José Reinaldo Carvalho* da zereinaldo.blog.br
Traduzione di Marx21.it
Per la prima volta in 17 anni la controrivoluzione venezuelana ottiene una vittoria elettorale significativa e la maggioranza nell’Assemblea Nazionale, il parlamento unicamerale del Paese.
L’opposizione, raggruppata nella coalizione di destra Tavola dell’Unità Democratica (MUD), ha eletto 99 deputati contro i 46 della coalizione Grande Polo Patriottico, in cui si riuniscono i partiti della Rivoluzione Bolivariana, sotto la guida del Partito Socialista Unito del Venezuela, il PSUV. Ci sono ancora 22 seggi in discussione, che saranno attribuiti in giornata, con la fine dello scrutinio.
L’elevata affluenza del 74,25% dell’elettorato e la partecipazione democratica e civica – secondo un bilancio fornito dal Potere Elettorale, dalle Forze Armate Nazionali Bolivariane, da osservatori e visitatori internazionali e strumenti di informazione, l’evento è trascorso in un clima pacifico, senza incidenti – rivelano il grado di maturità delle istituzioni democratiche della Rivoluzione Bolivariana.
La scorrevolezza delle procedure elettorali, la trasparenza nella registrazione dei risultati e il loro pronto riconoscimento da parte del presidente della Repubblica, Nicolas Maduro, fanno tacere le voci infauste che annunciavano frodi, violazione della legge e persino il golpe. Sereno, il capo dello Stato, in un discorso alla nazione, ha detto: “Con la nostra morale, con la nostra etica riconosciamo questi risultati avversi, il che significa dire al Venezuela che hanno trionfato la Costituzione e la democrazia”.
L’avanzata elettorale delle forze controrivoluzionarie si iscrive nel contesto della brutale offensiva scatenata dalla destra nazionale in collusione con l’imperialismo statunitense, il cui obiettivo strategico è il rovesciamento della Rivoluzione Bolivariana e la restaurazione del potere delle classi dominanti. In modo intermittente, questa offensiva è andata acutizzandosi e si è già manifestata per vie golpiste, antidemocratiche e minacce di intervento.
I primi tentativi di destabilizzazione della Rivoluzione Bolivariana sono stati il colpo di Stato dell’aprile 2002, lo sciopero nel settore petrolifero e la serrata padronale, del dicembre 2002 e febbraio 2003. All’inizio dell’anno scorso, il paese ha conosciuto un movimento insurrezionale strumentalizzato da forze della destra e imperialiste, che ha tentato di imporsi con la violenza controrivoluzionaria, con le cosiddette operazioni di cambiamento di regime, vittoriose in altri continenti. Da marzo dell’anno in corso, il Venezuela si trova sotto la minaccia di sanzioni e intervento dell’imperialismo nordamericano, a partire dall’emissione da parte del governo di Barack Obama di un decreto che definisce il paese una “minaccia” alla sicurezza degli Stati Uniti.
La vittoria elettorale delle forze della destra venezuelane è stata costruita sulla base di una brutale guerra economica e sabotaggi di ogni tipo, compresa la penuria di beni ad opera di speculatori, in una situazione in cui è già di per sé grave la crisi economico-finanziaria, in relazione alla caduta del prezzo del petrolio e con le vicissitudini proprie di un paese che importa il 70% di quello che consuma e che non è riuscito a produrre cambiamenti sostanziali nel suo modello produttivo.
Si apre una nuova fase, in una situazione politica momentaneamente avversa, di sviluppo della lotta del popolo venezuelano per l’edificazione di una nazione indipendente, con giustizia sociale e che fa parte in modo solidale dell’insieme della regione latinoamericana e caraibica. La sfida è mantenere nella nuova situazione la prospettiva antimperialista e socialista, inaugurata dal leader storico della Rivoluzione Bolivariana, prematuramente scomparso il 5 marzo 2013.
La vittoria elettorale della destra accresce le difficoltà, ma non significa la sconfitta della Rivoluzione. A breve termine, le forze di destra si arroccheranno nella maggioranza conquistata nell’Assemblea Nazionale per, adottando una strategia di scontro e dualismo di poteri, imporre nuove sconfitte alla Presidenza della Repubblica e alle altre istituzioni democratiche della Rivoluzione, cercando di promuovere cambiamenti che facciano retrocedere le conquiste storiche. Nel mirino le elezioni presidenziali del 2019.
Nel suo primo discorso dopo la proclamazione del risultato, il presidente Maduro ha chiamato la militanza socialista “a riprendersi d’animo, con molta accuratezza e qualità umana”, e ha invitato tale militanza a contribuire ad “accelerare una profonda rivoluzione economica e produttiva”, fiducioso nel fatto che “è ora che comincia la lotta per la costruzione del socialismo, di una nuova società”.
Nel momento di difficoltà che sta passando il popolo venezuelano, è più necessaria che mai la solidarietà piena, senza tentennamenti e ambiguità, che non mancherà da parte dei comunisti brasiliani. L’esperienza rivoluzionaria iniziata con Hugo Chavez nel 1998 ha grande valore teorico e pratico per tutto il movimento progressista in America Latina. La Rivoluzione Bolivariana continua ad essere un’importante riserva strategica delle forze progressiste in tutta la regione.
Visto da una prospettiva storica, come esperienza di emancipazione nazionale e sociale, il processo rivoluzionario venezuelano è ancora al suo inizio. Avendo come essenza l’antimperialismo, è un’espressione della resistenza di questo e degli altri popoli oppressi all’offensiva neocolonialista delle potenze internazionali sotto l’egida dell’imperialismo statunitense.
Un altro aspetto essenziale della Rivoluzione Bolivariana è l’edificazione della democrazia popolare, il protagonismo delle masse, la loro unità e mobilitazione permanente.
Fa parte anche dei suoi obiettivi l’unità dei popoli latinoamericani e caraibici, che tanto è avanzata con la creazione dell’Alleanza Bolivariana dei Popoli della Nostra America (Alba) e della Comunità degli Stati Latinoamericani e dei Caraibi (Celac).
Il governo del Grande Polo Patriottico, prima con Chavez e ora con Nicolas Maduro, ha un ambizioso programma di riforme sociali da compiere, permane nel suo orizzonte la lotta alla povertà, la promozione della giustizia sociale, l’approfondimento della democrazia, il cambiamento del modello economico.
L’assimilazione della sconfitta di questo 6 dicembre, quando si compivano 17 anni dalla prima vittoria elettorale, l’apprendimento delle lezioni e l’apertura di nuove prospettive già occupavano l’alba del 7 dicembre, il cui tratto principale è la difesa delle conquiste realizzate e un nuovo inizio della lotta per il socialismo, in una fase più complessa e difficile.
*Josè Reinaldo Carvalho è segretario della Politica e Relazioni Internazionali del Partito Comunista del Brasile (PCdoB)