Arthur Gonzalez https://heraldocubano.wordpress.com
Il 18.12.2016 The Washington Post pubblicava un nuovo articolo contro Cuba con il seguente titolo: “Le relazioni Cuba-USA ricordano l’accordo di Washington con il regime di Batista”; realmente dispiace osservare sin dove è caduto questo prestigioso quotidiano USA, al lasciarsi trascinare dalla mafia anticubana, quella che sostiene e protegge notori assassini.
Pochi giorni fa si è commemorato il 40° anniversario del più crudele e sanguinoso atto terroristico che abbia sofferto l’aviazione civile cubana e quella dell’emisfero occidentale, perpetrato da cubani al servizio della CIA, come Luis Posada Carriles e Orlando Bosch, che hanno vissuto pacificamente a Miami sotto la protezione di congressisti mafiosi come Ileana Ros-Lehtinen e Mario Diaz-Balart; su tale orrendo crimine, dove morirono 73 civili innocenti, The Washington Post non ha fatto una recensione per condannarlo.
Tuttavia, ben diversa è la posizione che assume per attaccare e offendere il popolo cubano, al comparare le attuali relazioni tra gli USA e Cuba, con gli accordi che la Casa Bianca realizzò con il tiranno Fulgencio Batista, che assunse il potere dell’isola, nel 1952, mediante un colpo di stato sotto l’ombrello protettivo di Washington.
The Washington Post mente, ancora una volta, ad assicurare che sono i militari cubani quelli che beneficiano degli attuali affari USA sull’isola, e non il popolo.
Prima di tutto, The Washington Post dovrebbe informarsi che la guerra economico, stabilita dagli USA, contro il popolo cubano, da quasi 60 anni, è ciò che impedisce che i cubani possano avere una vita migliore, qualcosa riflesso in numerosi documenti della CIA oggi declassificati.
Il presidente Barack Obama adottò alcune misure che potrebbero interpretarsi come una “flessibilizzazione” di quella guerra economica, che gli USA insistono nel denominarla embargo nonostante che la CIA la chiami chiaramente come guerra economica.
Niente è più lontano dalla verità sono quelle flessibilizzazioni del commercio, pubblicate il 26 gennaio 2016, almeno così l’ha affermato il segretario del Commercio, Penny Pritzker, nel suo account Twitter, dicendo: “Le disposizioni firmati da Obama sono progettate per sostenere il settore privato emergente a Cuba e collocarci più vicino al raggiungimento degli obiettivi storici della politica estera del presidente Obama e rafforzare la società civile cubana”.
A questo proposito, il segretario al Tesoro, Jack Lew, ha assicurato: “Queste misure, come quelle che sono state prese nel corso dell’ultimo anno, inviano un chiaro messaggio al mondo: gli USA si sono impegnati a potenziare e consentire progressi economici per il popolo cubano e continueremo a prendere le misure necessarie per aiutare il popolo cubano a raggiungere la libertà politica ed economica che merita”.
Lo scopo delle flessibilizzazioni è rafforzare i lavoratori privati e non il governo, pur essendo questo che assume i costi dei servizi sanitari e educativi, completamente gratuiti, per tutti i cubani senza distinzione di credo, razza, orientamento sessuale o ideologie politiche.
Il menzionato giornale ha citato come esempio il presunto affare con i visti per gli statunitensi che si recano sull’isola, ad un costo di $ 50; una cosa risibile perché non sono le organizzazioni militari incaricate di quella materia ma il consolato cubano che, ad avere una sola rappresentanza a Washington, deve fare accordi con le agenzie di viaggio per l’elaborazione dei visti in altri stati dell’unione.
Ma The Washington Post, per manipolare e disinformare i suoi lettori, non menziona che il consolato USA a L’Avana incassa $ 160 per ogni cubano che richiede un visto, l’ottenga o meno, e se sanno sommare, possono calcolare ciò che raccoglie la missione diplomatica USA a Cuba, nell’approvare, ogni anno, non meno di 20000 visti e negarne una somma simile.
