Iroel Sánchez https://lapupilainsomne.wordpress.com
A poco meno di un mese dalla visita a Cuba del presidente Barack Obama, come tappeto rosso che lo precede, il governo USA ha adottato, in sequenza, azioni che non contribuiscono per niente ai suoi obiettivi di generare simpatie nel popolo cubano.
Il 26 febbraio, l’Ufficio per il Controllo dei Beni Stranieri (OFAC), del Dipartimento del Tesoro USA, ha multato per 304706 dollari la società Halliburton per la fornitura di servizi all’impresa cubana Cuba Petroleo, dimostrando con tale l’azione che come ha denunciato Josefina Vidal, Direttrice per l’America del Nord del ministero degli esteri cubana, nel suo account del social network Twitter, che “il blocco a Cuba continua ad applicarsi rigorosamente da parte degli USA”.
Il 2 marzo, Antony Blinken, Sottosegretario di Stato USA, ha associato nel Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU, che si riunisce a Ginevra, la visita di Obama a Cuba a dichiarazioni interventiste e ha ripetuto il discorso ostile che gli USA hanno sostenuto tradizionalmente in quegli spazi per giustificare il blocco. La delegazione diplomatica cubana presente lì, ha risposto alludendo alle pratiche repressive e discriminatorie, molto frequenti in territorio USA – “la discriminazione razziale, la violenza della polizia, il maltrattamento dei migranti e la tortura dei detenuti”- ribadendo che il blocco contro Cuba: “è la principale violazione che si commette contro i diritti umani di un intero popolo, e che negli ultimi mesi si è aggravato con l’imposizione di sanzioni milionarie contro banche e finanziarie internazionali, al fine di intimidirle e ostacolare le transazioni economiche e finanziarie di Cuba
Quasi immediatamente dopo, si è saputo che non sarebbe stata effettuata una visita programmata dal segretario di Stato, John Kerry, a L’Avana, che nel corso di un’audizione del Congresso USA il 23 febbraio aveva detto rispetto a Cuba:”Devo andare là tra una settimana o due, per avere particolarmente un dialogo sui diritti umani”
I media non possono concepire che un rapporto tra eguali presuppone che il paese piccolo e che non è una potenza economica, militare e mediatica, si senta offeso e giudichi inconveniente la visita del capo di Blinken, dopo le aggressive parole di questi a Ginevra, ma la logica indica che questo è ciò che può essere accaduto. I media non hanno nemmeno tenuto conto che è stata Cuba che, nel luglio 2014, ha proposto agli USA tenere un dialogo bilaterale sui diritti umani, che è stato ripetuto nel gennaio 2015, quando è stato accettato dalle autorità USA, con la realizzazione di un primo incontro il 31 marzo dello stesso anno a Washington, e che dopo la conclusione di tale incontro, il capo della delegazione cubana, Pedro Luis Pedroso Cuesta, ha detto in una conferenza stampa che l’ambiente di lavoro era stato rispettoso e professionale, e che le parti avevano deciso di “rimanere in contatto attraverso i canali diplomatici in merito a possibili nuovi scambi, date, luoghi e ordini del giorno. “Non ci sono stati nuovi incontri bilaterali sul tema, ma la diplomazia USA ha approfittato di un forum multilaterale dell’ONU per attaccare l’isola, collegandolo alla visita di Obama.
E’ stato appena annunciato che Ben Rhodes, vice consigliere per la Sicurezza Nazionale del presidente Barack Obama, si recherà a Miami la prossima settimana per incontrarsi “con i leader della comunità cubano-americana e alleviare le preoccupazioni sulla storica visita del presidente a L’Avana, alla fine di marzo”. Questo sembra rivelare lo scopo delle dichiarazioni di Blinken a Ginevra, in particolare se è noto che per la Casa Bianca “i leader della comunità cubano-americana” sono i congressisti di estrema destra e membri di organizzazioni tradizionalmente finanziate dal governo USA al fine della destabilizzazione dell’isola. La popolarità di quelle persone ha avuto un regresso negli ultimi tempi proprio per opporsi alla nuova politica degli USA verso Cuba. A queste stesse persone è indirizzato il messaggio che è stata trapelata alla stampa circa la presunta fermezza con cui Washington difenderebbe la possibilità che Obama possa rivolgersi per tv ai cubani e riunirsi con i “dissidenti” che sono collegati, in tutti i casi, a questi gruppi di Miami e che attraverso loro ricevono le risorse assegnate loro dal governo USA, nonostante che gli stessi diplomatici USA a l’Avana li hanno squalificati come opposizione credibile e hanno segnalato la loro disconnessione dalla società cubana.
