Democrazia, mezzi di comunicazione e realtà

Dario Machado Rodriguez http://www.cubadebate.cu

cuba y social mediaL’imperiosa necessità di difendere la sovranità e l’indipendenza della nazione come condizione sine qua non per costruire, ampliare e approfondire la nostra democrazia, dalle nostre radici e secondo i nostri principi e tradizioni, richiese dalla società cubana in rivoluzione la posposizione di desideri, obiettivi, propositi e progetti individuali e di gruppo, in modo da garantire la possibilità di costruire una vita propria, in tutti i sensi, economico, sociale, politico, culturale, un modo di vita proprio, un modello di democrazia reale e sostenibile cubana, non digitata dall’esterno, ma pensata e realizzata da e con il popolo lavoratore.

Dopo una lunga lotta, di oltre mezzo secolo, con lo stato imperialista USA e con la lunga luce della direzione della rivoluzione socialista Cuba ottenne una vittoria storica, quando il governo USA riconobbe, nel dicembre 2014, che non poteva piegarla con aggressioni e la guerra economica e decisero cambiare tattica. Con ciò si aprì una nuova fase, molto più difficile e complicata che si sostiene oggi e sosterrà in futuro nel campo dell’economia nazionale, ma soprattutto nel terreno delle idee e dei simboli, del senso della vita, della cultura.

Sostenere tale vittoria e andare avanti sarebbe impossibile con un paese frammentato da interessi economici e politici corporativi e utilitaristici, facilmente assorbibili dal capitale e dal potere politico USA, piagato dal clientelismo e dai politicanti, gestito da partiti politici senza radicamento popolare e con una stampa manipolata da interessi egoistici. Credere il contrario è quanto meno un’ignoranza supina.

Se oggi possiamo discutere sul nostro presente ed il nostro futuro è grazie alla nostra giusta e giustificata cultura della resistenza, alla coesione nazionale ancorata nel corso socialista della costruzione sociale. Ma sostenere tale vittoria ed andare avanti neppure sarà possibile senza una rinnovata mentalità, senza un’attività rivoluzionaria di trasformazione, senza metodi e stili nuovi nel lavoro ideologico e politico e nella comunicazione sociale.

L’eredità culturale della nostra storia rivoluzionaria non può essere interpretata pienamente, oggi, se non che in chiave socialista, tanto meno può essere re-interpretata per adagiare la sardina alla brace del liberalismo e scordando che la contraddizione tra gli interessi del potente stato imperialista USA e gli interessi della nazione cubana sono ancora vigenti, e che d’ora in poi adotterà nuove e molteplici forme di rivelazione alle quali è nostro dovere patriottico prestare la maggiore attenzione.

Disconoscere che le maniere esistenti, oggi, di disinformare, confondere ed influire tendenziosamente in qualsiasi società come mezzi tanto pubblici come segreti si sono sviluppate e sofisticate a livelli impensabili all’epoca della repubblica neo coloniale e che queste funzionalità sono utilizzate nelle più diverse forme a fini di dominio è qualcosa che solo possono fare gli ignoranti o i malintenzionati.

Adattarsi alle nuove realtà non significa rinunciare alla nostra storia, al nostro patrimonio, ai nostri principi che sono le armi ideologiche e politiche con cui la rivoluzione ha difeso la sicurezza, l’indipendenza e la sovranità nazionale dei cubani, ma comprendere che il mondo è cambiato e sta cambiando vertiginosamente e che sopravviveranno e avranno successo le idee ed i propositi che siano in grado di rinnovarsi senza perdere la loro essenza.

La responsabilità del giornalismo

La società aspetta che i suoi mezzi di comunicazione adempiano la responsabilità di essere al servizio delle sue esigenze di informazione, organizzative, educative e culturali.

Qualsiasi persona o gruppo che abbia la possibilità di comunicare qualcosa attraverso i mass media concentra, in quel momento, un potere d’influenza moltiplicato, con cui può comunicare ciò che considera notizia, ciò che decide informare, ciò che vuole che altri ascoltino, leggano e pensino, infine, le valutazioni che decide condividere con il pubblico, a cui, effettivamente, hanno diritto le persone ed i media, sempre nel rispetto della legge.