Pertanto, la quantità di dollari che Washington ottiene a causa dei visti pagati dai cubani che desiderano visitare i parenti, è molto superiore a quella calcolata dal quotidiano USA per Cuba, e con quella somma di denaro gli USA possono ampiamente pagare i molteplici programmi per sovvertire l’ordine interno cubano, invece di usarlo in miglioramenti sociali.
The Washington Post dovrebbe farsi rispettare un pò di più e non pubblicare articoli che gli tolgono, sempre più, credibilità, sapendosi che Batista fu sponsorizzato dalla Casa Bianca fin dal primo giorno in cui prese il potere a Cuba, con un golpe, calpestando la democrazia rappresentativa che tanto difendono gli yankee.
Nonostante ciò Washington riconobbe, sostenne il suo governo, fino al dicembre 1958, ed applaudì i suoi furti, atti di corruzione e l’omicidio di almeno 20000 cubani, solo per avere pensieri diversi.
Sembra che il giornale di Washington non sappia che Batista raggiunse solo studi di livello pari al primo grado e di stenografia, ebbe un’origine molto umile, di padre non riconosciuto e madre che lavorava come domestica per mantenere lui ed i suoi fratelli.
Tuttavia, nel 1958 sotto lo sguardo e il sostegno USA, solo a sei anni dalla presa del potere, già accumulava una fortuna multimilionaria, inclusa la proprietà di 9 zuccherifici, una banca, 3 compagnie aeree, una cartiera, diverse case editoriali, un impianto produttore di gas, due motel, diverse stazioni radio, una televisiva, una fabbrica di materiali da costruzione, una di navi, molte proprietà urbane e rurali, colonie di canna da zucchero e decine di joint venture con capitale USA.
Ovviamente il giornale The Washington Post non è interessato a rivelare la vera storia della mafia anticubana, figlia di tirapiedi del tiranno con un odio irrazionale verso la rivoluzione per aver restituito al popolo cubano ciò che sempre gli era appartenuto, un sentimento che anche assume tale giornale contro Cuba; ma come saggiamente espresse José Martí: “Non c’è miglior misura della superiorità di un avversario che l’ira dei suoi nemici”.
Encomiendan triste papel a The Washington Post
Por Arthur González
El 18.09.2016 The Washington Post publicaba un nuevo artículo contra Cuba con el siguiente titular: “Las relaciones Cuba-EE.UU. recuerdan al arreglo de Washington con el régimen de Batista”; realmente apena observar hasta donde ha caído ese prestigioso diario estadounidense, al dejarse arrastrar por la mafia anticubana, esa que apoya y protege a connotados asesinos.
Hace pocos días se conmemoró el 40 aniversario del acto terrorista más cruel y sangriento que haya sufrido la aviación civil cubana y la del hemisferio occidental, perpetrado por cubanos al servicio de la CIA como Luis Posada Carriles y Orlando Bosch, los cuales han vivido plácidamente en Miami bajo la protección de congresistas mafiosos como Ileana Ros-Lehtinen y Mario Díaz-Balart; sobre ese horrendo crimen donde murieron 73 civiles inocentes,The Washington Post no hizo una reseña para condenarlo.
Sin embargo, bien diferente es la posición que asume para atacar y ofender al pueblo cubano, al comparar las actuales relaciones entre Estados Unidos y Cuba, con los arreglos que la Casa Blanca llevó a cabo con el tirano Fulgencio Batista, quien asumió el poder de la Isla en 1952 mediante un golpe de estado bajo la sombrilla protectora de Washington.
The Washington Post miente una vez más al asegurar que son los militares cubanos los que se benefician de los actuales negocios estadounidenses en la Isla, y no el pueblo.
Ante todo, The Washington Post debería informarse de que la guerra económica establecida por Estados Unidos contra el pueblo cubano hace casi 60 años, es quien impide que los cubanos puedan tener una mejor vida, algo reflejado así en numerosos documentos de la CIA hoy desclasificados.
El presidente Barack Obama adoptó algunas medidas que pudieran interpretarse como una “flexibilización” de esa guerra económica, que Estados Unidos insiste en denominarla embargo, a pesar que la CIA la llama claramente como guerra económica.
