Che Guevara e i suoi compagni della guerriglia in Bolivia

che boliviaL’avvicinarsi del 50° anniversario della morte del Comandante Ernesto Guevara e dei suoi compagni in Bolivia (1967-2017) è l’occasione per conoscere quello che fu l’ultimo periodo della vita del “Che”, qui ricostruito e indagato da una prospettiva completamente originale e nuova.


In Bolivia, nel novembre del 1964, accade l’ennesimo golpe militare: il presidente Víctor Paz Estenssoro, leader del Movimento Nazionalista Rivoluzionario, viene deposto e il potere passa nelle mani del generale René Barrientos Ortuño, responsabile di una delle dittature più sanguinose e convulse della Storia del Paese andino, caratterizzata da forti contraccolpi sociali – la militarizzazione del territorio per reprimere il dissenso operaio, contadino studentesco e dei minatori – e dall’acutizzarsi della già preesistente crisi economico- finanziaria – l’annullamento di qualunque istanza riformista a vantaggio degli investimenti stranieri.

Due anni dopo, comincia la missione internazionalista boliviana di Ernesto “Che” Guevara. Il comandante guida un nucleo di circa 50 combattenti – 29 boliviani, 17 cubani e 3 peruviani –, conosciuto come Esercito di Liberazione Nazionale Boliviano (ELNB), con l’obiettivo di creare un focolaio guerrigliero nel centro del continente, che avvii un processo di insurrezione e liberazione dell’intera America Latina.

Il focolaio, e il successivo sviluppo della guerriglia, costituiscono, per Guevara, un’extrema ratio nell’assenza di altre alternative: in un Paese dove ogni opposizione civile è ostacolata e dove il governo non deriva dall’esito di consultazioni popolari, il fuoco diventa l’unica via praticabile, l’ultima difesa contro le forze autoritarie e populiste: la violenza del regime legittima il ricorso alla violenza difensiva della guerriglia.

L’ELNB è ben equipaggiato e inizialmente consegue un certo numero di successi contro l’esercito nazionale, sul terreno difficile e montuoso della regione di Camiri. Con il passare dei mesi, tuttavia, si fanno sentire sia il mancato appoggio del Partito Comunista boliviano, contrario alla lotta armata, sia le conseguenti difficoltà di reclutamento e le numerose defezioni; l’ELNB ne è notevolmente indebolito fino a rimanere del tutto isolato.

campamento cheIl 9 ottobre 1967, il “Che” viene catturato e assassinato a sangue freddo nella scuola del piccolo villaggio La Higuera, per ordine dell’alto comando boliviano in accordo con Barrientos e con la CIA – all’imboscata parteciperanno anche alcuni agenti del controspionaggio statunitense.

Il fallimento dell’operazione, però, non frena la tensione internazionalista e terzomondista che seguiterà a essere percepita come un dovere etico verso l’umanità da milioni di persone in tutto il mondo.

Che Guevara e i suoi compagni. Uomini della guerriglia in Bolivia – pubblicato per la prima volta nell’edizione italiana e in fase di traduzione in lingua spagnola per il 2017 – racconta tutto questo, affrontando un dilemma di grande pregnanza. Ovvero, se sia «possibile essere così calati nel proprio ruolo storico, sentirsi così partecipi di un percorso collettivo di un intero continente, da annullare la propria individualità, il proprio ego, per aiutare altri popoli, anche sapendo che difficilmente si potranno vedere in prima persona i risultati di tali sforzi, per le immani difficoltà previste da una simile lotta».

