C. L. Zayas Bazán https://lapupilainsomne.wordpress.com
Come era previsto si è scritto e parlato molto circa la visita del presidente USA a Cuba.
Importanti intellettuali, giornalisti e studiosi di prestigio e talento, hanno smontato, sino alle minuzie, fino alla minuzia il significato dell’evento.
Anche molta gente comune, dentro e fuori del paese ospitante, hanno coinciso con le analisi specializzate che hanno separato la paglia dal grano. Sono state sottolineate le differenze tra ciò che Cuba può aspettare e ciò che il visitatore si è proposto.
Ma abbondano anche opinioni che provengono da persone da cui ci si aspetterebbe una maggiore sagacia su questioni in cui sono specialisti e una maggiore acutezza politica. Ci riferiamo a coloro che hanno valutato l’occasione come quella propizia per fare molto più enfasi su ciò che Cuba deve migliorare, nei suoi difetti, proprio al culmine e un nuovo capitolo di una guerra culturale. Se c’è l’opportunismo politico, c’è anche la valutazione dell’opportunità politica. Questi hanno visto l’opportunità politica favorevole per evidenziare errori interni, piuttosto che contribuire all’unità dei cubani intorno al loro governo.
Il popolo, il governo ed il Partito di Cuba, da un pò di tempo, stanno cambiando e migliorando le vie di partecipazione democratica nella gestione del paese. Ciò che non si è potuto migliorare – più di prendere in considerazione che un processo aggredito è un processo che ha meno condizioni per ridurre al minimo gli errori e superare le difficoltà – è dovuto, sopratutto, alla’accidentata storia di Cuba, una volta sia per il continuo assedio economico e le minacce militari, altre dalla disintegrazione del campo economico a cui apparteneva.
Tuttavia, durante la visita del Presidente del nord, e anche se non era difficile nemmeno per il vicino più semplice, indovinare quale fosse l’obiettivo principale di quella che è stata un’ingerenza diplomaticamente tollerata, si sono sentite alcune, molto enfatiche, segnalazioni dei problemi di casa, quando quello che si dice a qualsiasi bambino, che si cerca di educare, è che, al momento della visita di uno straniero tollerato, la famiglia non deve sottolineare le sue differenze interne. E’ qualcosa che deve essere discusso dopo. Qualcosa elementare, soprattutto quando la visita è un incontro tra opposti, così come si è dichiarato.
E’ estremamente preoccupante che molte persone comuni, a Cuba ed in altre parti, con solo la loro naturale intelligenza e i loro studi regolari, abbiano visto il vero volto dell’imperialismo dietro lo scintillante sorriso dell’aggraziato e giovanile Obama, e che, invece, persone con alti studi e alte specialità curriculari, si confondano completamente e con i loro articoli pubblici cerchino di confondere gli altri. Sembrerebbe come se si volesse mettere in evidenza, che nel bel mezzo di un’occasione che dà visibilità, come se l’ego della saggezza personale e gesto di ribellione, e la luce dell’intelligenza dovesse brillare molto di più che gli interessi di una nazione, o fosse la cosa più importante.
Voglio solo riferirmi ad un tema tra tanti.
Un commentatore cubano parla degli “strilli” “che ci hanno messo in guardia dagli inganni di Obama”. Come, effettivamente, ci sono stati tali inganni, le avvertenze, considerate sprezzantemente grida , non sono stati invano, perché sarà sempre molto più etico e necessario, denunciare o avvertire gli inganni e le menzogne di un nemico mascherato, che i sussurri educati, lieti e sibillini dell’abbietta ammirazione di coloro che confondono e si fanno ingannare dagli aspetti personali, presumibilmente amichevoli ed intelligenti, di un presidente, che per definizione, non smetterà mai di rappresentare gli interessi imperiali della sua élite, utilizzi i metodi che utilizzi, qualunque sia la sua personalità o soprattutto, quando ciò che dice di se stesso viene smentito dalla sua azione locale e globale, prima e subito dopo.
Che Obama non sia un imperialista né un neocolonialista? Beh, se non fosse così grave, si potrebbe prendere perfino come uno scherzo, che ora sì ci accorgiamo che un’attuazione politica e diplomatica di convenienza, trasforma magicamente l’essenza del pensiero imperialista, che è, appunto, essere neocolonialista.
Il potere intelligente non è altro che un travestimento d’occasione: fino a quando sia necessario mettere a nudo il volto, lasciare cadere la maschera, scoprire la smorfia fascista sotto i bellissimi denti e bombardare interi popoli in qualsiasi parte del mondo. O come lo chiamiamo questo? Se non è una procedimento, nella sua essenza fascista e genocida, segnalare con il tratto degno di un mandarino, in un elenco, il nome del uomo che deve morire domani, al di fuori della giurisdizione del suo paese, che nome ha? Non è forse omicidio legittimato da leggi illegittime ed, inoltre, applicate ovunque? Se il terrorismo praticato da uno stato, che è milioni di volte più mortifero di qualsiasi altro attentato terroristico, ed è anche, la causa madre di tutti i terrorismi, che nome gli diamo?