Ma è inconsueto che la stampa USA presenti come risultato di un braccio di ferro con il governo cubano le trasmissioni in diretta delle attività e discorsi di Obama o la possibilità che questo avrà d’incontrarsi con chiunque, quando entrambi le cose già avvennero, senza intoppi, durante le visite sull’Isola del ex presidente James Carter e del Segretario di Stato John Kerry, i cui interventi alla riapertura dell’ambasciata USA a l’Avana e nella conferenza stampa che ha dato all’Hotel Nacional di Cuba, sono state trasmesse interamente dalla televisione cubana. Solo la necessità di vestire come “vittoria sul regime totalitario dei Castro”, ciò che è atteso come normale da parte del popolo di Cuba e che già quegli stessi media si sono occupati di diffondere in casi precedenti può spiegare tale manipolazione.
Finalmente?, il 4 marzo, Obama ha deciso di prorogare di un anno la validità del Ordine Esecutivo 13692 firmato l’8 marzo 2015, che dichiara una “emergenza nazionale” al considerare il Venezuela -il principale alleato di Cuba nella regione- “una minaccia insolita e straordinaria per la sicurezza nazionale e la politica estera USA”. Questa volta non ha risposto la diplomazia cubana, una “Dichiarazione del Governo Rivoluzionario” ha definito come “arbitraria e aggressiva” la decisione USA e ha ribadito: “in maniera decisa e leale il sostegno incondizionato e quello del nostro popolo alla sorella Repubblica Bolivariana del Venezuela, al governo legittimo del presidente Nicolas Maduro e all’unione civile-militare del popolo bolivariano”
Un giorno dopo, la presenza a Caracas del Primo Vice Presidente cubano, Miguel Diaz Canel, è servito a sostenere, ancora, quella posizione sulla decisione di Obama contro il Venezuela: “Ancora una volta, l’impero dimostra che non ha cambiato la sua essenza aggressiva e il disprezzo verso i nostri popoli, ribadendo le sue minacce contro una nazione sorella, pacifica e solidale, e ignorando l’indignazione ed il rifiuto unanime che ha sollevato l’emanazione di questo Ordine infame solo un anno fa”.
I ritornelli spesso danno consigli molto saggi. Non si può dar messa a Miami e processione all’Avana e, chi molto vuole poco stringe. Tutte queste azioni ostili degli USA verso Cuba ed il suo alleato venezuelano, non solo hanno generato la risposta cubana corrispondente, ma sono stati ampiamente pubblicizzate dai media e anche se il loro scopo è quello di ottenere un perdono impossibile di coloro che hanno vissuto tutta una vita dello scontro tra i due paesi, ciò che fanno è diminuire la simpatia che il presidente Obama spera di trovare a Cuba e dare ragione a coloro che hanno allertato sul fatto che Washington non ha rinunciato al suo comportamento imperiale verso l’isola.
Dos refranes para Obama en vísperas de su viaje a Cuba
Iroel Sánchez
A menos de un mes de la visita a Cuba del Presidente Barack Obama, cual alfombra roja que lo preceda, el gobierno estadounidense ha venido adoptando en secuencia acciones que en nada contribuyen a sus objetivos de generar simpatías en el pueblo cubano.
El 26 de febrero la Oficina para el Control de Activos Extranjeros (OFAC) del Departamento del Tesoro de Estados Unidos, multó por 304 mil 706 dólares a la empresa Halliburton por prestar servicios a la compañía cubana Cuba Petróleo, demostrando con esa acción que como denunció Josefina Vidal, Directora de América del Norte de la cancillería cubana, en su cuenta en de la red social Twitter, que “el bloqueo a Cuba sigue aplicándose con rigor por EEUU”.
El 2 de marzo, Antony Blinken, Subsecretario de Estado de los Estados Unidos asoció en el Consejo de Derechos Humanos de la ONU, que sesiona en Ginebra, la visita de Obama a Cuba a pronunciamientos injerencistas y repitió el discurso hostil que EEUU ha sostenido tradicionalmente en esos espacios para justificar el bloqueo. La delegación diplomática cubana presente allí respondió aludiendo a las prácticas represivas y discriminatorias muy frecuentes en territorio estadounidense -“la discriminación racial, la violencia policial, el maltrato a los inmigrantes y la tortura a detenidos”- reiterando que el bloqueo contra la Isla “es la principal violación que se comete contra los derechos humanos de todo un pueblo, y que durante los últimos meses se ha agudizado con la imposición de sanciones millonarias contra entidades bancarias y financieras internacionales, con el fin de intimidarlas y obstaculizar las transacciones económicas y financieras de Cuba
Casi inmediatamente después, se conoció que no se efectuaría una anunciada visita del Secretario de Estado John Kerry a La Habana, quien en una audiencia del Congreso estadounidense el 23 de febrero había dicho con respecto a Cuba: “Debo ir allá en una semana o dos, para tener específicamente un diálogo sobre derechos humanos”
Los medios de comunicación no pueden concebir que una relación entre iguales supone que el país pequeño y que no es una potencia económica, militar y mediática se sienta ofendido y juzgue inconveniente la visita del jefe de Blinken después de las agresivas palabras de este en Ginebra pero la lógica indica que es eso lo que puede haber sucedido. Los medios tampoco tuvieron en cuenta que fue Cuba la que en julio de 2014 propuso a Estados Unidos sostener un diálogo bilateral sobre derechos humanos, que fue reiterada en enero de 2015, cuando fue aceptada por las autoridades estadounidenses, efectuándose un primer encuentro el 31 de marzo de ese año en Washington, y que concluida esa reunión, el jefe de la delegación cubana, Pedro Luis Pedroso Cuesta, declaró en conferencia de prensa que el clima de trabajo fue respetuoso y profesional, y que las partes habían decidido “mantenerse en contacto por los canales diplomáticos respecto a posibles nuevos intercambios, sus fechas, sedes y agendas.” No han existido nuevos encuentros bilaterales sobre el tema pero la diplomacia estadounidense aprovechó un foro multilateral de la ONU para agredir a la Isla, vinculándolo a la visita de Obama.
