Jorge Bolaños http://www.cubadebate.cu
Le relazioni tra Cuba e USA non potranno raggiungere la piena normalizzazione, che entrambi i popoli meritano, mentre si mantengono vigenti il blocco economico, commerciale e finanziario, la politica di sovversione e l’illegale base navale di Guantanamo.
Il 23 febbraio 1903 l’illegittima Base Navale USA a Guantanamo compirà 113 anni. E’ situata nella migliore baia di Cuba, occupando una superficie di terra e mare equivalente a 117,6 km2. Fu la prima base USA nel nostro emisfero, la più antica del mondo e l’unica in cui il paese ospitante non ha autorità contrattuale per revocarla unilateralmente.
Secondo il ripudiato accordo, Cuba ha la “sovranità” del territorio occupato, ma la piena giurisdizione e dominio lo detiene la potenza occupante.
Sotto l’influenza della chiamata politica del “buon vicino” proclamata dal Presidente F. D. Roosevelt, e sotto la protezione e la complicità di Fulgencio Batista, un uomo di fiducia del diplomatico USA Sumner Welles, nel 1934 fu firmato un nuovo accordo sulle relazioni bilaterali abrogando l’ ingiurioso Emendamento Platt, che già era inutile per la predominanza del dominio su Cuba ma mantenendo intoccabile l’inciso riferito all’enclave navale di Guantanamo.
I 22 presidenti che sono passati dalla Casa Bianca dal 1903 l’hanno mantenuto invariato, disprezzando il rifiuto storico del popolo cubano e la flagrante prevaricazione delle leggi che regolano il diritto internazionale.
Lo stesso si può affermare dei presidenti cubani della pseudo-repubblica che, per opportunismo, tradimento o vocazione annessionista, voltarono le spalle alle richieste del loro popolo e alla dignità della patria.
Negli USA e a Cuba, con lodevoli eccezioni, la base si presentava non come un’ ignomignosa imposizione, simbolo precoce dell’avvento dell’impero USA, che Martí ci anticipasse, bensì nella maniera più irreale possibile.
Vediamo come esempio illustrativo, ciò che in questo senso, riferisce il professore di Harvard Jonathan Hansen nel suo ultimo libro intitolato “Guantanamo” scritto dopo diverse visite alla base:
“… gli ufficiali di pubbliche relazioni che mi hanno assistito nelle mie visite alla base, hanno ripetuto lo stesso copione: … i gagliardi marine presero la baia nella prima battaglia con le forze spagnole. Cuba, infinitamente grata, consentì di istituire una base navale, alla fine della guerra ispano americana; … negli anni che ha la base le forze di stanza nella stessa retribuirono i cubani agendo come buoni vicini, stimolando la loro economia e, gentilmente, ma con fermezza, intervenendo nelle volatili province orientali per salvaguardare la libertà, l’indipendenza, la stabilità e la proprietà privata; … purtroppo i Castro misero la parola fine alla situazione idilliaca. La guerra sollevò un’impenetrabile barriera tra alleati naturali e aggiunse importanza strategica alla base come garante di libertà nella regione”.
Fu a partire dal Trionfo della Rivoluzione, che la restituzione del territorio occupato diventò una questione costituzionale di interesse nazionale, mentre per gli USA passò ad essere, per più di 40 anni, uno spazio privilegiato per il rovesciamento della Rivoluzione comprendendo tutti i tipi di provocazioni, cospirazioni e piani sovversivi, tra cui, secondo i documenti declassificati da parte del governo USA, si menzionavano l’aggressione della Baia dei Porci, la Crisi di Ottobre, il Piano Mangusta, Patty-Candela, le operazioni bingo, estate, prendere e caricare.
La maggior parte dei piani prevedevano l’assassinio di Fidel e Raul, così come l’invasione di Cuba da parte dei marine.
Pur così, è da notare che dagli anni ’90 il livello di tensione sul perimetro tra i due lati di confine registrò una certa diminuzione per l’avvio dei negoziati su questioni di interesse comune, come il controllo degli incendi, eventi meteorologici, operazioni di soccorso, traffico di droga, ecc
Oserei affermare che le nuove generazioni di statunitensi conoscono poco la vera storia.
La base è più conosciuta come un semplice retaggio della dipendenza cubana dagli USA, come un centro migratorio di detenzione e transito degli haitiani e cubani che, come una perenne vestigia imperiale, concertato in condizioni di assoluta disuguaglianza.
