Fidel: secondo quattro personalità

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Si dice che Carlos Fonseca Amador, fondatore della Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale (FSLN) del Nicaragua, una volta affermò: “I veri amici si misurano quando criticano di fronte ed elogiano alle nostre spalle”.


Questa frase definisce molte delle personalità che hanno avuto relazioni di amicizia con Fidel Castro. In questo tributo a colui che sta per compiere 90 anni, si parla di alcuni amici, molte volte criticati per le loro relazioni con il leader storico della Rivoluzione cubana.

Estela Bravo, famosa documentarista ispano-americana (‘Fidel, la storia non raccontata’), ha intervistato alcuni di questa categoria, come il premio Nobel per la Letteratura già scomparso, Gabriel García Márquez; l’ex-diplomático nordamericano a La Habana, Wayne Smith; l’ex-procuratore generale degli Stati Uniti Ramsey Clark; l’assessore del Presidente Kennedy, lo storiografo Arthur Schlesinger Jr.; la scrittrice nordamericana Alice Walker, lo scrittore e poeta cubano Miguel Barnet, l’artista Harry Belafonte, e un gruppo di amici e familiari, tra le altre testimonianze.

Altri esempi sono Ignacio Ramonet, autore di ‘Cento ore con Fidel’ e il suo riferimento al leader cubano in un’intervista di Rosa Miriam Elizalde, editorialista del sito Cubadebate, come pure lo scomparso Eduardo Galeano, premiato autore e analista deceduto nel 2015.

ESTELA BRAVO
Le interviste realizzate dalla documentarista Estela Bravo per il suo film ‘Fidel, la storia non raccontata’, proiettato nel 2014 a Cuba in occasione dell’88° compleanno del leader storico, comprendono quelle fatte a García Márquez e a Eduardo Galeano.
Una versione precedente, diffusa dalla televisione britannica nel gennaio 1999 con il sostegno di un’azienda di produzione di Los Angeles, è stata modificata nel 2001. In quell’anno, la Bravo e suo marito (l’argentino Ernesto Mario Bravo, sceneggiatore e anche produttore) hanno deciso di fare un’altra versione in 35 mm, hanno cambiato alcune parti e aggiornato il documentario.
Questa nuova versione è stata presentata al Festival Internazionale del Cinema di Toronto e ha ottenuto il primo premio al Festival Urbanworld di New York.
“I mezzi di comunicazione presentano uno stereotipo di Fidel Castro che non è quello che risulta a mio marito e a me. Credevamo che fosse necessario rispecchiare i 40 anni della Rivoluzione e il ruolo giocato da Fidel, ha sottolineato la Bravo a Página 12, quotidiano dell’Argentina.
Alla domanda se Fidel fosse più compreso e meno demonizzato di 20 anni fa, Estela ha risposto: “Le demonizzazioni dei mezzi di comunicazione variano secondo i tempi e le circostanze. Tuttavia, se le votazioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite potessero essere un termometro, si osserverà il rifiuto quasi unanime del mondo al blocco degli Stati Uniti e il sostegno crescente a Cuba”.
Sul primo discorso di Fidel a La Habana al trionfo della Rivoluzione e sull’immagine della colomba che si posa sulla sua spalla, Estela ha detto che quell’immagine fa parte del patrimonio dei rivoluzionari dell’isola. Tra i cattolici, la colomba significava un messaggio di pace relativo alla Santissima Trinità, mentre per quelli di religione afrocubana, ha rappresentato un messaggio del santo Obatalá, che sceglieva quell’uomo.
Wayne Smith, a quel tempo diplomatico nordamericano a La Habana, ha raccontato a Estela che mentre guardava la scena alla TV, ha sentito un rumore in cucina e che dirigendosi là vide la sua cuoca nera inginocchiata che elevava le sue braccia al cielo.
Secondo il quotidiano Página 12 dell’Argentina, ‘Fidel, la storia non raccontata’, è un documentario indispensabile, che recupera immagini degli archivi statali cubani e le confronta e le completa con materiale esclusivo della stessa regista.
La Bravo ha evidenziato tra le caratteristiche per lei fino ad allora sconosciute di Fidel “la sua capacità di conversare su aspetti diversi e a volte insignificanti della vita; mantenere l’amicizia con persone di poli ideologici differenti e di avere la curiosità di un bambino che chiede di tutto”.

GARCÍA MÁRQUEZ
Una cosa di cui Ramonet si lamenta della perdita fisica di Gabriel García Márquez è che non abbia scritto le memorie delle sue conversazioni e delle sue esperienze con Fidel, anche se alcune sono raccolte nelle risposte di Gabo alle domande di Estela Bravo, nel documentario di questa sul leader storico della Rivoluzione cubana.
Gabo dice su Fidel che “ha un linguaggio per ogni occasione e un modo diverso di persuasione secondo i diversi interlocutori. Sa porsi al livello di ciascuno e dispone di un’informazione vasta e variata che gli permette di muoversi con facilità in qualunque situazione”.
Sul suo aspetto fisico, l’autore di ‘Cento anni di Solitudine’ ha negato che Fidel fosse così alto e corpulento, solo che quando entra in un posto, “occupa tutto lo spazio”.
Interrogato sulla sua amicizia con Fidel, lo scrittore ha detto: (Fidel) incomincia sempre con voce quasi impercettibile, con una rotta incerta, ma approfitta di qualunque sprazzo per continuare a guadagnare terreno, palmo a palmo, fino a quando dà una specie di artigliata e s’impadronisce dell’uditorio”.
“È l’ispirazione, lo stato di grazia irresistibile e abbagliante, negato solo da coloro che non hanno avuto la gloria di viverlo”, ha descritto Gabo, captando come nessun altro questo magnetismo di Fidel, che trasmette quell’energia ai suoi interlocutori.
Queste parole dicono molto della profondità psicologica dello scrittore, che aveva previsto che il leader cubano sarà ricordato per molti, molti anni.