C’è una differenza tra la libertà di espressione, di pensare e parlare senza ipocrisia, e l’azione e l’intenzione di moltiplicare i propri giudizi attraverso i mass media, di richiedere l’attenzione ed il tempo degli altri, ciò che converte in un fatto macro-sociale un’iniziativa personale o di gruppo. E’ qui dove spetta alla legge giocare il suo ruolo regolatore per assicurare l’equità dentro le regole socialmente concordate e legalmente stabiliti. Da qui anche i requisiti professionali ed etici nell’esercizio del giornalismo.

Si tratta anche di considerare l’attività di comunicazione dei nostri media come uno strumento insostituibile di promozione e difesa della nostra cultura, del nostro modo di vita, della nostra indipendenza e sovranità nazionale, un’arma per contro-arrestare la molteplice influenza dei simboli e modelli del capitalismo neo-liberale che oggi cerca d’interpretare, a suo modo, le trasformazioni economiche in corso nella società cubana e mimetizzarsi per identificarle con le chiavi del suo sistema, della sua logica fondata nell’assoluto predominio della proprietà privata.

È la proprietà privata quella che ha generato nella storia umana l’ansia del profitto, dell’interesse individuale e corporativo, l’egoismo, il consumismo ed una sfrenata concorrenza che ha danneggiato ed ammalato la natura e le relazioni sociali, in particolare l’esercizio della politica e dell’attività comunicativa ed ha convertito la democrazia, in molti paesi, in uno scherzo di cattivo gusto ed a livello internazionale in oggetto della più perversa manipolazione ideologica.

A Cuba, la responsabilità di rispondere, in modo efficiente, all’agenda pubblica è condivisa da giornalisti, comunicatori, registi, direttori dei media e anche dallo Stato e dal Partito; quest’ultimo, per la sua qualità di forza dirigente superiore della società cubana, qualità che gli è stata concessa dal mandato storico, politico e giuridico, carica sulle sue spalle la maggiore responsabilità.

I mezzi di comunicazione che sono di proprietà sociale sono un investimento della società cubana, dei nostri cittadini, non sono proprietà di nessuno in particolare, non sono proprietà esclusiva dello Stato, del Partito o della loro dirigenza, ma di tutta la società.

Non essendo di proprietà di nessuno in particolare, nessuno ha un diritto individuale di decidere cosa si convertirà, massicciamente, in materia di attenzione sociale. Il criterio principale deve essere quello che detta l’agenda pubblica. Da qui la responsabilità dei media di conciliare con quest’ultima il suo ordine del giorno e l’agenda politica. Da qui anche l’importanza della responsabilità condivisa, dello sguardo collettivo e, soprattutto, dell’esistenza di norme concordate, legalmente approvate e costituzionalmente sostenute, che assicurino, al di là dei giudizi individuali di persone siano o meno militanti rivoluzionari, disimpegnino o meno responsabilità amministrative o politiche, il diritto dei cittadini ad essere adeguatamente informati su tutte le questioni di interesse sociale, che assicurino che non si abbiano argomenti tabù, che non si nasconda informazione per evitare responsabilità, che non si disinformi, che non si confonda, che si abbia veridicità in ciò che si pubblica, che vi sia trasparenza, sempre dentro le norme di legge e l’etica professionale.

I nostri mezzi di comunicazione sociale hanno bisogno di queste normative giuridiche per, anche nel mezzo alle costanti minacce e colpi bassi dello Stato imperialista USA e delle transnazionali, in particolare quelle dei mezzi di comunicazione, così come di altri poteri nord-centrici economici, politici o militari, conquistare tutta la democrazia possibile.

In questa direzione alla società cubana le manca molto da fare.

E’ dovere dello Stato socialista cubano rafforzare, in modo crescente, la società, ciò che anche comprende i mezzi di comunicazione, l’attività comunicativa.

Tale rafforzamento non può consistere in nessun caso, si tratti dei media sociali, di una azienda, un ospedale o un’organizzazione sociale, ecc, nella generazioni di enti che si riassumano in sé stessi, che non abbiano responsabilità verso la società, ciò che terminerebbe in una sorta di privatizzazione nel quadro della proprietà sociale e con un’attuazione che contribuirebbe a emarginare la legge.

