di Albano Nunes* da www.avante.pt
Traduzione di Marx21.it
Il Brasile vive tempi difficili. La reazione e l’imperialismo non si sono mai rassegnati ai cambiamenti in senso progressista che dal 2003 hanno migliorato le condizioni di vita di molti milioni di brasiliani e non hanno mai desistito dal cercare di rovesciare un processo che, sebbene abbia mantenuto praticamente intoccati il potere economico e l’apparato dello Stato, hanno avvertito come una minaccia mortale ai loro interessi.
Il forte appoggio popolare al processo di cambiamento li ha limitati nella capacità di intervento, li ha messi sulla difensiva, ma non hanno mai desistito.
Nelle elezioni del 2014 in cui fu eletta presidente Dilma Rousseff hanno giocato una fortissima carta, ma hanno perso. Ora approfittando di una congiuntura economica sfavorevole, anche inseparabile dalla profonda crisi del capitalismo che colpisce i paesi “emergenti”, passano apertamente all’offensiva per riconquistare le posizioni perdute. E’ questo il significato della campagna golpista che punta alla destituzione della presidente Dilma. E’ questo il significato dell’operazione contro Lula da Silva, che mira a screditare la sua immagine e a impedirgli di potere tornare a svolgere un ruolo rilevante nella vita politica del Brasile.
La disinformazione su ciò che sta realmente accadendo in Brasile è enorme e ciò che rappresenta l’essenziale tende ad essere seppellito dalla valanga di “informazione” sensazionalistica. Perché, dietro la cortina di fumo della presunta indipendenza nell’appuramento delle responsabilità nel corrotto sistema capitalista brasiliano, ciò che realmente si verifica è la strumentalizzazione da parte dell’apparato giudiziario in collaborazione con la comunicazione sociale, per sconfiggere le forze progressiste e ripristinare in pieno il potere del grande capitale. Ciò che realmente è in causa nell’acuta lotta di classe in corso in Brasile è il senso – progressista o reazionario, di sovranità o di sottomissione agli USA – dello sviluppo politico e sociale di questo grande paese. Ed è in causa la stessa democrazia, senza dubbio molto limitata nei suoi contenuti, ma in cui libertà e diritti politici fondamentali sono una realtà che non fa comodo a una grande borghesia che è portatrice di una lunga catena di crimini come quelli praticati durante la dittatura fascista, seguita al golpe militare del 1964, che aveva rovesciato João Goulart.
Ciò che in questi giorni è in gioco in Brasile, riguarda in primo luogo i lavoratori e il popolo brasiliano e le poderose manifestazioni popolari che lo scorso 18 marzo hanno riempito le strade di molte città sotto la parola d’ordine “contro il golpe, per la democrazia”, a dimostrazione che esistono in Brasile forze capaci di difendere e approfondire i progressi realizzati. Ma riguarda anche tutti i popoli del mondo, e in primo luogo dell’America Latina. Il Brasile è un grande paese con una proiezione e un’influenza presenti nella vita internazionale. E’ uno dei cinque paesi dei BRICS, un’alleanza che svolge un ruolo rilevante nel contenimento dei progetti di dominio mondiale totalitario dell’imperialismo nordamericano e, nonostante limiti e contraddizioni risultanti dalla sua natura capitalista, converge con paesi come Cuba, Venezuela, Bolivia, Ecuador nel processo di trasformazione progressista e di sovranità che ha percorso il continente latinoamericano (di cui sono espressione organizzazioni come la CELAC e la UNASUR) e che l’imperialismo cerca ad ogni costo di sovvertire. L’impegno golpista della reazione brasiliana e dell’imperialismo mira molto al di là dello stesso Brasile.
La nostra solidarietà di principio con il PCdoB, il PT, il MST e le altre forze che lottano per sbarrare la strada della reazione tiene anche in considerazione l’imperiosa necessità di unire forze per far fronte all’imperialismo sul piano mondiale.
*Albano Nunes fa parte della Segreteria del Partito Comunista Portoghese