“La guerra non convenzionale”, la più convenzionale delle guerre
Hugo Morales Karell http://www.cubadebate.cu
Nei documenti dottrinali USA si definisce la Guerra Non Convenzionale (GNC) come: “l’insieme delle attività volte a consentire lo sviluppo di un movimento di resistenza o di rivolta, per costringere, manomettere o rovesciare un governo, o prendere il potere mediante l’impiego di una forza di guerriglia, ausiliaria e clandestina, in un territorio nemico”.
Alcuni studi riportano che tale termine è stato introdotto pre la prima volta nel vocabolario ufficiale del Dipartimento della Difesa USA nel 1955; anche se un recente documento declassificato dedicato al tema, la pubblicazione delle Tecniche dell’Esercito (ATP 3-05.1), settembre 2013, dal titolo “La Guerra non Convenzionale”, afferma che “[…] il governo USA la utilizza come un’opzione politica di carattere strategica per sostenere gli agenti stranieri. Gli USA hanno svolto questo tipo di attività dalla II Guerra Mondiale […] “.
Esempi dell’utilizzo di questa modalità se ne potrebbero citare diversi, ma è più eloquente utilizzare i menzionati dagli USA in tale documento, tra i quali si evidenziano: Albania e Lettonia (1951-1955); Tibet (1955-1970); Indonesia (1957-1958); Cuba e l’invasione della Baia dei Porci (aprile 1961); Laos (1959-1962); Vietnam del Nord (1961-1964); Nicaragua e Honduras (1980-1988); Pakistan e Afghanistan (1980-1991) e l’Iraq (2002-2003).
Negli ultimi dieci anni, la GNC è emersa come la modalità più probabile di essere applicata dagli USA e dai suoi alleati per rovesciare “regimi contrari ai loro interessi”. Di conseguenza, hanno applicato varie ricette, ma senza allontanarsi essenzialmente dall’uso di pretesti per generare manifestazioni anti-governative per i motivi più svariati, dal malcontento popolare per la situazione socio-economica in cui vive, sino alla presunta azione di un opposizione interna. In queste azioni, si coniugano due elementi chiave, la partecipazione dei giovani e l’utilizzo dei vantaggi che offrono le Tecnologie dell’Informatica e delle Comunicazioni.
Inoltre, cercano di spingere ad una “risposta sproporzionata” delle autorità del paese contro i manifestanti che serva come scusa per sviluppare un’intensa campagna mediatica, esercitare pressione politica de ottenere la condanna negli organismi internazionali dei “paesi avversi”. In sostanza questi postulati, salvando le caratteristiche socio-economico, politiche, militari e religiose di ogni nazione, hanno portato agli eventi associati alla cosiddetta “Primavera Araba” ed ai conflitti in Siria ed in Ucraina, che si sono convertiti in un lungo “inverno” senza soluzione in vista.
Attualmente, le azioni di GNC si apprezzano in modo cambiante e veloce nei paesi dell’America Latina e nei Caraibi, più chiaramente nella situazione che vivono Venezuela, Brasile e Bolivia, in cui si evidenzia il marcato obiettivo di arrestare l’avanzamento della sinistra progressista nella regione.
Un comportamento di tale natura cerca di ignorare che il II Vertice della CELAC, nel gennaio 2014, ha proclamato la regione come zona di pace, basata sul rispetto dei principi e norme del Diritto Internazionale; l’impegno permanente per la soluzione pacifica delle controversie al fine di bandire, per sempre, l’uso e la minaccia dell’uso della forza nel nostro emisfero e l’impegno al rigoroso rispetto dell’obbligo di non intervenire, direttamente o indirettamente, negli affari interni di un altro Stato e osservare i principi di sovranità nazionale, la parità dei diritti e l’autodeterminazione dei popoli.