Nello stesso modo in cui la società si prende cura della sua economia, con il fondamento della predominanza della proprietà sociale e della legalità che la protegge, mentre coesistono forme cooperative e private che operano nel rispetto della legge, altrettanto corrisponde fare con la comunicazione sociale.

La sfida

La società cubana mantiene l’opportunità di sviluppare un modello di comunicazione ampio, flessibile, partecipativo e socialmente responsabile, in cui vi sia spazio per le forme non statali di gestione dei mezzi di comunicazione, insieme ai media gestiti dallo stato, ma entrambi all’interno della legge; tutti -sia i media tradizionali o digitali- se hanno la loro sede nel territorio nazionale, devono assoggettarsi alle leggi cubane.

Il crescente sviluppo e l’espansione delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione ha moltiplicato gli spazi informativi sono emersi blog, periodici on-line, siti web, spazi in cui individui e gruppi di individui trattano i più diversi argomenti. Quando ciò si genera, a Cuba, è dovere e obbligo rispettare la legge. Spetta allo Stato l’obbligo di assicurare che tutti l’ osservino.

Tale ruolo dello Stato in alcun modo lo rende “assolutista”. Adempiere a tale mandato è semplicemente agire nel rispetto della legge ed evitare che in nome della libertà di espressione e di giudizio s’inadempia il concordato socialmente e legalmente stabilito.

La carenza di specifiche disposizioni di legge che disciplinino i media, in sintonia con i nuovi tempi, aggiornate alle nuove realtà, socialmente concordate e debitamente approvate dalle strutture autorizzate dalle nostre istituzioni dà luogo all’opportunismo ed alla speculazione, ma neppure contribuiscono ad eliminare gli ostacoli che pongono ad una comunicazione in sintonia con le esigenze sociali e le nuove realtà, coloro che non sono in grado di cambiare la loro mentalità.

Queste norme sono, oggi più che mai, necessarie.

Esse sono quelle che regoleranno non solo l’agire dei mezzi di comunicazione sociali tradizionali o digitali, ma anche lo stesso agire degli organismi dello Stato e l’agire del Partito, evitando la segretezza, la corruzione informativa, la sottovalutazione del pubblico e dei comunicatori, l’abuso di potere, il vizio di censurare tutto ciò che sia di difficile comprensione o esprime un reale conflitto della società, come se con il suo occultamento esso fosse risolto o semplicemente non esistesse.

Come avviene per ogni altra questione sociale, è ovvio che le norme non sono sufficienti, bisogna volontà e buon senso. Al partito corrisponde un ruolo attivo, efficiente, nel promuovere questo imprescindibile cambiamento nella società cubana per il quale sono preparati giornalisti cubani ed il popolo cubano. E sono preparati proprio a seguito dell’attività educativa, formativa e di orientamento della rivoluzione socialista.

La lentezza nell’affrontare la nuova realtà approfondisce solo la contraddizione tra le esigenze informative e comunicative dell’attuale società cubana, e l’assenza di risposta politica a tali esigenze.

Popolo, mezzi di comunicazione, giornalisti, comunicatori, Stato rivoluzionario e partito, tutti uniti in un dialogo franco, critico e autocritico sul tema della comunicazione sociale, alla ricerca di una comprensione che risponda, in modo efficace, alla nostra realtà e che non apra crepe per dove penetri l’opportunismo o l’intenzione dolosa di dividere, di frammentare, di ferire la coesione sociopolitica della società cubana, imprescindibile proprio per correggere le nostre carenze.

Considerare lo Stato ed il Governo rivoluzionario enti dai quali bisogna differenziarsi per definizione, è un atteggiamento che lontano dall’unire, divide. La relazione della società civile con lo Stato, se si considera qualcosa che deve essere “alternativo” implica che, a volte, il problema è “dello Stato” altre volte “della Società Civile”, mai di entrambi. L’anteriore non implica, in modo alcuno, né può implicare che bisogna vedere le cose allo stesso modo, agire allo stesso modo, pensare allo stesso modo, la differenza ed il dissenso sono naturali in ogni società umana, sinché significa, semplicemente, non disunirsi a priori.