Acaba de anunciarse que Ben Rhodes, asesor adjunto de Seguridad Nacional del Presidente Barack Obama, viajará a Miami la próxima semana para reunirse “con los líderes de la comunidad cubanoamericana y aliviar las preocupaciones sobre el histórico viaje del mandatario a La Habana a finales de marzo”. Lo anterior pareciera revelar el objetivo de las declaraciones de Blinken en Ginebra, sobre todo si se sabe que para la Casa Blanca “los líderes de la comunidad cubanoamericana” son los congresistas de extrema derecha y miembros de organizaciones financiadas tradicionalmente por el gobierno norteamericano para la desestabilización de la Isla. La popularidad de esas personas ha venido retrocediendo en los últimos tiempos precisamente por oponerse a la nueva política de EEUU hacia Cuba. A esas mismas personas va dirigido el mensaje que se filtró a la prensa sobre la supuesta firmeza con que Washington estaría defendiendo la posibilidad de que Obama pueda dirigirse por televisión a los cubanos y encontrarse con los “disidentes” que están vinculados en todos los casos a estos grupos de Miami y que a través de ellos reciben los recursos que les asigna el gobierno estadounidense, a pesar de que los propios diplomáticos norteamericanos en La Habana los han descalificado como oposición creíble y han señalado su desconexión de la sociedad cubana.
Pero es insólito que la prensa estadounidense presente como resultado de un pulseo con el gobierno cubano las transmisiones en vivo de las actividades y discursos de Obama o la posibilidad que este tendrá de reunirse con quien desee, cuando ambas cosas ya ocurrieron sin sobresaltos durante las visitas a la Isla del expresidente James Carter y el Secretario de Estado John Kerry, cuyas intervenciones en la reapertura de la embajada estadounidense en La Habana y en la conferencia de prensa que ofreció en el Hotel Nacional de Cuba fueron transmitidas íntegramente por la televisión cubana. Sólo la necesidad de vestir como “victoria sobre el régimen totalitario de los Castro” lo que es algo esperado como normal por la población de Cuba y que ya esos mismos medios se ocuparon de difundir en casos anteriores puede explicar semejante manipulación.
¿Finalmente?, el 4 de marzo, Obama decidió prorrogar por un año la vigencia de Orden Ejecutiva 13692 firmada el 8 de marzo de 2015 declarando “emergencia nacional” por considerar a Venezuela -el principal aliado de Cuba en la región- “una amenaza inusual y extraordinaria para la seguridad nacional y la política exterior de los Estados Unidos”. Esta vez no respondió la diplomacia cubana, una “Declaración del Gobierno Revolucionario” calificó de “arbitraria y agresiva” la decisión estadounidense y reiteró: “de manera resuelta y leal su apoyo incondicional y el de nuestro pueblo a la hermana República Bolivariana de Venezuela, al legítimo gobierno del Presidente Nicolás Maduro y a la unión cívico-militar del pueblo bolivariano”
Un día después, la presencia en Caracas del Primer Vicepresidente cubano, Miguel Díaz Canel, en Caracas sirvió para argumentar más esa postura sobre la decisión de Obama contra Venezuela: “Una vez más, el imperio demuestra que no ha cambiado su esencia agresiva y su desprecio hacia nuestros pueblos, reiterando sus amenazas contra una nación hermana, pacífica y solidaria, e ignorando la indignación y rechazo unánimes que suscitó la promulgación de esta infame Orden hace apenas un año.”
Los refranes suelen dar consejos muy sabios. No se puede tener misa en Miami y procesión en La Habana y el que mucho abarca poco aprieta. Todas estas acciones hostiles de EEUU hacia Cuba y su aliado venezolano, no solo han generado la correspondiente respuesta cubana, sino que han sido ampliamente difundidas por los medios y aunque su objetivo es conseguir un perdón imposible de quienes han vivido toda la vida de la confrontación entre los dos países, lo que sí hacen es disminuir la simpatía que espera encontrar el Presidente Obama en Cuba y dar la razón a quienes han venido alertando sobre el hecho de que Washington no ha renunciado a su comportamiento imperial con la Isla.