L’inganno delle parole

Graziella Pogolotti https://lapupilainsomne.wordpress.com/

ParoleLa posizione bipede il dominio della parola ci distinguono dagli altri mammiferi. Lo sviluppo della tecnologia, il risparmiare sforzi, ha diminuito le facoltà fisiche che dovettero avere i nostri antenati più lontani.

L’uso diffuso della cottura degli alimenti cambiò la funzione dei denti del giudizio. Al contrario, il processo storico dotò i linguaggi di ricchezza e di crescente complessità. Il nostro ha notevole risorse, evidenti nei tempi e modi verbali e nell’architettura delle frasi. E’ un efficace mezzo di comunicazione che rende possibile qualitativamente perfezionare l’arte del dialogo per suggerire i diversi gradi di affetto e di critica. Costituisce il mezzo ideale per l’esercizio del pensare e stabilire i nessi tra le idee astratte ed il terreno concreto.

La parola definisce gli oggetti del mondo che ci circonda. Sempre portatrice di concetti, è in noi quando permaniamo in silenzio evocando ricordi, facendo domande, dissipando dubbi, cercando soluzioni, impostando sogni e progetti. Al superare i confini che separano il concreto dall’astratto, acquisisce un maggior grado di ambiguità. Si contamina, inevitabilmente, di una prospettiva ideologica. Il bene de il male si relativizzano, secondo gli imperativi delle diverse culture e il grado di conflittualità esistenti tra governanti e governati. Nel nostro tempo di marketing e pubbliche relazioni, i politici si sono addestrati all’uso seducente, ingannevole e perverso delle parole.

Cambiamento e modernità, trasformati in slogan astratti compaiono ripetutamente nelle campagne elettorali degli ultimi tempi. Entrambi rispondono a latenti aspirazioni in tutti gli esseri umani. Il disaccordo è valido incentivo per la trasformazione della realtà. La modernità si associa all’idea di progresso, tangibile nel passo dall’uso della trazione animale alla veloce rapidità della locomotiva.

Il bombardamento seducente di immagini e parole inibisce il funzionamento del pensiero critico. A volte cambiamento può significare involuzione. Più corrosivo, il termine modernità maschera l’applicazione di pratiche introdotte dal modello neoliberista con le sue ripercussioni nel sociale, politico e culturale.

Il passaggio annunciato a partire dalle recenti elezioni nella repubblica Argentina fornisce un esempio illustrativo del costoso rigioco delle manipolazioni, indipendentemente da altri fattori che potrebbero intervenire in questo processo. Con folgorante rapidità, per evitare dibattiti parlamentari, le prime misure attuano con azioni concrete, quanto prima formulato in un programma astratto. Ammodernamento implica imporre politiche di aggiustamento, favorire gli interessi commerciali a detrimento dello Stato, annullare il ruolo regolatore che gli concedeva, a quest’ultimo, il capitalismo nella sua ultima fase di sviluppo, provocare disoccupazione e promuovere la crescita di manodopera a basso costo, sacrificare l’interesse nazionale a favore del potere finanziario dominante, chiudere le porte a qualsiasi progetto di società inclusiva, collocare la politica al servizio dello spirito imprenditoriale transnazionale. In caso di prevedibili focolai di protesta, spetterà al corpo governo l’esercizio della repressione.

Dal tanto ripetersi, certe parole si incorporano al linguaggio comune. Dimentichiamo il suo significato originale, diventato così familiare e quotidiane come il modo di nominare le sedie e i tavoli delle nostre case. Qua e là, in diverse parti del pianeta, le politiche di aggiustamento sono accompagnati dalla cosiddetta “flessibilizzazione del mercato del lavoro”, un giro di vite che riporta alle lotte sindacali del passato. Flessibile è termine associato ad un abbigliamento dolcemente accomodato alle esigenze del nostro tempo. In questo caso, tuttavia, si riferisce all’ impotenza dei lavoratori, alla precarietà dell’impiego, alla perdita delle compensazioni davanti al licenziamento. Minaccia, in ultima analisi, al mantenimento delle storiche conquiste relazionate al riposo retribuito e alla tutela della maternità.

Per capire il mondo in cui viviamo, i cubani devono imparare a decifrare la portata di una terminologia con sentori di modernità. Trascorso più di mezzo secolo dal trionfo della Rivoluzione, la nostra cultura in materia di lavoro assume in modo naturale il godimento delle conquiste ottenute da una lunga storia di lotte che hanno lasciato una scia di martiri. Senza appellarsi al ricordo dei tempi antichi, vale la pena di ricordare Jesus Menendez, Aracelio Iglesias e José María Pérez. Abbiamo il congedo retribuito, la giornata di lavoro regolamentata ed il diritto alla pensione, nonostante l’insufficienza dei salari per motivi economici di altro ordine. Gli ultimi dibattiti delle commissioni dell’Assemblea Nazionale hanno portato alla luce problemi noti della nostra vita quotidiana, contraddizioni proprie dell’ espansione delle piccole e medie imprese private. Degna di nota per le sue ripercussioni sociali e il suo riflessio sul piano dei valori, la contrattazione illegale senza protezione sociale e segnali discriminatori che colpiscono le persone non bianche e le donne di oltre 40 anni. In quest’ultimo caso, si manifesta una tendenza regressiva nel considerarci come oggetto di sfruttamento sessuale. Le garanzie per la pensione, l’attenzione per studenti assunti e la tutela dei diritti delle donne devono essere una priorità. In caso contrario, staremmo mettendo in pericolo il futuro.