Il Partito Comunista di Cuba ha generalizzato un dibattito nazionale che lo include non solo come soggetto, ma anche come oggetto, come tema da discutere. Questa discussione affinché sia costruttiva deve partire da presupposti veritieri. In questo appello all’analisi della nostra realtà non è stata sollevata altra condizione, che non sia la maggiore libertà di opinione e di parola, l’elementare decoro ed onestà. Al non porre alcuna condizione neppure chiede incondizionalità. Discutere sull’incondizionalità sarebbe un falso problema, una deviazione dei contenuti veramente sostanziali che la società cubana deve affrontare e risolvere a beneficio di tutti.

Il compito di conquistare tutta la democrazia possibile richiede da tutti un cambio di mentalità. Non tutti i cittadini, militanti o no, dirigenti politici o no, quadri amministrativi o lavoratori in generale, hanno sviluppato le qualità di tolleranza, riconoscimento dell’opinione diversa o contrario, riconoscimento dei diritti. E’ ancora necessaria ancora molta critica ed autocritica nella nostra società. Le idee continuano a svolgere il loro ruolo insieme agli eventi, la battaglia per un’economia migliore per un paese migliore marcia di pari passo con la battaglia ideologica.

In questo dibattito si sta ponendo alla prova, di nuovo, il riconoscimento del partito nella società cubana e la sua capacità di autocritica. La società cubana aspetta, non solo il riconoscimento di errori e carenze, ma insieme ad esso e subito dopo risposte rivoluzionarie, efficienti per superarle.

La situazione attuale, nella quale lottiamo, ancora una volta, per la nostra sovranità ed indipendenza nazionale, in cui è in esecuzione una guerra di simboli e lo spettro della retrocessione sociale e politica bussa alle nostre porte per mano dello stesso imperialismo di cui ci liberò la rivoluzione del gennaio 1959, è necessaria ed urgente un’azione rivoluzionaria che metta la nostra comunicazione sociale, insieme con il popolo lavoratore, la nostra intellighenzia, in particolare il giornalismo rivoluzionario, patriottico, anti-imperialista, anti-egemonico, socialista, all’avanguardia della battaglia di idee. Non c’è spazio né tempo per permetterci la lentezza né per porre in dubbio l’imperativo di un cambio di fondo, con ordine ed intelligenza, nel campo della comunicazione sociale.

Democracia, medios de comunicación y realidades

Por: Darío Machado Rodríguez

La necesidad imperiosa de defender la soberanía y la independencia de la nación como condición sine qua non para construir, ampliar y profundizar nuestra democracia, desde nuestras raíces y según nuestros principios y tradiciones, requirió de la sociedad cubana en revolución la posposición de deseos, objetivos, propósitos y planes individuales y grupales, en aras de garantizar la posibilidad de construir una vida propia en todos los sentidos, en lo económico, lo social, lo político, lo cultural, un modo de vida propio, un modelo de democracia real y sostenible cubana, no digitada desde afuera, sino pensada y realizada desde y con el pueblo trabajador.

Luego de una larga puja de más de medio siglo con el Estado imperialista estadounidense y con la luz larga de la dirección de la revolución socialista Cuba obtuvo una victoria histórica, cuando el gobierno de los Estados Unidos reconoció en diciembre de 2014 que no pudo arrodillarla con las agresiones y la guerra económica y decidieron cambiar de táctica. Con ello se abrió una nueva etapa, mucho más difícil y complicada que se libra hoy y librará en lo adelante en el terreno de la economía nacional, pero sobre todo en el terreno de las ideas y los símbolos, del sentido de la vida, de la cultura.

Sostener esa victoria y seguir adelante sería imposible con un país fragmentado por intereses económicos y políticos corporativos y utilitarios, fácilmente absorbible por el capital y por el poder político estadounidense, plagado por el clientelismo y la politiquería, manejada por partidos políticos sin raigambre popular y con una prensa manipulada por intereses egoístas. Creer lo contrario es cuando menos una ignorancia supina.

