Marina Minicuci – https://nostramerica.wordpress.com
Lo sapevo da almeno sei anni che sarebbe finita così, eppure la maggioranza ottenuta dalla destra alle elezioni legislative in Venezuela mi ha sorpresa per le sue dimensioni. Ho frequentato la rivoluzione bolivariana per quasi 10 anni, anno dopo anno, l’ho vista crescere in tutta la sua straordinaria potenza e poi declinare rapidamente, mangiata dall’interno anche dagli stessi uomini che avevano contribuito a realizzarla. Come ha fatto il tumore con il Presidente.
Ho avuto l’ardire di dirlo a Chávez che sarebbe andato tutto a rotoli, e non sono stata la sola. Ma lo sapeva anche lui evidentemente. Non so perché non abbia potuto fare nulla. Forse erano troppo eterogenee le forze che l’hanno appoggiato. Forse la contraddizione insita nell’arma a doppio taglio del petrolio (il cui maggior compratore erano gli stessi USA) era insanabile fin dall’inizio. Da allora, da sei anni, ho perso interesse alle questioni venezuelane. Oggi per gli amici che con me hanno frequentato il processo bolivariano in Italia, in Venezuela e in tutto il mondo, e per me naturalmente, ho sentito la necessità di fare il punto su quello che ha funzionato e quel che no, per provare a trarne, se possibile insieme, qualche insegnamento. È solo uno scarno elenco di questioni che possiamo approfondire con chi lo vorrà. E in coda qualche osservazione.
PRINCIPALI CONQUISTE
—È stato quasi totalmente sradicato l’analfabetismo che affliggeva la maggior parte della popolazione. Ciò grazie all’iniziale aiuto di Cuba, poiché al principio nessun venezuelano in grado di farlo voleva insegnare a “delle bestie”, così qualificavano la stragrande maggioranza della popolazione analfabeta e Fidel mandò ingenti quantità di insegnanti cubani.
—Milioni di cittadini hanno avuto accesso alla sanità pubblica, anche qui grazie all’iniziale aiuto dei medici cubani, per le stesse ragioni anzidette.
—È stata definitivamente seppellita l’ALCA, concepita per ricolonizzare l’America latina.
—Le elezioni di Evo Morales in Bolivia e Rafael Correa in Ecuador non sarebbero state possibili se Chávez non avesse dato l’impulso a svincolarsi dal ruolo, di fatto coloniale, nel quale si trovava al suo avvento l’America latina.
PRINCIPALI SCONFITTE
—Il PSUV, il partito di Chávez, che avrebbe dovuto essere lo strumento per attuare il “socialismo del XXI secolo”, si è rivelato un fallimento per inadeguatezza e alto grado di corruzione.
—La riforma agraria non ha funzionato.
—L’industrializzazione del paese non ha prodotto risultati significativi.
OSSERVAZIONI
Il Venezuela non ha mai smesso di essere un paese fondamentalmente capitalista con una becerissima borghesia -acerrima nemica del processo bolivariano- che ha continuato a detenere il potere economico e il commercio con l’estero.
Di fatto non si è mai riusciti a controllare la Banca centrale e la caduta del prezzo del petrolio ha privato il governo dei mezzi per eseguire il progetto bolivariano.
E l’annosa domanda si affaccia: è possibile cambiare il sistema dal di dentro? Per il momento non risulta che qualcuno ci sia riuscito.
E adesso qualcosa che mi ha sempre procurato strali, ma che sono convinta essere “il problema” numero uno. Chávez era certamente un leader straordinariamente empatico e generoso, difficilmente sostituibile, ma designare Maduro -che ha come principale qualità la fedeltà – come continuatore del processo bolivariano, ha mostrato in tutta la sua crudezza quanto vuoto Chávez abbia lasciato dietro di sé (si potrebbe dire lo stesso di Fidel e la nomina del fratello a successore). I buoni maestri lasciano buoni alunni che non raramente li superano. Chi pensa in termini di leader (Chávez , Fidel, Evo… per restare solo in America latina), si sbaglia di grosso. Nella migliore delle ipotesi, morto il leader morta la rivoluzione. Nella peggiore, il leader si trasforma in despota. Gli esempi non ci mancano.
Con Chávez le premesse erano altre, c’erano i circoli bolivariani che all’inizio funzionavano eccome, e la vera partecipazione cittadina, capillare, rione per rione, strada per strada, famiglia per famiglia. Quasi nessuno dei sostenitori di Chávez può dire di non avere materialmente fatto qualcosa per il processo bolivariano. Questo all’inizio. Cos’è accaduto poi?
COSA ACCADRA’ ADESSO?
La strada adesso si presenta molto ripida. Il maggior problema che vedo è quello delle forze armate che pure in Venezuela hanno appoggiato dall’inizio il processo bolivariano. Chávez stesso diceva che le forze armate venezuelane erano un po’ speciali perché avevano fatto -come lui- l’accademia Andrés Bello dove si studiavano Mao, Marx…
Fu grazie alle forze armate che durò solo 24 il golpe del 2002 (consiglio a chi non l’avesse visto il documentario del golpe girato in diretta dal palazzo presidenziale, da una troupe, credo belga, che casualmente si trovava all’interno di palazzo Miraflores per intervistare il Presidente https://www.youtube.com/watch?v=Cko8R2ZSEzE). In quell’occasione, Chávez fu portato in una base militare (dalla quale era previsto che lo trasferissero fuori dal paese) da un aereo con matricola statunitense, che risultò essere di proprietà del gruppo venezuelano Cisneros, allora proprietario dell’emittente televisiva Venevisión e di Ediciones América.
Ora è da scommettere che gli USA e la vicina Colombia faranno di tutto per cambiare i rapporti di forza all’interno delle forze armate e potrebbero questa volta riuscire laddove fino ad ora hanno fallito.
Il Pentagono e il Dipartimento di Stato non hanno mai smesso di tessere trame in tutta l’America latina per creare le condizioni che giustifichino un colpo di stato, da attuarsi qualora gli oligarchi loro complici nei vari paesi perdano le elezioni. Così come accadde in Venezuela per le consultazioni e i referendum realizzati nel 1998, 1999, 2000, 2004, 2005, 2006, 2008 e 2009. L’unica consultazione persa dal presidente venezuelano, fu quella per la riforma costituzionale, nel 2008. E possiamo simbolicamente situare lì l’inizio del declino del processo bolivariano, e della salute del Presidente.
Lo sconfortante risultato delle ultime elezioni, tra l’altro, si inserisce in un contesto latinoamericano fortemente compromesso, dove le destre stanno riprendendo il potere dappertutto e dove ancora resistono le sinistre, come in Bolivia, possiamo dire che non stanno molto bene. O meglio, che non stanno facendo molto bene.