Nada más lejos de la verdad son esas flexibilizaciones del comercio, publicadas el 26 de enero del 2016, al menos así lo afirmó la Secretaria de Comercio, Penny Pritzker, en su cuenta Twitter, cuando dijo: “Las provisiones firmadas por Obama están diseñadas para apoyar al sector privado emergente en Cuba y colocarnos más cerca de alcanzar las metas históricas de política exterior del presidente Obama, y fortalecer la sociedad civil cubana”.
Al respecto, el secretario del Tesoro, Jack Lew, aseguró: “Estas medidas, al igual que las que se han ido tomando durante el último año, envían un claro mensaje al mundo: Estados Unidos se ha comprometido a potenciar y permitir avances económicos para el pueblo cubano y continuaremos tomando las medidas necesarias para ayudar al pueblo cubano a alcanzar la libertad política y económica que merece”.
El propósito de las flexibilizaciones es fortalecer a los trabajadores privados y no al Gobierno, a pesar de ser este quien asume los gastos de los servicios de salud y educación totalmente gratuitos para todos los cubanos, sin distinción de credos, razas, orientación sexual, o ideologías políticas.
El mencionado diario citó como ejemplo el supuesto negocio con las visas para los estadounidenses que viajan a la Isla, al costo de 50 dólares, algo que causa risa porque no son las organizaciones militares las encargadas de ese asunto, sino el consulado cubano que, al tener solo una representación en Washington, tiene que hacer convenios con agencias de viaje para la tramitación de las visas en otros estados de la unión.
Pero The Washington Post, al manipular y desinformar a sus lectores, no menciona que el consulado de Estados Unidos en la Habana cobra 160 dólares a cada cubano que solicita una visa, la obtenga o no, y si saben sumar, pueden calcular lo que recauda la Misión diplomática estadounidense en Cuba, al aprobar anualmente no menos de 20 mil visas y denegar una suma muy similar.
Por tanto, la cantidad de dólares que obtiene Washington por concepto de las visas que pagan los cubanos que desean visitar a sus familiares, es muy superior a la calculada por el diario norteamericano por parte de Cuba, y con ese monto de dinero Estados Unidos puede costear ampliamente los múltiples programas para subvertir el orden interno cubano, en vez de emplearlo en mejoras sociales.
The Washington Post debería darse a respetar un poco más y no publicar artículos que le restan cada día más credibilidad, sabiéndose que Batista fue apadrinado por la Casa Blanca desde el primer día que tomó el poder en Cuba mediante el golpe de estado, pisoteando la democracia representativa que tanto defienden los yanquis.
A pesar de eso Washington reconoció, apoyó su gobierno hasta diciembre de 1958 y aplaudió sus robos, actos de corrupción y el asesinato de no menos de 20 mil cubanos, solo por tener pensamientos diferentes.
Parece que el diario washingtoniano desconoce que Batista solo logró alcanzar estudios de nivel primario y de taquigrafía, tuvo un origen sumamente humilde, de padre no reconocido y madre que trabajaba como doméstica para mantenerlo a él y sus hermanos.
No obstante, en 1958 bajo la mirada y apoyo de Estados Unidos, solamente a seis años de tomar el poder, ya amasaba una fortuna multimillonaria, entre ellas la propiedad de 9 centrales azucareros, un banco, 3 aerolíneas, una fábrica de papel, varias editoriales, una planta productora de gas, 2 moteles, varias emisoras de radio, una de televisión, una fábrica de materiales de la construcción, una naviera, numerosos inmuebles urbanos y rurales, colonias de caña de azúcar y decenas de empresas conjuntas con capital estadounidense.
Evidentemente al diario The Washington Post no le interesa divulgar la verdadera historia de la mafia anticubana, hija de testaferros del tirano con un odio irracional hacia la Revolución por haberle devuelto al pueblo cubano lo que siempre le perteneció, sentimiento que también asume ese periódico contra Cuba; pero como sabiamente expresara José Martí: “No hay medida mejor de la superioridad de un adversario que la cólera de sus enemigos”.