Pretender di analizzare il complesso tessuto politico, economico e sociale che oggi vive la regione, e l’impatto delle tecniche di GNC che stanno dietro di esso, richiede più che un articolo, ma la semplice valutazione delle cause che le originarono ci permettono affermare che dietro di loro ci sono i pretesi obiettivi di “alterare, o rovesciare un nemico che occupa il potere o il governo. Gli obiettivi della GNC vanno dal sostegno ad un gruppo della resistenza opposto all’autorità di governo al potere, fino all’instaurazione di un altro governo”, come afferma la già citata ATP 3-05.1.
Ecco perché il Venezuela è diventato il bersaglio degli attacchi imperiali dall’inizio stesso della Rivoluzione guidata dal Comandante Hugo Chavez, e sono sempre stati all’attesa di qualsiasi situazione interna, per cercare di amplificarla e generare destabilizzazione, ciò che è stato utilizzato “convenientemente” dal Presidente Obama per qualificare quella nazione sorella come una “minaccia inusuale e straordinaria alla sicurezza nazionale e alla politica estera degli USA.”
In questo contesto, alla fine dello scorso anno, come risultato di una lunga lotta contro il sabotaggio economico che ha portato al malcontento popolare e confusione tra le basi chavisti, l’opposizione s’impose nelle elezioni parlamentari e da allora cercano di rovesciare “per vie costituzionali” il governo legittimo del presidente Nicolas Maduro, sollecitando la violenza come è avvenuto nel 2014, che ha strappò la vita a 43 persone. Tali azioni vengono eseguite, senza violare alcun passo di ciò che descrive l’ATP 3-05.1, nella sua sezione “La manipolazione sovversiva delle folle, proteste e manifestazioni”.
Oggi, come in nessuna altra fase negli ultimi 17 anni, la patria di Bolivar e Chavez, è sottoposta ad un’intensa campagna mediatica, in cui che non è un caso che, quasi ogni giorno, si pubblichino articoli di opinione, editoriali e “notizie” nella stampa impressa e digitale in cui l’obiettivo principale è quella di trasferire all’opinione pubblica internazionale, la presunta situazione di crisi che sta passando il processo bolivariano. Un esempio di ciò è il recente articolo sul giornale USA “The Wall Street Journal”, in cui si segnalò: “Il Venezuela sta cadendo in una crisi che si approfondisce e potrebbe finire nella violenza, compresa la possibilità di un colpo di stato contro l’assediato governo di sinistra, hanno dichiarato alti funzionari dell’intelligence USA […] I funzionari, che hanno una vasta esperienza nella regione, hanno detto che loro e altri membri della comunità di intelligence credono, sempre più, che il presidente Nicolas Maduro potrebbe essere espulso dalla sua carica, mediante un ‘golpe di palazzo” condotto da stretti collaboratori o da una rivolta militare”.
In questa intensa ondata contro il Venezuela non si può fare a meno di citare le dichiarazioni di Josh Earnest, portavoce della Casa Bianca, che in una conferenza stampa lo scorso 16 maggio ha dichiarato: “Siamo molto preoccupati per il benessere dei venezuelani. Le ultime informazioni su questo paese sono scoraggianti. […] E’ tempo di includere tutte le pari e che i leader ascoltino le varie voci venezuelane per lavorare insieme de in modo pacifico”.
Nel caso del Brasile la presidentessa Dilma Rosseuff, è stata sottoposta, nel suo secondo mandato, ad una lunga sequenza di accuse per presunti legami del suo governo e del Partito dei Lavoratori (PT) a fatti di corruzione associati con la società Petrobras, che non poterono provare; tuttavia, all’unisono diversi sondaggisti hanno cominciato a rivelare che il suo livello di accettazione popolare era sceso al 10%, contesto in cui si segnalarono che una situazione simile era accaduta solo nel 1992, prima della sottomissione dell’ex presidente Fernando Collor de Mello ad un giudizio politico per corruzione.
Tutta questa rete, trattando solo nei suoi aspetti essenziali, innescò l’attuale colpo di stato parlamentare corrente a cui viene sottoposta Dilma, sotto lo sfondo di una edulcolrata struttura della democrazia degli “stati di diritto”, l’impeachment, questa volta con l’accusa di “nascondere un deficit di bilancio nella sua rielezione nel 2014”.