IGNACIO RAMONET
Il direttore di Le Monde Diplomatique ha fatto riferimento alla sua amicizia con il leader storico della Rivoluzione cubana, Fidel Castro.
Rosa Miriam Elizalde ha chiesto a Ramonet, in un’intervista pubblicata l’8 ottobre 2006 sul quotidiano cubano Juventud Rebelde, la sua opinione sul libro ‘Cento ore con Fidel’.
L’intellettuale ha evidenziato che “qualunque persona che legga questo libro senza un’opinione decisa, a favore o contro la Rivoluzione, trova nelle risposte di Fidel un’argomentazione. Non si escludono molti aspetti dell’esperienza cubana che si possono considerare problematici, ai quali egli dà sempre una risposta, a mio giudizio, onesta e documentata”.
“Accusano Cuba di chissà quale abuso, ma in realtà l’abuso l’ho patito io, perché sono stato vittima di censura, in particolare in Spagna, semplicemente per fare il mio lavoro di giornalista. Questo è il libro di un giornalista. È necessario questo libro? Sì, è necessario. Di Fidel Castro e di Cuba si parla molto, per tutto il tempo, ma non è stata mai data loro la parola”, ha affermato Ramonet.
A un’affermazione di Fidel sul fatto che Ramonet lo conosceva meglio di lui stesso, il giornalista rispose che il suo intervistato aveva detto questo perché “è molto generoso”.
Lui è così, come si descrive nel libro. Non è un essere doppio: non è un momento in un modo e altre volte in un altro (…) lui è così, senza comportamenti nascosti, o differenti o contrari. Ovviamente che c’è moltissima gente che lo conosce più di me, perché l’ha frequentato per anni durante la sua vita”, ha aggiunto.
“Mi piacerebbe che di questo libro rimanesse, ha segnalato l’autore, la possibilità che ha il lettore di avvicinarsi, in modo molto intimo e molto personale, a qualcuno come Fidel Castro. Qualcuno che essendo una persona molto pubblica, è anche molto riservata. Un uomo timido, al quale non piace parlare di sé. (…) Quando si riferisce a fatti apparentemente altrui, uno sente che in definitiva sta parlando di se stesso, della sua visione dei processi essenziali in cui è stato coinvolto.
Di Fidel ha indicato Ramonet: “È una persona che non è per niente arrogante, che a volte cerca di ridurre il suo proprio ruolo, senza che questo lo diminuisca molto – tutto il contrario. È una persona che riconosce di avere avuto qualche dubbio. Onestamente, credo che la personalità e la vera umanità di Fidel Castro siano in questo libro”.

EDUARDO GALEANO
“Non ho mai confuso Cuba con il paradiso”, ha detto Eduardo Galeano, autore di ‘Le vene aperte dell’America Latina’ e di tanti altri saggi indispensabili su questa regione, e ha aggiunto: “Perché ora dovrei confonderla con l’inferno?”.
Galeano, scomparso nell’aprile 2015, ha segnalato che “io sono uno in più tra coloro che credono che si possa amarla senza mentire né tacere”, nel suo libro “Espejos”, secondo la rassegna pubblicata dal sito web “Taringa” dell’Uruguay il 17 gennaio 2012.
Su Fidel Castro, Galeano ha detto:
“… i suoi nemici non dicono che non era per mettersi in posa per la Storia che ha messo il petto di fronte alle pallottole durante l’invasione, che ha affrontato gli uragani come gli altri, di uragano in uragano, che è sopravvissuto a 637 attentati, che la sua contagiosa energia è stata decisiva per trasformare una colonia in Patria, e che non è stato per un sortilegio di Mandinga né per un miracolo di Dio che questa nuova Patria ha potuto sopravvivere a 10 presidenti degli Stati Uniti, che si erano già messi il tovagliolo per mangiarla a pranzo con coltello e forchetta”.
“E non dicono che questa Rivoluzione, cresciuta nella punizione, è quello che ha potuto essere e non quello che avrebbe voluto essere. Né per la maggior parte dicono che il muro tra il desiderio e la realtà è diventato sempre più alto e più largo grazie al blocco imperiale, che ha soffocato lo sviluppo di una democrazia alla cubana, che ha obbligato alla militarizzazione della società e che ha concesso alla burocrazia, che per ogni soluzione ha un problema, gli alibi di cui ha bisogno per giustificarsi e per perpetuarsi”.
“E non dicono che nonostante tutte le pene, nonostante le aggressioni dall’esterno e le arbitrarietà dall’interno, questa isola rassegnata ma ostinatamente allegra ha generato la società latinoamericana meno ingiusta”.
“E i suoi nemici non dicono che questa impresa è stata opera del sacrificio del suo popolo, ma è stata anche opera della testarda volontà e dell’antiquato senso dell’onore di questo cavaliere che si è sempre battuto per i perdenti, come quel suo famoso collega dei campi della Castiglia”. E l’intellettuale uruguayano si domanda, “Smette di essere ammirevole l’ostinato coraggio di questa minuscola isola, condannata alla solitudine, in un mondo dove il servilismo è alta virtù o prova di talento?”.
Infine ha affermato che Fidel Castro è un simbolo di dignità nazionale. “Per noi latinoamericani, che stiamo già stiamo compiendo cinque secoli di umiliazione, è un simbolo profondo”, ha affermato il saggista il cui lascito è un appuntamento obbligato per chiunque studi o faccia politica in questo continente.

Autore Elsy Fors, giornalista di Prensa Latina

Traduzione: Redazione di El Moncada
http://www.cubasi.cu

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