A 40 anni dal crimine delle Barbados

Alejandra García

cia-cubaManuel Espinosa aveva timore. “Sento che non mi resta molto tempo da vivere”, aveva detto alla famiglia pochi giorni prima del crimine di Barbados.

In altre due occasioni, in quel 1976, Espinosa aveva pilotato un aereo con il pericolo d’esplosione.  La prima volta mentre trasportava dal Messico a L’Avana  Hortensia Bussi, vedova del presidente cileno Salvador Allende. Una valigia nell’aereo  conteneva una bomba che non esplose.

Poco tempo dopo dovette aspettare la partenza dall’aeroporto di Kingston, in Giamaica, di un aereo della Cubana che doveva comandare nel ritorno all’Isola. L’attesa tecnica impedì la morte di  Espinosa e del resto dei passeggeri, perché la bomba esplose nel trasporto  che trasferiva i bagagli.

La terza volta non ebbe la stessa fortuna.  Non era nella lista del volo CU-455 da Barbados a L’Avana quel 6 ottobre, ma all’ultimo momento dovette sostituire un membro del’equipaggio.

L’aereo decollò con due bombe attivate che esplosero pochi minuti dopo la partenza a soli 600 metri dalla costa di Bridgetown.

Manuel Espinosa è morto a 47 anni con il resto dell’equipaggio e tutti i passeggeri, 73 persone, tra le quali 57 cubani.

È  stato uno dei 3478 assassinati  senza contare le migliaia di feriti, tutti vittime del terrorismo che ha colpito Cuba con la complicità delle successive amministrazioni nordamericane dal 1959 ad oggi.

“Io avevo dieci anni”, dice Haymel Espinosa Gómez, mentre sfoglia un grande libro di fotografie e ritagli di giornali creato da lei negli ultimi 40 anni. Ogni titolo si riferisce al crimine in cui suo padre, Manuel Espinosa, perse  la vita.

“Quel 6 ottobre sapevamo che papà ci avrebbe aspettato all’uscita di scuola. Io e la mamma stavamo là perché stavamo dipingendo l’aula con altre mamme e compagni di classe”. Quando alle quattro non lo vedemmo arrivare, pensammo che era successo qualcosa.

Alle cinque parcheggiò un veicolo carico di uomini e donne con le uniformi della Cubana d’Aviazione e  capimmo che era successo il peggio.

La notizia dell’attentato corse come polvere e la casa della famiglia Espinosa-Gómez si riempì di vicini e di amici, familiari e conoscenti.
Tutti vennero ad appoggiarci e tra le lacrime si gridavano parole d’ordine rivoluzionarie.

Il dolore si era moltiplicato. Alcuni giorni dopo ascoltai la registrazione recuperata dalla scatola nera dell’aereo e  anche se ero piccola, non ho mai più potuto dimenticare la disperazione in quella voce tanto amata.

Oggi, dopo tanti anni, il dolore in Haymel Espinosa rimane intatto. “Quando mettono la registrazione cambio canale o mi allontano”.

“Nel 2006 noi familiari delle vittime dell’attentato abbiamo visitato il monumento che si trova in Barbados, per onorare i 73 passeggeri a bordo del CU-455. È vicino alla costa. Ricordo che siamo rimasti in silenzio, il più vicino possibile al mare,  per diverso tempo guardando l’orizzonte e piangendo.  Vorremmo avere un posto qui a Cuba dove portare dei fiori per onorarli…”

 

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