Tornarono anche ad utilizzare la trita risorsa della lotta contro la corruzione per coinvolge Luiz Inácio Lula da Silva, leader storico del Partito dei lavoratori, sostenut da un’iraconda campagna di “TV Globo”, con l’unico scopo di screditarlo: chiaro c’era una giustificazione! Nel 2018 ci saranno le elezioni nel gigante sudamericano ed il cavallo di battaglia del PT potrebbe correre di nuovo.
Per quanto riguarda la Bolivia, dopo il referendum costituzionale in cui è stata discussa la possibilità di rielezione indefinita del presidente, si è iniziata a prendere forma una nuova “guerra sporca” contro il presidente Evo Morales, in cui si intendeva assicurare che era legato ad un presunto “traffico d’influenze a beneficio della sua ex fidanzata, Gabriela Zapata Montaño”.
Anche -dimenticando i più elementari sentimenti personal- hanno ricorso all’esistenza di un possibile figlio della coppia che si diceva fosse morto e si potrebbe dimostrare che non era vero, così come l’insolita assunzione che avrebbe speso 1400 pesos boliviani -circa 200 $ – per un taglio di capelli. Tutto cercava di confondere l’elettorato in un momento cruciale, così in questo modo, condizionare la sua decisione e garantire, che nel 2019, non possa essere nuovamente rieletto.
Solo questi tre esempi permettono dimostrare che agli effetti di quella che viene, eufemisticamente, chiamata GNC “tutto vale”. Queste sono le realtà di oggi, non ci sono fisicamente le cannoniere o droni, non si lanciano bombe né intervengono le nazioni per garantire la “sicurezza dei suoi cittadini” o interessi imperialisti, ma le aggressioni continuano e tutti i paesi “ostili” ai suoi interessi e quelli dei suoi alleati sono attaccati in forma “non convenzionale”.
Varrebbe la pena chiedersi: siamo in una nuova era in cui la GNC diventerà il principale strumento per perpetuare il dominio imperiale? Al momento, possiamo solo rispondere che tutto sembra indicare che la GNC, continuerà ad essere la più convenzionale delle guerre.
* Dottore in Legge, esperto di Diritto Penale e ricercatore di questioni relative alla Sicurezza Nazionale.
“La guerra no convencional”, la más convencional de las guerras
Hugo Morales Karell
En los documentos doctrinales de Estados Unidos se define la Guerra No Convencional (GNC) como: “el conjunto de actividades dirigidas a posibilitar el desarrollo de un movimiento de resistencia o la insurgencia, para coaccionar, alterar o derrocar a un gobierno, o a tomar el poder mediante el empleo de una fuerza de guerrilla, auxiliar y clandestina, en un territorio enemigo” .
Algunos estudios refieren que el citado término se introdujo por primera vez en el vocabulario oficial del Departamento de Defensa norteamericano en 1955; aunque un reciente documento desclasificado dedicado al tema, la publicación de Técnicas del Ejército (ATP 3-05.1), de septiembre de 2013, titulado: “La Guerra no Convencional”, señala que: “[…] el gobierno de EE.UU. la utiliza como una opción política de carácter estratégico al apoyar a los agentes extranjeros. EE.UU. ha llevado a cabo este tipo de actividades desde la Segunda Guerra Mundial […]”.
Ejemplos del empleo de esta modalidad se pudieran citar varios, pero es más elocuente utilizar los mencionados por Estados Unidos en el referido documento, entre ellos destacan: Albania y Letonia (1951–1955); el Tíbet (1955–1970); Indonesia (1957–1958); Cuba y la invasión a Playa Girón (Abril de 1961); Laos (1959–1962); Vietnam del Norte (1961–1964); Nicaragua y Honduras (1980-1988); Paquistán y Afganistán (1980-1991) e Iraq (2002-2003).
