L’Isola naviga nello spazio digitale come un’Atlantide.
Non è chiaro il mistero che rende possibile che uno degli affari più concitati qui sia quello delle pagine web e le registrazioni di dominio (il Domain Name System, DNS, che aiuta gli utenti a navigare per Internet), un servizio commerciale sostenuto con il potere dell’infrastruttura statunitense, destinato esclusivamente al settore privato in Cuba.
Su tutto questo, che io sappia, le autorità nordamericane non hanno detto assolutamente niente.
Ho letto una e un’altra volta le misure annunciate da Obama nel gennaio di quest’anno che favoriscono le esportazioni di prodotti e di servizi a Cuba nel campo delle telecomunicazioni, oltre al finanziamento per la creazione di facilità di questo tipo d’infrastruttura nel settore statale.
Nonostante l’entusiasmo e la retorica che hanno accompagnato questa decisione che vede nelle telecomunicazioni il Santo Gral per il cambio di regime nell’Isola, sono stati realizzati solamente due progetti con l’impresa cubana ETECSA – con banche in terzi paesi nel mezzo – perchè per far sì che tutto questo possa fiorire è imprescindibile pagare in contanti e anticipato.
Per via delle sanzioni finanziarie gravita inoltre sugli imprenditori statunitensi il terrore di cadere nella ragnatela dell’Ufficio per il Controllo degli Attivi Stranieri -OFAC- del Dipartimento del Tesoro.
Nemmeno nel pacchetto di Obama del 16 gennaio di quest’anno, né in quelli che sono venuti dopo, si parla apertamente di offrire facilità a Cuba per l’alloggio di pagine web in servitori nordamericani, di assegnare registri di dominio internazionali di primo livello, conosciuti come .COM, .NET, .ORG, tra gli altri, di acquisti attraverso imprese statunitensi per favorire il commercio elettronico, tutti servizi che hanno un prezzo e che per regolamento necessitano transazioni attraverso le carte di credito, e quindi un dialogo diretto tra le banche cubane e le statunitensi, che non esiste.
Il commercio elettronico con l’Isola è di fatto uno di servizi sanzionati dalla Legge Torricelli (del 1992) e un peso morto del blocco statunitense.
E per provarlo lì c’è l’impresa PayPal Inc., leader in transazioni elettroniche negli Stati Uniti, che in marzo ha accettato di pagare 7,7 milioni di dollari ed è giunta ad un accordo con i regolatori degli Stati Uniti dopo l’accusa d’aver violato le sanzioni imposte dalla Casa Bianca all’Iran, Cuba e il Sudan.
Qual è allora il mistero dell’apparizione come funghi di mezzi privati nel web, destinati a utenti dell’Isola e sostenuti con un’infrastruttura multinazionale ed un locale utilizzo-mania?
Come si produce questa esportazione di servizi?
Perchè i timorosi imprenditori del settore negli USA accolgono con entusiasmo i clienti che operano privatamente nell’Isola?
Perchè Google non blocca la pubblicità nelle pagine web degli affari che generano guadagni a cittadini residenti in Cuba, argomento che si presume dovrebbe impedire alla compagnia d’aprire le sue piattaforme per tutti i cubani?
Il paradosso è evidente. Se si tratta di Google, un cubano attraverso intermediari negli USA può annunciare il suo lavoro e ottenere entrate per concetto di pubblicità incrostata nella sua pagina web per Cuba.
Senza dubbio, Google Adsense, il servizio leader della compagnia per la gestione della pubblicità nella web, è bloccato per i naviganti che si connettano dall’Isola.
Basta un’occhiata in Internet per scoprire che migliaia di siti digitali che promuovono o prestano servizi privati in Cuba, sono stati alloggiati negli Stati Uniti e portano domini internazionali.
Direi che è difficile incontrare un affare privato con una certa solvenza nell’Isola che non abbia un mezzo digitale proprio e non si pubblichi in popolari pagine di annunci, tutti alloggiati fuori dall’Isola.
Indipendentemente dal fatto che in Cuba la normativa per il registro dei domini nazionali è ancorata all’età della pietra, e che questo è il servizio più caro del suo genere, questo non spiega l’indulgenza statunitense né la sua discrezionalità nell’ora di applicare la sua politica di sanzioni, specificatamente in questo ambito.
La prova della crescita come esposizione dei mezzi digitali cubani con l’infrastruttura statunitense è alla vista.
Una semplice ricerca in Google della parola “cuba” nella radice del dominio internazionale .COM, per esempio, ha generato in un solo giorno più di 52.100 risultati, come si può apprezzare in continuazione : cuba punto com
L’altra faccia della moneta è che non sappiamo esattamente quante pagine sono scomparse dalla rete in virtù dell’extraterritorialità del blocco.
Ricordiamo come bottone di mostra la notizia che ebbe abbastanza eco nel 2008 quando gli Stati Uniti cancellarono da Internet più di 80 nomi di dominio,tra i quali c’erano quelli delle pagine www.cuba-hemingway.com
<http://www.cuba-hemingway.com/>, www.cuba-havanacity.com
<http://www.cuba-havanacity.com/>, www.ciaocuba.com
<http://www.ciaocuba.com/> y www.bonjourcuba.com
<http://www.bonjourcuba.com/>,
queste due ultime orientate ai turisti francesi e italiani che visitavano l’Isola.
Erano proprietà di un cittadino inglese che aveva comprato questi nomi nelle Isole Canarie, attraverso una registratrice statunitense, (eNom).
Dopo lo scandalo, la filiale latinoamericana della Corporazione Internazionale per l’Assegnazione dei nomi di Dominio, Latinoamericani, emise una dichiarazione <http://latinoamericann.org/?q=node/1605> nella quale riferiva che molti Agenti Registratori negli Stati Uniti erano obbligati per legge a non dare servizi a persone o entità che entravano in conflitto con gli interessi degli Stati Uniti.
Riconosceva che esistono leggi per criminalizzare l’uso di denaro di cittadini e imprese statunitensi che favoriscono gli affari di persone radicate in Cuba.
Ma allora è cambiata la legge sette anni dopo? Come mai non ce ne siamo accorti?
Per fare della politica degli Stati Uniti nell’ambito delle telecomunicazioni un territorio ancora più estraneo, di recente l’Ufficio delle Trasmissioni per Cuba del Governo degli USA ha reso onore all’informatico statunitense José Alpízar http://alongthemalecon.blogspot.com per la creazione di una rete di distribuzione di contenuti nell’Isola attraverso DVD e unità flash.
Secondo i rapporti della stampa “ il Sr. Alpizar ha guidato il cammino della distribuzione di memorie flash che non solo contengono gigabytes d’informazione di audio e video prodotti da Radio e TV Martí specialmente per Cuba – ovviamente non si tratta solo di programmi di questi media – ma anche informazioni sulla ricerca e lo sviluppo del WiFi e delle trasmissioni dei segnali di TV satelliti dentro Cuba, lontani dal controllo statale.
Sarebbe interessante sapere se il Governo degli Stati Uniti che ha una lista nera unilaterale sulle piraterie e sanziona i violatori del diritto d’autore, sta silurando le sue stesse leggi.
E ci sono molte altre domande: cosa c’è dentro a questi gigabytes d’informazione? Il premiado Alpízar e altri che come lui lavorano ai progetti di cambio di regime in Cuba distribuiscono contenuti dell’industria cuturale statunitense?
Da là verranno molte pellicole e serials che popolano il nostro informale “pacchetto settimanale”?