Si hoy podemos discutir sobre nuestro presente y nuestro futuro es gracias a nuestra justa y justificada cultura de la resistencia, a la cohesión nacional anclada en el rumbo socialista de la construcción social. Pero sostener esa victoria y seguir adelante tampoco será posible sin una renovada mentalidad, sin una actividad revolucionaria transformadora, sin métodos y estilo nuevos en la labor ideológica y política y en la comunicación social.

La herencia cultural de nuestra historia revolucionaria no puede ser interpretada cabalmente hoy de otro modo que en clave socialista, mucho menos puede ser re-interpretada para arrimar la sardina a la brasa del liberalismo y desconociendo que la contradicción entre los intereses del poderoso Estado imperialista estadounidense y los intereses de la nación cubana, sigue vigente, y que en lo adelante adoptará nuevas y multiplicadas formas de revelación a las cuales es nuestro deber patriótico prestar la mayor atención.

Desconocer que las maneras existentes hoy de desinformar, confundir e influir tendenciosamente en cualquier sociedad con medios tanto públicos como secretos se han desarrollado y sofisticado a niveles impensables en la época de la república neocolonial y que esas capacidades son empleadas de las más diversas formas con fines de dominación es algo que solo pueden hacer los ignorantes o los malintencionados.

Adaptarse a las nuevas realidades no significa renunciar a nuestra historia, a nuestro legado, a los principios que son las armas ideológicas y políticas con las que la revolución ha defendido la seguridad, la independencia y la soberanía nacional de los cubanos, sino comprender que el mundo ha cambiado y está cambiando vertiginosamente y que sobrevivirán y tendrán éxito las ideas y los propósitos que sean capaces de renovarse sin perder su esencia.

La responsabilidad del periodismo

La sociedad espera que sus medios de comunicación cumplan con la responsabilidad de estar al servicio de sus necesidades de información, organizativas, educativas y culturales.

Cualquier persona o grupo que tenga la posibilidad de comunicar algo a través de los medios masivos de comunicación concentra en ese momento un poder de influencia multiplicado, con el que puede comunicar lo que considera noticioso, lo que decide informar, lo que quiere que otros oigan, lean y piensen, en fin las valoraciones que decide compartir con el público, a todo lo cual efectivamente tienen derecho las personas y los medios, siempre dentro de la ley.

Hay una diferencia entre la libertad de expresión, de pensar y hablar sin hipocresía, y la acción e intención de multiplicar los criterios propios a través de los medios masivos, de reclamar la atención y el tiempo de los demás, lo que convierte en un hecho macro-social una iniciativa personal o grupal. Es ahí donde corresponde a la ley jugar su papel regulador para asegurar la equidad dentro de las reglas socialmente consensuadas y legalmente establecidas. De ahí también los requerimientos profesionales y éticos en el ejercicio del periodismo.

Se trata también de considerar la actividad comunicacional de nuestros medios como un instrumento insustituible de promoción y defensa de nuestra cultura, nuestro modo de vida, nuestra independencia y soberanía nacional, un arma para contrarrestar la influencia múltiple de los símbolos y patrones del capitalismo neoliberal que busca hoy interpretar a su modo las transformaciones económicas en curso en la sociedad cubana y mimetizarse para identificarlas con las claves de su sistema, de su lógica fundada en el predominio absoluto de la propiedad privada.

Es la propiedad privada la que ha generado en la historia humana el afán de lucro, el interés individual y corporativo, el egoísmo, el consumismo y una desenfrenada competencia que ha dañado y enfermado la naturaleza y las relaciones sociales, en particular el ejercicio de la política y de la actividad comunicativa, y ha convertido a la democracia en muchos países en un chiste de mal gusto, y a escala internacional en objeto de la más perversa manipulación ideológica.

En Cuba, la responsabilidad de responder eficientemente a la agenda pública es compartida por periodistas, comunicadores, realizadores, directivos de los medios y también por el Estado y por el Partido, este último, por su calidad de fuerza dirigente superior de la sociedad cubana, calidad que le ha sido otorgada por mandato histórico, político y jurídico, carga sobre sus hombros la mayor responsabilidad.