En la última década, la GNC ha emergido como la modalidad más factible a aplicar por Estados Unidos y sus aliados para derrocar “regímenes contrarios a sus intereses”. En función de ello, han aplicado varias recetas, pero sin apartarse en lo fundamental de la utilización de pretextos para generar manifestaciones antigubernamentales por las más disímiles razones, desde descontentos populares por la situación socio-económica en que viven, hasta la supuesta actuación de una oposición interna. En estas acciones, se conjugan dos elementos fundamentales, la participación de los jóvenes y el uso de las bondades que brindan las Tecnologías de las Informática y las Comunicaciones.
Además, tratan de pulsar una “respuesta desmedida” de las autoridades del país a los manifestantes, que sirva de excusa para desarrollar una intensa campaña mediática, ejercer presión política y lograr la condena en organismos internacionales de los “países adversos”. En lo fundamental estos postulados, salvando las particularidades socioeconómicas, políticas, militares y religiosas de cada nación, condujeron los eventos asociados a la denominada “Primavera Árabe” y los conflictos en Siria y Ucrania, que se han convertido en un prolongado “invierno” sin solución a la vista.
En la actualidad, las acciones de GNC se aprecian de manera cambiante y veloz en los países de América Latina y el Caribe, con mayor claridad en la situación que viven Venezuela, Brasil y Bolivia, en los que se evidencia el marcado objetivo de frenar el avance de la izquierda progresista en la región.
Un comportamiento de tal naturaleza, busca desconocer que la II Cumbre de la CELAC, en enero de 2014, proclamó la región como zona de paz, basada en el respeto a los principios y normas del Derecho Internacional; el compromiso permanente con la solución pacífica de controversias a fin de desterrar para siempre el uso y la amenaza del empleo de la fuerza en nuestro hemisferio, así como el compromiso con el estricto cumplimiento de la obligación de no intervenir, directa o indirectamente, en los asuntos internos de cualquier otro Estado y observar los principios de soberanía nacional, la igualdad de derechos y la libre determinación de los pueblos.
Pretender analizar el complejo entramado político, económico y social que vive hoy la región, y el impacto de las técnicas de GNC que están detrás de ello, requiere más que un artículo, pero la mera evaluación de las causas que la originaron nos permiten aseverar que detrás de ellas están los pretendidos objetivos de “alterar, o derrocar a un enemigo que ocupa el poder o gobierno. Los objetivos de la GNC van desde el apoyo a un grupo de la resistencia opuesto a la autoridad gubernamental en el poder, hasta la instauración de otro gobierno”, como lo asevera la reiterada ATP 3-05.1.
Es por ello que Venezuela se convirtió en blanco de los ataques imperiales desde el mismo inicio de la Revolución encabezada por el comandante Hugo Chávez Frías, y siempre han estado al acecho de cualquier situación interna, para tratar de magnificarla y generar desestabilización, lo que ha sido utilizado “convenientemente” por el presidente Obama para calificar a esa hermana nación como una “amenaza inusual y extraordinaria a la seguridad nacional y la política exterior de Estados Unidos.”
En este contexto, a finales del pasado año, como resultado de una larga lucha contra el sabotaje económico que generó descontento popular y confusión entre las bases chavistas, la oposición se impuso en las elecciones parlamentarias y desde entonces tratan de derrocar “por vías constitucionales” al gobierno legítimo del presidente Nicolás Maduro, instando a la violencia como sucedió en 2014, que cobró la vida a 43 personas. Tales acciones se ejecutan, sin vulnerar ningún paso de los que describe la ATP 3-05.1, en su acápite “La manipulación subversiva de las multitudes, protestas y manifestaciones”.
Hoy como ninguna otra etapa en los últimos 17 años, la patria de Bolívar y Chávez, es sometida a una intensa campaña mediática, en la que no es casual que, casi a diario, se publiquen artículos de opinión, editoriales y “noticias” en medios de prensa impresos y digitales donde el enfoque principal es trasladar a la opinión pública internacional la presunta situación de crisis por la que transita el proceso bolivariano. Ejemplo de ello es el recientemente artículo del diario estadounidense “The Wall Street Journal” donde se señaló: “Venezuela está descendiendo en una crisis que se profundiza y que puede terminar en violencia, incluyendo la posibilidad de un golpe de estado contra el atribulado gobierno izquierdista, dijeron altos funcionarios de inteligencia estadounidense […] Los funcionarios, que tienen amplia experiencia en la región, aseguraron que ellos y otros en la comunidad de inteligencia creen cada vez más que el presidente Nicolás Maduro podría ser expulsado de su cargo, ya sea mediante un “golpe palaciego” liderado por asociados cercanos o mediante un levantamiento militar”.