Come è possibile non considerar che non vi è nulla di diverso -nella sua essenza imperialista- in un presidente di quel paese?
Come non considerare che non c’è niente di diverso -nella sua essenza imperialista- tra i due partiti USA che si alternano al potere?
Come è possibile dimenticare che sono più i presidenti democratici che hanno iniziato guerre disastrose, per l’umanità, che i loro stessi oppositori repubblicani? Come è possibile confondere le essenze con le apparenze?
Ad incoraggiare e sostenere l’offensiva contro i governi latino-americani che gli si oppongono, come lo denominiamo? Non è fascismo, solo un grado in più -quando necessario- della violenza del capitale? L’atteggiamento di un’amministrazione USA è un solo grado, o quanti gradi si vogliano, inferiore al fascismo, assunto in quella dose, meno visibile, quando gli viene comodo in determinate circostanze e con i paesi selezionati. Un presidente USA non è fascista nè coloniale o neocoloniale, che sono anche gradazioni della stessa essenza, perché non utilizza, in un paese, i metodi fascisti, quando, sì, li usa in altri.
Obama ha confuso menti intelligenti, persone che sembrano ben intenzionate, forse più preoccupatei per i loro individuali talenti, e in questo sì è riuscito il suo intelligente procedere. Le loro tattiche si rivolgono principalmente ai giovani e agli intellettuali. Ma bisogna dire che, l’intelligenza che si inganna è un’intelligenza che era atta a lasciarsi ingannare, o non è intelligenza. Ora si lodano le tecnologie della manipolazione e addirittura si consiglia che vengano studiate e adottate nel paese. Ora viene chiesto ai nostri governanti di andare in tv, con le loro famiglie, per adottare gli stessi trucchi e procedimenti di manipolazione dell’immagine, affinchè diano un’ipocrita senzazione di familiarità e vicinanza agli “umili”, affinchè facciano le stesse funzioni circensi. Ma, penso che siano molti di più i cubani che hanno imparato dalla dignità di Fidel, che dalla falsità di Cutting (definizione muscolare ndt).
Il giorno in cui i dirigenti della Rivoluzione facciano uso di una sola di questi procedimenti che offuscano l’intelligenza di alcune persone, allora sì sarà l’inizio della fine della Rivoluzione e, certamente, del meglio dell’identità cubana. E se questo accadesse, ci sono cubani che non lo accetteranno e quindi, ci sarà sempre la Rivoluzione. Questo è stato il penultimo insegnamento di Fidel.
La enseñanza de Fidel
Por Carlos Luque Zayas Bazán
Como era de esperar se ha escrito y hablado mucho sobre la visita del presidente norteamericano al país. Muy valiosos intelectuales, periodistas y estudiosos de prestigio y talento han desmontado hasta la minucia el significado del evento.
También mucha gente común, dentro y fuera del país anfitrión, han coincidido con los análisis especializados que han separado la paja del grano. Se han señalado las diferencias entre lo que Cuba puede esperar y lo que el visitante se propuso. Pero también abundan opiniones que proceden de personas de las que se esperaría una mayor sagacidad en los temas en que son especialistas y una mayor agudeza política. Nos referimos a los que han evaluado la ocasión como la propicia para hacer mucho más énfasis en lo que Cuba debe mejorar, en sus deficiencias, precisamente en el momento álgido y un nuevo capítulo de una guerra cultural. Si existe el oportunismo político, también existe la evaluación de la oportunidad política. Esos han visto la oportunidad política propicia para subrayar errores internos, más que para contribuir a la unidad de los cubanos en torno a su gobierno.
El pueblo, el gobierno y el Partido cubanos de mucho tiempo atrás vienen transformando y mejorando las vías de participación democrática en la conducción del país. Lo que no se ha podido mejorar – a más de tener en cuenta que un proceso agredido es un proceso que cuenta con menos condiciones para minimizar los errores y vencer las dificultades – se ha debido en mayor medida a la accidentada historia de Cuba, una vez sea por el continuo asedio económico y las amenazas militares, otras por los derrumbes del campo económico a que pertenecía.
Sin embargo, en medio de la visita del presidente norteño, y aunque no era difícil ni para el más simple vecino adivinar cuál era el objetivo principal de la que fue una injerencia diplomáticamente tolerada, se han escuchado algunos muy enfáticos señalamientos de los problemas de casa, cuando lo que se le dice a cualquier niño que se pretende educar es que en el momento de la visita de un extraño tolerado, la familia no debe hacer relieve de sus diferencias internas. Es algo que se debe discutir después. Algo elemental, sobre todo cuando la visita es un encuentro entre contrarios, como muy bien se ha dicho.