A partire dall’11 settembre, ha acquisito notevole notorietà mediatica internazionale come campo di concentramento per i prigionieri delle guerre in Afghanistan e in Iraq, presunti membri dell’organizzazione terroristica Al Qaeda, ingabbiati e sottoposti a sistematici abusi e crudeli pratiche di tortura che violano le più elementari precetti del diritto umanitario e la Convenzione di Ginevra sui prigionieri di guerra.
Le intenzioni e le promesse del presidente Obama di chiudere il carcere di Guantanamo restano incompiute per l’opposizione politica e pubblica e non implicano, secondo le sue stesse dichiarazioni, la chiusura dell’illegale base navale.
Allo stesso modo, gli alti funzionari del Pentagono hanno espresso opposizione alla chiusura, in base alla natura strategica della base.
Altri ex alti gradi militari considerato l’opposto. Ad essi si uniscono non pochi accademici e significative figure della diplomazia USA, tra i quali diversi ex capi dell’Ufficio di Interessi di Washington all’Avana.
Il presunto carattere strategico della base manca di supporto, non viviamo nel 1903, quando l’installazione era unica in tutta la regione dell’America latina e dei Caraibi; oggi l’impero ha 36 basi sparse in tutta l’America Latina e nei Caraibi.
Neppure viviamo in tempi di Guerra Fredda, ma in tempi in cui la nostra regione traspira pace e l’esempio è la Dichiarazione della CELAC all’America Latina e Caraibi, come una zona di pace.
Cuba non è più il paese subordinato agli USA; è un paese libero, sovrano ed indipendente che reclama, in modo patriottico, e come interesse nazionale la restituzione del territorio occupato in condizioni di forza.
Il presidente Obama ha riconosciuto pubblicamente il fallimento della politica che, da più di 50 anni consecutivi 11 amministrazioni, imposero a Cuba. Nella sua qualità di Capo dello Stato e Comandante in Capo delle Forze Armate dovrebbe anche riconoscere il fallimento della politica imperiale che per più di un secolo mantengono nel nostro paese e il cui vergognoso simbolo è la Base Navale di Guantánamo.
Diplomatico cubano e Professore Ausiliare dell’Istituto delle Relazioni Internazionali. E’ stato capo dell’Ufficio degli Interessi di Cuba a Washington.
El fantasma de la Enmienda Platt ronda en Guantánamo
Las relaciones entre Cuba y Estados Unidos no alcanzarán la normalización plena que, ambos pueblos merecen, mientras se mantengan vigentes el bloqueo económico, comercial y financiero, la política de subversión y la ilegal Base Naval de Guantánamo.
El 23 de febrero de 1903 la ilegítima Base Naval de Estados Unidos en Guantánamo cumplirá 113 años. Está ubicada en la mejor bahía de cuba, ocupando un espacio de tierra y mar equivalente a 117.6 km2. Fue la primera base de Estados Unidos en nuestro hemisferio, la más antigua del mundo y la única donde el país sede carece de autoridad contractual para revocarla unilateralmente.
Según el repudiado acuerdo, Cuba posee la “soberanía” del territorio ocupado, pero la plena jurisdicción y señorío lo detenta la potencia ocupante.
Al influjo de la llamada política del “buen vecino” proclamada por el presidente F.D. Roosevelt, y bajo el amparo y complicidad de Fulgencio Batista, hombre de confianza del diplomático estadounidense Sumner Welles, en 1934 se firmó un nuevo acuerdo de relaciones entre ambos países abrogando la injuriosa Enmienda Platt, que ya resultaba innecesaria para la preeminencia del dominio sobre Cuba, pero manteniendo intocable el inciso referido al enclave naval en Guantánamo.
Los 22 presidentes que han pasado por la Casa Blanca desde 1903 la han mantenido inmutable, menospreciando el rechazo histórico del pueblo cubano y en desacato flagrante de las leyes que rigen el derecho internacional.
Lo mismo se puede afirmar de los presidentes cubanos de la seudo-república que, por oportunismo, entreguismo o vocación anexionista, dieron la espalda a los reclamos de su pueblo y a la dignidad de la patria.
En Estados Unidos y en cuba, con honorables excepciones, la base se presentaba no como una ignominiosa imposición, símbolo temprano del advenimiento del imperio estadounidense, que Martí nos anticipara, sino de la manera más irreal posible.