En esta intensa oleada contra Venezuela no se puede dejar de citar las declaraciones de Josh Earnest, portavoz de la Casa Blanca, quien en rueda de prensa el pasado 16 de mayo dijo: “Estamos bastante preocupados por el bienestar de los venezolanos. Las últimas informaciones sobre este país son desalentadoras. […] Es hora de incluir a todas las partes y de que los líderes escuchen las diversas voces venezolanas para trabajar conjuntamente y de manera pacífica”.
En el caso de Brasil la presidenta Dilma Rosseuff, fue sometida en su segundo mandato a una larga secuencia de acusaciones por supuestas vinculaciones de su gobierno y el Partido de los Trabajadores (PT) a hechos de corrupción, asociados a la empresa Petrobras, que no pudieron probar; no obstante, al unísono varias encuestadoras comenzaron a divulgar que su nivel de aceptación popular había descendido al 10%, contexto en el que señalaron que una situación similar, solo había sucedido en 1992, previo al sometimiento del expresidente Fernando Collor de Mello a juicio político por corrupción.
Todo este entramado, solo tratado en sus aspectos esenciales, desencadenó en el actual Golpe de Estado parlamentario a que es sometida Dilma, bajo el trasfondo de una edulcorada estructura de la democracia de los “Estados de Derecho”, el juicio político, en esta oportunidad bajo el cargo de “esconder un déficit presupuestario en su reelección en 2014”.
También volvieron a utilizar el manido recurso de la lucha contra la corrupción para involucrar a Luiz Inacio Lula da Silva, líder histórico del Partido de los Trabajadores, secundada por una iracunda campaña de “TV Globo”, con el único objetivo de desacreditarlo ¡Claro había una justificación! En 2018 habrá elecciones en el gigante sudamericano y el caballo de batalla del PT pudiera postularse nuevamente.
Respecto a Bolivia, previo al referendo constitucional en el que se debatió la posibilidad de reelección indefinida del Presidente, se comenzó a gestar una nueva “guerra sucia” contra el mandatario Evo Morales en la que se pretendió asegurar que estaba vinculado a un hipotético “tráfico de influencias en beneficio de su ex novia, Gabriela Zapata Montaño”.
Incluso -olvidando los más elementales sentimientos personales- recurrieron a la existencia de un posible hijo de esa pareja que se decía fallecido y se podría demostrar que no era cierto, así como el insólito supuesto de que habría gastado 1 400 pesos bolivianos -unos 200 dólares- por un corte de cabello. Todo procuraba confundir al electorado en un momento crucial, para de esa forma, condicionar su decisión y garantizar que en 2019 no pueda ser nuevamente reelecto.
Tan solo estos tres ejemplos permiten demostrar que a los efectos de lo que eufemísticamente se denomina Guerra No Convencional “todo vale”. Esas son las realidades de hoy, no están físicamente las cañoneras ni los drones, no se lanzan bombas ni se intervienen militarmente las naciones para garantizar la “seguridad de sus ciudadanos” o los intereses imperialistas, pero las agresiones continúan y todos los países “hostiles” a sus intereses y los de sus aliados son atacados de forma “no convencional”.
Cabría la pena preguntarse ¿estamos en una nueva era, donde la Guerra No Convencional se convertirá en el principal instrumento para perpetuar el dominio imperial? Por el momento, solo podemos responder que todo parece indicar que la Guerra No Convencional, seguirá siendo la más convencional de las guerras.
*Doctor en Ciencias Jurídicas, especialista en Derecho Penal e investigador de temas vinculados con Seguridad Nacional.