Es algo sumamente preocupante que mucha gente común en Cuba y de otros lares, con sólo su inteligencia natural y sus estudios regulares, haya visto el verdadero rostro del imperialismo detrás de la rutilante sonrisa del grácil y juvenil Obama, y que, en cambio, personas con estudios y altas especialidades curriculares, se confundan tan a fondo y con sus escritos públicos intenten confundir a los demás. Parecería como que se quisiera destacar en medio de una ocasión que da visibilidad, como si el ego de la personal sapiencia y gesto de rebeldía y el lumbre de la inteligencia tuviera que brillar mucho más que los intereses de una nación, o fuera lo más importante.
Sólo quiero referirme a un tema entre varios.
Un comentarista cubano habla de los “alaridos” “que nos han avisado de los engaños de Obama”. Como efectivamente existieron esos engaños, las advertencias, considerada despectivamente gritería, no habrá estado de más, porque siempre será mucho más ético y necesario denunciar o advertir los engaños y mentiras de un enemigo disfrazado, que los susurros educados, encantados y sibilinos de la abyecta admiración de los que confunden y se dejan engañar por los rasgos personales supuestamente simpáticos e inteligentes de un presidente, que por definición, nunca dejará de representar los intereses imperiales de su élite, utilice los métodos que utilice, sea cual sea su personalidad o sobre todo cuando lo que dice de sí mismo lo desmiente su actuación local y mundial, antes e inmediatamente después.
¿Que no es Obama un imperialista ni un neocolonialista? Vaya, si no fuera algo tan grave se podría tomar hasta como un chiste, que ahora sí nos enteremos que una actuación política y diplomática de conveniencia, transforma por encanto la esencia del pensamiento imperialista, que es precisamente ser neocolonialista.
El poder inteligente no es más que un disfraz de ocasión: hasta la ocasión en que sea necesario desnudar el rostro, dejar caer la máscara, descubrir la mueca fascista debajo de la hermosa dentadura y bombardear pueblos enteros en cualquier lugar del mundo. ¿O cómo le llamamos a eso? Si no es un procedimiento en su esencia fascista y genocida señalar con el trazo digno de un mandarín en un listado el nombre del hombre que debe morir mañana fuera de la jurisdicción de su país, ¿qué nombre tiene?¿Acaso no es homicidio legitimado por leyes ilegítimas y, además, aplicadas por doquier? Si el terrorismo practicado por un estado, que es millones de veces más mortífero que cualquier otro atentado terrorista, y es además, la causa madre de todos los terrorismos, ¿qué nombre le damos?
¿Cómo es posible no considerar que no hay nada diferente– en su esencia imperialista- en un presidente de ese país?
¿Còmo no considerar que no hay nada diferente– en su esencia imperialista – entre los dos partidos norteamericanos que se alternan el poder?
¿Cómo es posible olvidar que son más los presidentes demócratas que han iniciado guerras desastrosas para la humanidad, que sus mismos aparentes opositores republicanos?¿Cómo es posible confundir las esencias con las apariencias?
A alentar y sostener la ofensiva contra los gobiernos latinoamericanos que se le oponen, ¿qué nombre darle? ¿No es el fascismo sólo un grado más – cuando es necesario – de la violencia del capital? La actitud de una administración norteamericana sólo es un grado, o cuantos grados se quiera, inferior al fascismo, asumido en esa dosis menos visible cuando le es necesario en determinada coyuntura y con países seleccionados. Un presidente norteamericano no es fascista ni colonial o neocolonial, que también son gradaciones de una misma esencia, porque no acuda en un país a los métodos fascistas, cuando sí lo hace en otros.
Obama ha confundido a mentes inteligentes, a personas que parecen bien intencionadas, quizás más preocupadas por sus individuales talentos, y en eso sí ha tenido éxito su inteligente proceder. Sus tácticas se dirigen principalmente a los jóvenes y a los intelectuales. Pero hay que decir, que la inteligencia que se engaña es una inteligencia que estaba apta para dejarse engañar, o no es inteligencia. Ahora se alaban las tecnologías de la manipulación y hasta se aconseja que se estudien y adopten en el país. Ahora se les pide a nuestros gobernantes que salgan en la TV con sus familias para adoptar los mismos maquillajes y procedimientos de manipulación de la imagen, para que den una hipócrita sensación de familiaridad y cercanía con los “humildes”, para que hagan las mismas funciones circenses. Pero creo que son muchos más los cubanos ue han aprendido de la dignidad de Fidel, que de la falsedad de Cutting.
El día que los dirigentes de la Revolución hagan uso de uno solo de esos procedimientos que obnubilan las entendederas de alguna gente, sí que ya será el principio del fin de la Revolución y por cierto, de lo mejor de la cubanía. Y si eso ocurriera hay cubanos que no lo aceptarán y por eso siempre habrá Revolución. Esa ha sido la penúltima enseñanza de Fidel.