“Un giorno si dovrà elevare un gigantesco monumento a questo eroe insuperabile che è il popolo”. Ce lo disse il 30 settembre del 1996 quando gli abitanti di Villa Clara organizzarono dalla notte alla mattina un’impressionate manifestazione in Piazza Ernesto Che Guevara.
Proprio lì, un anno prima, aveva ricevuto il primo comandante che aveva nominato nella Sierra Maestra, ed ha incontrato di nuovo il mitico guerrigliero argentino lo scorso 30 novembre, in questo ritorno trionfale a Santiago di Cuba.
Questo popolo ha avuto il suo monumento, non in cima a una collina o nel marmo. Ne avuto uno più maestoso e grande, perchè la Rivoluzione e il Comandante in Capo non possono limitarsi a un pezzo di pietra senza vita.
E da questa altezza d’obelisco ha giurato la stessa fedeltà a questo monumentale mausoleo per, come quando non lasciò morire l’Apostolo nel suo centenario, mantenerlo vivo nella sua stessa opera.
Vero parnaso è il popolo, al quale il lirismo e la lealtà sono spuntati dal cuore.
“Mamma, che cosa c’è in quella cassetta”? “Il cuore di un paese”, ha risposto la giornalista Leticia Martínez a sua figlia Carmen.
“Porto il nome di Fidel sulla fronte perché non posso aprirmi il petto per scriverlo nel mio cuore”, ha detto una bambina de La Colmenita di Tin Cremata.
Fidel non è morto. Adesso è più vivo che mai, ora comincia a moltiplicarsi.
Perchè è una bandiera, uno scudo, un bastione inespugnabile per il suo più prezioso … desvelo… il popolo.
“Io sono Fidel” non è uno slogan, è unità, è la sua resurrezione in milioni di cuori.
“Io sono Fidel” è l’impegno di non lasciarlo morire, di costruire una Cuba più bella, sviluppata, umana, solidale, internazionalista e rivoluzionaria.È essere il primo nella produzione, negli studi, nella difesa della Patria.
“Io sono Fidel” è non smettere mai d’essere fidelisti e raulisti; è giurare che nulla sta al di sopra di quel documento che ci ha legato e che lui stesso ha definito il 1º maggio del 2000.
Questa è la ragione di milioni di firme per questo giuramento.
Questo è il motivo per il quale Cuba lancia il suo grido: “Io sono Fidel”, perché il Comandante in Capo ha sempre avuto una fiducia infinita in noi.
Il 6 agosto del 1960 ci aveva avvertito che la vita della Rivoluzione cubana non è vita prestata, è vita nata dalle viscere del nostro popolo, una vita che si alimenta in queste viscere di popolo, una vita vigorosa, una vita indistruttibile.
E non ha mai cambiato la rotta, il 23 febbraio del 2001, quasi ieri: “Quelli che credono che quando sparisce un leader sparisce una Rivoluzione, sono stati incapaci di comprendere – e non so se qualche volta lo capiranno – qualcosa che ho detto anni fa: gli uomini muoiono ma i popoli sono immortali.
E dopo la partenza in un altro 25 novembre con lo stesso yacht oggi divenuto Rivoluzione, e dopo aver percorso più di 1000 chilometri, è tornato a Santiago, lì nella sua città complice, compagna, e abbiamo sentito di nuovo “Grazie Santiago” e in ogni cuore santiaghero e cubano “Grazie Fidel”.