Los medios de comunicación que son propiedad social constituyen una inversión de la sociedad cubana, de nuestros ciudadanos, no son propiedad de nadie en particular, no son propiedad exclusiva del Estado, del Partido o de sus directivos, sino de toda la sociedad.

Al no ser propiedad de nadie en particular, nadie tiene derecho individual a decidir lo que se convertirá masivamente en materia de atención social. El criterio principal tiene que serlo el que dicta la agenda pública. De ahí la responsabilidad de los medios de conciliar con esta última su agenda y la agenda política. De ahí también la importancia de la responsabilidad compartida, de la mirada colectiva y especialmente de la existencia de normas consensuadas, legalmente aprobadas y constitucionalmente respaldadas, que aseguren, más allá de los criterios individuales de personas sean o no militantes revolucionarios, desempeñen o no responsabilidades administrativas o políticas, el derecho de la ciudadanía a estar debidamente informada sobre cualquier asunto de interés social, que aseguren que no haya temas tabú, que no se oculte información para evadir responsabilidades, que no se desinforme, que no se confunda, que haya veracidad en lo que se publica, que exista transparencia, siempre dentro de las normas legales y de la ética profesional.

Nuestros medios de comunicación social necesitan esas normativas jurídicas para, aun en medio de las constantes amenazas y golpes bajos del Estado imperialista estadounidense y de las trasnacionales, en particular las de los medios de comunicación, así como de otros poderes nortecéntricos económicos, políticos o militares, conquistar toda la democracia posible.

En esa dirección a la sociedad cubana le falta mucho por hacer.

Es deber del Estado socialista cubano empoderar de modo ascendente a la sociedad, lo que incluye también los medios de comunicación, la actividad comunicativa.

Ese empoderamiento no puede consistir en ningún caso, trátese de los medios de comunicación social, de una empresa, un hospital o una organización social, etc., en la generación de entes que se resuman en sí mismos, que no tengan responsabilidad para con la sociedad, lo que terminaría en una suerte de privatización dentro del esquema de la propiedad social y con una actuación que contribuiría a marginarse de la ley.

Del mismo modo que la sociedad cuida su economía con el fundamento del predominio de la propiedad social y la legalidad que la ampara, mientras coexisten formas cooperativas y privadas que operan dentro de la ley, otro tanto corresponde hacer con la comunicación social.

El desafío

La sociedad cubana mantiene la oportunidad de desarrollar un modelo de comunicación social amplio, flexible, participativo y socialmente responsable en el que quepan formas no estatales de gestión de los medios de comunicación, junto a los medios gestionados estatalmente, pero unos y otros dentro de la ley, todos -sean medios tradicionales o digitales-, si tienen su sede en el territorio nacional, tienen que sujetarse a las leyes cubanas.

El creciente desarrollo y la ampliación de las nuevas tecnologías de la información y la comunicación ha multiplicado los espacios informativos, han surgido blogs, periódicos digitales, páginas Web, espacios en los que individuos y grupos de individuos tratan los más diversos temas. Cuando eso se genere en Cuba, es deber y obligación respetar la ley. Corresponde al Estado la obligación de asegurar que todos la observen.

Ese papel del Estado en modo alguno lo convierte en “absolutista”. Cumplir con ese mandato es simplemente actuar dentro de la ley y evitar que a nombre de la libertad de expresión y de criterio se incumpla lo consensuado socialmente y establecido legalmente.

La carencia de normativas legales específicas que regulen la comunicación social, a tono con los nuevos tiempos, actualizadas frente a las nuevas realidades, socialmente consensuadas y debidamente aprobadas por las estructuras autorizadas de nuestra institucionalidad da lugar al oportunismo y la especulación, pero tampoco contribuyen a eliminar las trabas que ponen a una comunicación a tono con las necesidades sociales y las nuevas realidades, aquellos que no están en capacidad de cambiar su mentalidad.

Esas normas son hoy más que nunca necesarias.

