loro dedizione al lavoro quotidiano, si guadagnano il rispetto e lottano per difendere il diritto umano di questa reale democrazia come lo è il potere del popolo, che tanto è costato.
Palabras robadas
Por Víctor Angel Fernández
Estamos en camino de cumplir un siglo de socialismo en el poder, luego de que en aquel octubre de 1917, fuera tomado el Palacio de Invierno en, la hoy, San Petersburgo.
El camino no ha estado exento de errores, siempre destacados y multiplicados por la propaganda occidental, como tampoco han faltado las agresiones abiertas o camuflajeadas, las cuales, sin querer echar las culpas sobre hombros ajenos, de no haber existido, es probable que otras vías hubieran podido seguirse.
No voy a referirme a los logros, creo que la historia nunca podrá soslayarlos, lo que sí deseo, aunque parezca paradójico, es hacer un reconocimiento a toda la propaganda occidental, que durante estos casi cien años, ha tenido la virtud de robarse términos y frases, como si fueran los paladines de la justicia universal y desbarrar de todo lo que se hizo o hace en cualquier país que tenga algún signo de izquierda en su forma de gobierno.
Me referiré a tres temas en particular: democracia, derechos humanos y disidencia.
Democracia, en términos simples y sin entrar en profundos estudios de las raíces terminológicas, no es más que la cracia –o el poder– del demos –pueblo. Y, si cualquiera lee alguna prensa o literatura de derecha, sólo en aquellos países con formas de gobierno occidental, oriental o meso-oriental, sean del norte o del sur, esa democracia –ojo, que ellos nunca tratan de desglosarla en sus componentes semánticos— sólo existe en los lugares cuya particular apreciación esté signada por los poderes afines a esos intereses. Fue en defensa de la democracia que Truman ordenó los bombardeos de Hiroshima y Nagasaki, incluidos los campos de concentración en Norteamérica para aquellos cuyo sólo delito era el poseer ojos algo rasgados. También, en esa línea democrática, se ubicaron las operaciones en Iraq, Afganistán, Panamá o una larga lista, incluidos los apoyos ofrecidos en América –no la de ellos, sino la de nosotros– para la operación Cóndor y ¿por qué no? es también, siempre según ellos, parte de la lucha por defender la democracia, el mantener la prisión de humanos sin derechos en la Base Naval de Guantánamo.
Fueron democracia las elecciones de noviembre de 1958, en la Cuba del batistato, cuando la Isla estaba en pie de guerra y con posiciones abiertamente victoriosas para los hombres de verde olivo. También lo son las declaraciones de Donald Trump, la posición común de la Unión Europea contra Cuba y hasta el bloqueo, con su multa reciente de 800 millones a un banco francés.
La dictadura del proletariado, frase en desuso por lo “inaceptable” del primer término componente, no se ubica en lo que gusta para los norteños y sus seguidores. Nuestro poder del pueblo, con altísimos por cientos de participación popular –como digo en reiteradas ocasiones, sin estar exenta de errores–, no recibe el sello reconocedor de los “autojueces”. Simple y sencillamente, porque el término fue robado y sólo responde a las funciones que deseen darle los grandes poderes.
La otra expresión es Derechos Humanos. Un día, el presidente correspondiente de los Estados Unidos, sacó de la bolsa mágica la frase, comenzando así, otra guerra de acusaciones. Y entonces, esos derechos, por ejemplo, sólo incluyen una forma de votar como la que ellos quieren. O una forma de no votar como las designaciones de monarquías que sólo representan a su familia y apellidos particulares, muchos con tantas condecoraciones, nadie sabe salidas de dónde, que hasta el mismísimo Leónidas Trujillo, conocido por Chapitas, dado su afán de ponerse metal sobre las solapas, se volvería a morir de envidia.
No sólo nos dejamos robar la frase, sino –valga reconocerlo– hasta la miramos de reojo y nosotros mismos la soslayamos. Salud, educación, empleo y respeto social, que con todo y las carencias, hace mucho tiempo son una realidad tan común y corriente que no la ubicamos en su justo valor y son también derechos humanos, pero siempre la noria vuelve a dar la vuelta y se hace saltar la peluda oreja: pero el sistema eleccionario de ustedes, no cumple con los derechos humanos. Claro con los derechos que a ellos les convienen. No quiero concluir con este término, sin citar sólo un ejemplo “casual”: ningún gobierno estadounidense ha firmado la Declaración de los Derechos del Niño. ¿Qué les parece?
Por último, me referiré al término disidencia, cada día más de moda. Les propongo buscar en la literatura, sea o no de ficción, en la prensa o en cualquier expresión hablada o escrita y verán que nunca ese término se le aplica a un nacional de esos países que se autoasignaron el papel de gendarmes universales. Los que realmente disienten –y no son pocos—pueden ser acusados desde inconformes hasta terroristas, pero jamás como disidentes. Antes no lo fueron Martin Luther King o Malcolm X, ni tampoco beatniks o hippies y mucho menos los cercanos movimientos de ocupas, fuera en España o en Wall Street.
No obstante, en cuanto alguien dice algo, en Cuba, por ejemplo, con cualquier tipo de desacuerdo sobre decisiones gubernamentales, no hay que pensar mucho, allí sale la palabrita. No sé en qué lugar me ubicarán en lo adelante, pero les confieso algo: si yo tuviera que medir la progresiva desaparición de la juventud en cada ser humano, la mediría por la disminución de la capacidad de disentir que se va extinguiendo en esa persona, cualquiera sea su sexo o edad.
Tres grandes disidentes, en tanto personas en desacuerdo con un estado de cosas y un ideal de lucha por mejorarlas, y aquí está lo fundamental, repito, mejorarlas por un bien social, son las imágenes del escudo de la Unión de Jóvenes Comunistas: Mella, Camilo y Che.
Así fueron los jóvenes Céspedes y Agramonte. También todos sus seguidores luego de aquel 10 de octubre de 1868. Obviamente que Martí, los Maceo, el Generalísimo Gómez, Guiteras, Villena, Pablo, Echeverría, Machadito, Fidel, Raúl y la Generación del Centenario en pleno.
Disintieron de lo mal hecho y dedicaron sus vidas a arreglar lo erróneo. Dedicaron sus vidas a que al demos-pueblo, le respetaran sus derechos como humanos y lograran mantener el poder-cracia. Promulgaron, lucharon y lograron con sus vidas que se cumpliera el precepto martiano de que la ley primera de nuestro país, fuera el respeto real a la dignidad plena del hombre.
Se nos convoca cada día a no ser pasivos ante lo mal hecho, a disentir sobre los errores y luchar por corregirlos. Recuperemos los términos robados y bienvenidos los disidentes, no aquellos aupados y bautizados por fuerzas externas, sino los que con su obra de entrega diaria, se ganen el respeto y luchen por defender el derecho humano de esta real democracia como lo es el poder del pueblo, que tanto ha costado.