In principio Enrica Matricoti prova «incredulità, una sincera difficoltà ad ammettere come plausibile l’enorme livello di sacrificio accettato e affrontato consapevolmente da quegli uomini». Nondimeno, più si addentra nella sua ricerca più fuga qualsiasi dubbio. «Era chiaro che Ernesto Che Guevara e i suoi compagni avevano superato limiti personali che noi occidentali siamo educati a ritenere congeniti e strutturali dell’essere umano, ineludibili […] ma il “Che”, così come i suoi compagni, non erano affatto super-uomini, non erano dotati di qualità straordinarie dal punto di vista fisico […].
Erano come noi. Scelsero di essere quello che furono e di fare quello che fecero. Il loro esempio proprio per questo parlava e parla a tutti noi. Non può e non deve essere solo una storia da studiare o da ammirare, il senso del loro contributo risiede invece nell’esempio vivo […] lasciato come eredità morale a qualunque essere umano abbia il coraggio e la volontà di coglierlo». Una risposta, quella cui giunge la curatrice dell’opera, che sembra ispirare armoniosamente il libro in tutte le sue parti.

”Che Guevara e i suoi compagni. Uomini della guerriglia in Bolivia”, è innanzitutto una raccolta di testimonianze dirette, sotto forma di intervista, dove il carattere storico viene sviluppato specialmente su un piano privato e intimo. Le testimonianze sono quelle dei familiari dei combattenti cubani caduti in Bolivia; quelle di due guerriglieri sopravvissuti – il generale Harry Villegas Tamayo (“Pombo”) e il colonnello Leonardo Tamayo Núñez (“Urbano”); infine quelle di Ulises Estrada – ex ambasciatore e agente cubano dell’Intelligence, che svolse incarichi di primo piano in svariate azioni di rilevanza mondiale, tra cui la missione del “Che” in Congo, negli anni ’60, ’70 e ’80 – e di Orlando Borrego – amico personale del “Che” e suo primo Viceministro nel ministero dell’Industria –, che vertono sul senso della rivoluzione e sull’essere rivoluzionari.

Le conversazioni si sono tenute a L’Avana, tra la fine del 2008 e l’inizio del 2009, durante le riprese del documentario “Ernesto Che Guevara – El hombre nuevo en el siglo XXI”, un progetto dell’italiano Walter Uliano Pistelli e dell’argentino Favio Giorgio, che vedeva Enrica Matricoti ricoprire il ruolo di fotografa di scena.

La forza degli interventi, la possibilità di pubblicare stralci delle lettere spedite dai guerriglieri ai congiunti e di accedere a documenti originali – quali il Diario di Bolivia del compagno “Pacho” e quello, inedito, di “Medico” sulla spedizione in Congo –, assieme alla presa in visione di tante istantanee di famiglia hanno costituito una spinta irrefrenabile per Enrica Matricoti a organizzare il ricco e preziosissimo materiale in un unico volume.

Corredo fondamentale a tutto ciò è l’ampia selezione di fotografie – 92 in totale, 67 in quadricromia e 25 in bianco e nero, la maggior parte delle quali scattate da Matricoti durante la realizzazione delle interviste e mai pubblicate prima d’ora – che dà vita a un dialogo aperto con il testo oltre la semplice descrizione narrativa. Parole e immagini diventano specchio e supporto le une delle altre.

Il canale emotivo, assicurato dalla struttura dialogica propria delle interviste, sommato all’utilissimo apparato d’approfondimento storico – le Schede storiche, i Dati biografici dei guerriglieri, l’Appendice, la Bibliografia e l’Indice dei documenti e delle fotografie –, rende la lettura agile e fruibile a un vasto pubblico a prescindere dal grado di conoscenza dell’argomento.

Mi permetto di dire, a rischio di sembrare ridicolo, che il vero rivoluzionario è guidato da grandi sentimenti d’amore.

È impossibile concepire un rivoluzionario autentico privo di tale qualità. […] Bisogna lottare ogni giorno perché questo amore per l’umanità vivente si trasformi in fatti concreti, in atti che servano da esempio, da mobilitazione. […] Ognuno di noi, indistintamente, offre puntuale la sua parte di sacrificio […] Il nostro sacrificio è cosciente; è un tributo da pagare per la libertà che stiamo costruendo.

Il libro in italiano è pubblicato dalla casa editrice Zambon e la Editora Abril lo presenterà in spagnolo.

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