M. Ferretti laRegione Ticino – http://www.cuba-si.ch
A colloquio con l’ambasciatrice cubana Mirtha Hormilla Castro. La responsabile della missione diplomatica della Repubblica di Cuba in Svizzera ripercorre la storia dei rapporti tra il nostro Paese e l’isola caraibica; traccia il bilancio dei cinquant’anni di buoni uffici bernesi tra Washington e L’Havana e ci racconta come continuerà la Rivoluzione.
Berna – È un tiepido pomeriggio di inizio estate. Il sole che riflette sugli arredi caraibici nel salotto della villa che ospita la sede della rappresentanza diplomatica nella Capitale, e la calorosa accoglienza del personale dell’ambasciata, ricordano le atmosfere dell’Avana. Mirtha Hormilla Castro, occhi scuri e sorriso solare, è approdata in Svizzera sei mesi fa, dopo essere stata a capo della missione diplomatica cubana presso l’Unione europea.
Lei rappresenta un Paese che è stato isolato per sessant’anni, in un Paese (la Svizzera) che si isola dall’Europa. Si può essere isolati e felici? Esistono isole felici?
Cuba ha relazioni diplomatiche con 194 Paesi in tutto il mondo; ogni anni arrivano a Cuba tre milioni di turisti da ogni parte del globo; in questo momento 50mila professionisti cubani lavorano come medici, infermieri, professori, allenatori sportivi ecc. in 68 Paesi; per non parlare degli undicimila giovani stranieri che studiano sulla nostra isola… L’idea che Cuba sia stata isolata per sessant’anni non è corretta. È vero che il mio Paese, in questi anni, ha dovuto affrontare l’ostile e aggressiva politica statunitense, che ha cercato di isolarlo dal resto del mondo dal punto di vista economico, diplomatico e politico. Con il blocco economico, finanziario e commerciale gli Stati Uniti hanno cercato di obbligare noi cubani a rinunciare al nostro sistema politico, portando il nostro popolo ad affrontare carenze di ogni tipo. Tuttavia lo stesso presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha riconosciuto, come molti altri, che la politica statunitense contro Cuba ha fallito e ha contribuito all’isolamento degli stessi Usa dall’America latina e dai Caraibi. Nell’ottobre dello scorso anno, 191 Paesi hanno votato all’Onu contro il blocco statunitense a Cuba. Gli Stati che si sono espressi negativamente sono stati solo due: Stati Uniti e Israele. Potremmo chiederci: chi è davvero isolato? Le posso dire con certezza che Cuba non è stata isolata, ma è sempre stata in permanente contatto con il mondo, coltivando una politica di solidarietà molto forte, basata sul rispetto e l’uguaglianza tra gli Stati. Nei 60 anni di Rivoluzione la solidarietà del mondo con Cuba è stata molta. Anche da parte della Svizzera c’è sempre stato un grande appoggio al popolo cubano. A Cuba non siamo ricchi materialmente, ma siamo enormemente ricchi spiritualmente. Ricchi di valori, di cultura e di amore per la famiglia e la Patria. Siamo felici perché lottiamo, resistiamo e riusciamo a costruire un Paese che non è certo perfetto, ma dove si vive con dignità, con orgoglio e con grandi garanzie sulla vita, la salute, l’educazione, il benessere spirituale e umano e dove i bambini e gli anziani vengono sempre per primi.
Ernest Hemingway, che tanto ha amato Cuba, diceva: «Bisogna rassegnarsi all’idea che ai più importanti bivi della vita, non c’è segnaletica». Il suo Paese è arrivato a un bivio importante. Riuscirà a svoltare senza perdere la sua unicità e la sua anima rivoluzionaria?
Non ho alcun dubbio sul fatto che i cubani riusciranno a custodire gelosamente le conquiste della Rivoluzione. Abbiamo un sistema socialista che si sta rinnovando, che si trasforma e che mira a migliorarsi. Nessun’opera umana è perfetta, è evidente che dovremo lavorare duramente per rendere più efficiente l’economia, più dinamiche le forze produttive per diventare più competitivi sul piano internazionale. L’attuale processo di miglioramento del modello economico e sociale a Cuba non nasce in una provetta di laboratorio. Nonostante i passi positivi fatti dall’amministrazione americana, il blocco contro Cuba rimane attivo in diversi settori, in particolare nell’ambito extraterritoriale con gli ostacoli a imprese di Paesi terzi (tra i quali la Svizzera). Cuba inoltre ha un’economia aperta e sta subendo gli effetti della crisi economica globale: la variazione dei prezzi delle materie prime, il calo della domanda risultante dalla crisi economica dei Paesi importatori. Anche come esseri umani abbiamo bisogno di tempo per assimilare i cambiamenti, in modo che oltre ai quadri giuridici e normativi cambino anche i processi mentali, culturali e di appropriazione dei diversi modi di lavorare. Posso dirle che a Cuba lavoriamo senza fretta, ma senza pause. Non esistono ricette su come costruire il socialismo su un’isola che si trova a sole novanta miglia da una superpotenza mondiale, la quale non ha accettato il nostro sistema politico ed economico.
Come si immagina Cuba tra dieci anni?