El engaño de las palabras

Por Graziella Pogolotti

La posición bípeda y el dominio de la palabra nos diferencian de los restantes mamíferos. El desarrollo de la técnica, el ahorrar esfuerzo, ha menguado las facultades físicas que debieron tener nuestros más lejanos antepasados. El empleo generalizado de la cocción de los alimentos modificó la función de los cordales. En sentido inverso, el proceso histórico dotó a las lenguas de riqueza y complejidad crecientes. La nuestra dispone de recursos notables, evidentes en los tiempos y modos verbales y en la arquitectura de las oraciones. Es un eficaz medio de comunicación que viabiliza matizar cualitativamente el arte de dialogar para sugerir los distintos grados de afectividad y de crítica. Constituye el medio idóneo para el ejercicio del pensar y establecer los nexos entre las ideas abstractas y lo terrenal concreto.

La palabra define los objetos del mundo que nos rodea. Siempre portadora de conceptos, está en nosotros cuando permanecemos en silencio evocando recuerdos, formulando interrogantes, despejando dudas, buscando soluciones, configurando sueños y proyectos. Al traspasar los linderos que separan lo concreto de lo abstracto, adquiere un mayor grado de ambigüedad. Se contamina, de manera inevitable, de una perspectiva ideológica. El bien y el mal se relativizan, según los imperativos de las distintas culturas y el grado de conflictividad existentes entre dominadores y dominados. En nuestros tiempos de marketing y relacionistas públicos, los políticos se han adiestrado en el empleo seductor, engañoso y perverso de las palabras.

Cambio y modernidad, convertidas en consignas abstractas, aparecen en forma recurrente en las campañas electorales de los últimos tiempos. Ambas responden a aspiraciones latentes en todos los seres humanos. La inconformidad es un acicate válido para la transformación de la realidad. La modernidad se asocia a la idea del progreso, tangible en el paso del uso de la tracción animal al ritmo veloz de la locomotora.

El bombardeo seductor de imágenes y palabras inhibe el funcionamiento del pensar crítico. En ocasiones, cambio puede significar involución. Más corrosivo, el término modernidad enmascara la aplicación de prácticas instauradas por el modelo neoliberal con sus repercusiones en lo social, lo político y lo cultural.

El viraje anunciado a partir de las recientes elecciones en la República Argentina ofrece un ejemplo ilustrativo del costoso rejuego de las manipulaciones, al margen de otros factores que pudieron intervenir en este proceso. Con rapidez fulgurante, para eludir debates parlamentarios, las primeras medidas implantan a través de acciones concretas lo antes formulado en un programa abstracto. Modernizar implica imponer políticas de ajuste, favorecer los intereses empresariales en detrimento del Estado, anular el papel regulador que le concediera a este último el capitalismo en su precedente etapa de desarrollo, provocar desempleo y favorecer el crecimiento de una mano de obra barata, sacrificar el interés nacional en favor del poder financiero hegemónico, cerrar las compuertas a cualquier proyecto de sociedad inclusiva, colocar la política al servicio del empresariado transnacional. En caso de previsibles estallidos de protesta, tocará a la instancia gubernamental el ejercicio de la represión.

De tanto reiterarse, ciertas palabras se incorporan al lenguaje común. Olvidamos su sentido original, se tornan tan familiares y cotidianas como el modo de nombrar las sillas y las mesas de nuestros hogares. Acá y allá, en distintos puntos del planeta, las políticas de ajuste van acompañadas de la llamada «flexibilización del mercado laboral», vuelta de tuerca que retrotrae a las luchas sindicales de otros tiempos. Flexible es término asociado a un vestuario suavemente acomodado a las demandas de nuestro tiempo. En este caso, en cambio, alude al desamparo de los trabajadores, a la precarización del empleo, a la pérdida de las compensaciones ante el despido. Amenaza, a la larga, el mantenimiento de las conquistas históricas relacionadas con el descanso retribuido y la protección a la maternidad.

Para entender el mundo en que vivimos, los cubanos tenemos que aprender a descifrar el alcance de una terminología con visos de modernidad. Transcurrido más de medio siglo desde el triunfo de la Revolución, nuestra cultura en materia laboral asume de manera natural el disfrute de conquistas ganadas mediante una larga historia de luchas que dejaron una estela de mártires. Sin apelar a la rememoración de tiempos más remotos, vale la pena recordar a Jesús Menéndez a Aracelio Iglesias y a José María Pérez. Contamos con el descanso retribuido, la jornada laboral regulada y el derecho a la jubilación, a pesar de la insuficiencia de los salarios por motivos económicos de otro orden. Los últimos debates de las comisiones de la Asamblea Nacional sacaron a la luz problemas conocidos de nuestro vivir cotidiano, contradicciones propias de la expansión de pequeños y medianos negocios privados. Merece destacar por sus repercusiones sociales y su reflejo en el plano de los valores, la contratación ilegal sin amparo de la seguridad social y señales discriminatorias que afectan a personas no blancas, así como a mujeres que sobrepasan los 40 años. En este último caso, se manifiesta una tendencia regresiva a considerarnos como objetos de disfrute sexual. Las garantías para el retiro, la atención a los estudiantes contratados y la protección a los derechos de la mujer deben constituir una prioridad. De lo contrario, estaremos comprometiendo el futuro.

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