Ellas son las que regularán no solo la actuación de los medios de comunicación social tradicionales o digitales, sino también la propia actuación de los organismos del Estado y la actuación del Partido, evitando el secretismo, la corrupción informativa, la subestimación del público y de los comunicadores, el abuso de poder, el vicio de censurar todo lo que sea de difícil comprensión o exprese un conflicto real de la sociedad, como si con su ocultación ello quedara resuelto o simplemente no existiese.

Como sucede con cualquier otro tema social, es obvio que las normas no bastan, hace falta voluntad y buen criterio. Al partido corresponde un papel activo, eficiente, en impulsar ese cambio imprescindible en la sociedad cubana para el cual están preparados los periodistas cubanos y el pueblo cubano. Y están preparados precisamente como resultado de la actividad educativa, formativa y orientadora de la revolución socialista.

La lentitud en enfrontar la nueva realidad solamente profundiza la contradicción entre las necesidades informativas y comunicacionales de la sociedad cubana actual, y la falta de respuesta política a esas necesidades.

Pueblo, medios de comunicación, periodistas, comunicadores, Estado revolucionario y partido, todos unidos en un diálogo franco, crítico y autocrítico sobre el tema de la comunicación social, procurando un entendimiento que responda eficazmente a nuestra realidad y que no abra fisuras por donde penetre el oportunismo ni la intención aviesa de dividir, de fragmentar, de lesionar la cohesión sociopolítica de la sociedad cubana, imprescindible precisamente para corregir nuestras carencias.

Considerar al Estado y al Gobierno revolucionario entes de los cual hay que diferenciarse por definición, es una actitud que lejos de cohesionar, divide. La relación de la sociedad civil con el Estado, si se considera algo que debe ser “alternativo”, implica que unas veces el asunto es “del Estado”, otras “de la Sociedad Civil”, nunca de ambos. Lo anterior en modo alguno implica, ni puede implicar, que hay que ver las cosas del mismo modo, actuar del mismo modo, pensar del mismo modo, la diferencia y la disidencia son naturales en cualquier sociedad humana, sino que significa simplemente no desunirse a priori.

El Partido Comunista de Cuba ha generalizado un debate nacional que lo incluye no solo como sujeto, sino también como objeto, como tema a discutir. Esa discusión para que sea constructiva debe partir de presupuestos veraces. En este llamado al análisis de nuestra realidad no se ha planteado otra condición como no se la de la mayor libertad de opinión y de palabra, el elemental decoro y la honestidad. Al no poner ninguna condición tampoco pide incondicionalidad. Discutir sobre incondicionalidad sería un falso problema, un desvío de los contenidos verdaderamente sustantivos que la sociedad cubana debe enfrontar y resolver en beneficio de todos.

La tarea de conquistar toda la democracia posible exige de todos un cambio de mentalidad. No todos los ciudadanos, militantes o no, dirigentes políticos o no, cuadros administrativos o trabajadores en general, han desarrollado las cualidades de tolerancia, reconocimiento de la opinión diferente o contraria, reconocimiento de los derechos. Se necesita aún mucha crítica y autocrítica en nuestra sociedad. Las ideas continúan jugando su papel junto con los acontecimientos, la batalla por una economía mejor para un país mejor marcha a la par de la batalla ideológica.

En este debate se está poniendo a prueba nuevamente el reconocimiento del partido en la sociedad cubana y su capacidad autocrítica. La sociedad cubana espera, no solo el reconocimiento de errores y deficiencias, sino junto con ello y a renglón seguido respuestas revolucionarias, eficientes para superarlos.

El momento actual, en el que nos debatimos una vez más por nuestra soberanía e independencia nacional, en el que está en marcha una guerra de símbolos y el fantasma del retroceso social y político toca a nuestras puertas de la mano del mismo imperialismo del cual nos liberó la revolución de enero de 1959, es necesaria y urgente una acción revolucionaria que ponga nuestra comunicación social, junto con el pueblo trabajador, nuestra intelectualidad, en particular el periodismo revolucionario, patriótico, antiimperialista, contrahegemónico, socialista, en la vanguardia de la batalla de ideas. No hay espacio ni tiempo para permitirnos la lentitud ni para poner en duda el imperativo de un cambio de fondo, con orden e inteligencia, en el terreno de la comunicación social.

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