Sono convinta che tra dieci anni Cuba sarà un Paese migliore per i cubani: con un’economia forte e dinamica, con gente qualificata e innovatrice, con un grande spirito rivoluzionario. Un paese orgoglioso della sua storia e dei suoi leader storici, fedele ai valori di giustizia sociale e combattivo contro le ingiustizie del mondo, che non credo nei prossimi dieci anni saranno risolte: conflitti, povertà, crisi migratorie, guerre imperialiste… Cuba è stato il primo Paese al mondo a raggiungere tutti gli obiettivi di sviluppo del millennio. È un Paese senza analfabeti, dove l’istruzione è obbligatoria e dove gli studi universitari sono gratuiti. Il nostro è stato il primo Paese al mondo a evitare il trasferimento della malattia dell’Hiv da madre a figlio… E sono sicura che in futuro si sentirà parlare della nostra isola per i suoi contributi scientifici all’umanità.
Cuba pur restando comunista inizia ad aprirsi all’economia di mercato; in un momento storico dove il comunismo è quasi scomparso e l’economia di mercato è in forte crisi. A chi guarda come modello?
Lamentevolmente l’economia politica del capitalismo si è appropriata di tanti concetti che non sono unici del capitalismo. Efficienza, competitività, coesistenza di diverse forme di proprietà… Sebbene il modello economico cubano oggi stia subendo grandi cambiamenti, l’isola non ha affatto rinunciato alla pianificazione socialista, a un’economia nella quale la proprietà statale è la principale forma di proprietà. Lavoriamo duramente per attuare gli orientamenti di politica economica e sociale adottati dal sesto Congresso del Partito Comunista di Cuba nel 2011 e in questo senso studiamo l’esperienza di altri Paesi: Cina, Germania, Argentina, Brasile, Spagna, Messico, Sudafrica, Vietnam e, tra gli altri, anche la Svizzera. Non si può copiare da altri Paesi, ma valutarne le esperienze e gli errori. Occorre poi essere creativi e allo stesso tempo rigorosi per sviluppare un socialismo prospero, sostenibile, efficiente e umano, che abbia l’uomo e non il mercato al centro delle sue preoccupazioni.
Qual è lo stato delle attuali relazioni bilaterali tra Svizzera e Cuba?
I nostri Paesi hanno iniziato le relazioni diplomatiche nel luglio del 1902, quando la Repubblica cubana era stata da poco costituita. Da quel momento le relazioni sono state ininterrottamente buone, costruttive e di grande rispetto reciproco. Cuba deve ringraziare la Svizzera per aver rappresentato i suoi interessi negli Stati Uniti per 24 anni. Dal 2006 poi si svolge un annuale incontro di dialogo politico con risultati molto positivi tra le parti. Con il consigliere federale Didier Burkhalter, nel corso della sua visita ufficiale dello scorso anno a Cuba, abbiamo per l’appunto constatato l’ottimo stato delle relazioni bilaterali. Nella presente legislatura il parlamento svizzero ha nominato a presiedere il gruppo parlamentare Svizzera-Cuba il consigliere nazionale Hans-Peter Portmann. Portmann sta continuando il lavoro del ticinese Franco Cavalli, un grande amico di Cuba, che ha ricevuto la Medaglia dell’Amicizia assegnata dal Consiglio di Stato della Repubblica per il suo costante sostegno al nostro popolo e in particolare al suo sistema sanitario. In sintesi posso dirle che attualmente assisto in prima persona a relazioni bilaterali molto positive in ambito di cooperazione, sviluppo economico e commercio. Nell’ambito commerciale, negli ultimi anni, gli scambi tra i due Paesi stanno avendo un grande sviluppo. Basti pensare che nel 2015 sono cresciuti del 41,3 per cento rispetto all’anno precedente.
Dal 1961 la Svizzera ha rappresentato gli interessi degli Stati Uniti a Cuba e dal 1991 ha tutelato pure gli interessi cubani negli Usa. Ora che le relazioni diplomatiche tra L’Avana e Washington sono riprese, è possibile tirare un bilancio complessivo dell’intermediazione elvetica durata più di 50 anni?
Il governo cubano lo scorso anno ha ringraziato profondamente la Svizzera per il suo importante contributo negli anni in cui ha gestito i nostri interessi con gli Stati Uniti. La Confederazione, anche con il suo apporto alle relazioni HavanaWashington, si è guadagnata a giusto titolo un’ottima reputazione internazionale come mediatrice tra Paesi che sono soggetti a relazioni complesse. Ancora una volta mi sento di ringraziare la Svizzera per il suo contributo importante e discreto che ha dato al mio Paese e auguro alla Confederazione che abbia altrettanto successo con i mandati simili per i quali è stata incaricata dalla comunità internazionale.
Qualche mese fa, al settimo congresso del partito, Fidel Castro ha detto che ‘le idee dei comunisti cubani rimarranno come prova che su questo pianeta, se lavori molto e con dignità, puoi produrre i beni materiali e culturali di cui gli esseri umani hanno bisogno’. Come continuerà la Rivoluzione? Sarà meno ideale e più pragmatica?
La Rivoluzione cubana è stata e rimane una miscela inscindibile di idealismo, di realismo politico e pragmatismo. I grandi sogni hanno permesso a un Paese povero di risorse naturali e con una base economica non sviluppata di raggiungere gli alti indici di sviluppo sociale e umano che si possono riscontrare oggi a Cuba.
Quale significato attribuisce lei, oggi, alla parola ‘Rivoluzione’?
Mi permetta di riprendere una frase che il leader della Rivoluzione cubana ha pronunciato nel discorso che lei ha appena citato. Fidel Castro ha detto che, per un cubano, rivoluzione significa «perfezionare quello che deve essere perfezionato, con la massima lealtà e unendo le forze».