Veamos como un ejemplo ilustrativo, lo que en este sentido, refiere el profesor de Harvard Jonathan Hansen en su más reciente libro titulado “Guantánamo”, escrito después de sus varias visitas a la base:
” … los oficiales de relaciones públicas que me atendieron en mis visitas a la base, repitieron el mismo libreto: … los gallardos marines tomaron la bahía en el primer combate con las fuerzas españolas. Cuba, infinitamente agradecida, consintió el establecimiento de la base naval al final de la guerra española americana; … en los años que lleva la base las fuerzas basificadas en la misma retribuyeron a los cubanos actuando como buenos vecinos, estimulando su economía y, gentilmente, pero con firmeza, interviniendo en las volátiles provincias orientales para salvaguardar la libertad, independencia, estabilidad y la propiedad privada; … tristemente los Castro pusieron punto final a la idílica situación. La guerra levantó una impenetrable barrera entre aliados naturales y le añadió importancia estratégica a la base como garante de libertad en la región.”
Fue a partir del Triunfo de la Revolución, que la devolución del territorio ocupado se convirtió en un tema constitucional y de interés nacional, mientras que para Estados Unidos pasó a ser, durante más de 40 años, un espacio privilegiado para el derrocamiento de la Revolución incluyendo toda clase de provocaciones, conspiraciones y planes subversivos, entre los cuales, según documentos desclasificados por el gobierno estadounidense, se mencionaban la agresión de Playa Girón, la Crisis de Octubre, el Plan Mangosta, Patty–Candela, operaciones bingo, verano, tomar y cargar.
La mayoría de los planes contemplaban los asesinatos de Fidel y Raúl, así como la invasión a Cuba por los marines.
Aún así, cabe mencionar que a partir de la década de los 90 el nivel de tensión en el perímetro entre ambos lados de la frontera registró cierto grado de disminución devenido del comienzo de conversaciones sobre asuntos de interés común, como control de incendios, eventos meteorológicos, operaciones de salvamento, tráfico de drogas, etc.
Me atrevería a afirmar que las nuevas generaciones de estadounidenses poco conocen la verdadera historia.
La base es más conocida como un simple legado de la dependencia cubana de EE.UU., como centro migratorio de reclusión y tránsito de haitianos y cubanos que, como un perenne vestigio imperial, concertado en condiciones de absoluta desigualdad.
A partir del 11 de septiembre, adquirió destacada notoriedad mediática internacional como campo de concentración para los prisioneros de las guerras en Afganistán e Iraq, sospechosos de pertenecer a la organización terrorista Al Qaeda, enjaulados y sometidos a sistemáticos abusos y crueles prácticas de tortura contraviniendo los más elementales preceptos del derecho humanitario y de la Convención de Ginebra sobre prisioneros de guerra.
Las intenciones y promesas del Presidente Obama de cerrar la cárcel de Guantánamo permanecen incumplidas por la oposición política y pública y no implican, según sus propias declaraciones, el cierre de la ilegal base naval militar.
Igualmente, los altos mandos del Pentágono se han manifestado opuestos al cierre, basándose en el carácter estratégico de la base.
Otros ex militares de alta gradación consideran lo contrario. A ellos se suman no pocos académicos y significativas figuras de la diplomacia estadounidense, entre los cuales se encuentran varios ex jefes de la otrora Oficina de Intereses de Washington en La Habana.
El supuesto carácter estratégico de la base carece de sustentación, no vivimos en el 1903 cuando la instalación era única en toda la región latinoamericana y caribeña; hoy el imperio cuenta con 36 bases repartidas por toda la América Latina y el Caribe.
Tampoco vivimos en tiempos de Guerra Fría sino en tiempos en que nuestra región transpira paz y ejemplo de ello es la Declaración de la CELAC a la América Latina y el Caribe como zona de paz.
Cuba ya no es el país subordinado a Estados Unidos; es un país libre, soberano e independiente que reclama patrióticamente y como interés nacional la devolución del territorio ocupado bajo condiciones de fuerza.
El Presidente Obama reconoció públicamente el fracaso de la política que, por más de 50 años consecutivos 11 administraciones, impusieron a Cuba. En su calidad de Jefe de Estado y Comandante en Jefe de las Fuerzas Armadas, debería reconocer también el fracaso de la política imperial que por más de un siglo mantienen en nuestro país y cuyo oprobioso símbolo es la Base Naval de Guantánamo.
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