La guerra culturale contro Cuba

Elier Ramíerez Cañedo https://lapupilainsomne.wordpress.com

pit-eeuu-imperialismo-culturaleLa guerra culturale contro Cuba non iniziò il 17 dicembre 2014, anche se è ovvio che da quella data si è intensificata. Dallo stesso trionfo rivoluzionario, nel 1959, Cuba ha affrontato sia gli impatti dell’ondata colonizzatrice dell’industria egemonica globale – ciò che Frei Betto chiama globocolonizzaione -, come progetti specifici di guerra culturale ideati, finanziati e realizzati dall’imperialismo USA, le sue agenzie e alleati internazionali, con l’obiettivo di sovvertire il socialismo cubano.

Al riguardo Ricardo Alarcon segnalò: “L’aggressione culturale contro Cuba iniziò nel 1959 e non terminò con la fine della “guerra fredda”. Non solo esiste ancora, ma non cessa di aumentare. Conserva una dimensione segreta, clandestina, diretta dalla CIA, ma, inoltre, dall’inizio dell’ultimo decennio del secolo scorso, ha un’altra dimensione pubblica, sfacciatamente aperta. Il caso cubano è, per queste ragioni, assolutamente unico, eccezionale. Lo è anche perché ciò che ci si fa nel terreno culturale è sempre stato parte integrante di uno schema aggressivo più ampio, che ha incluso una crudele e permanente guerra economica e l’aggressione militare, il terrorismo e altri atti criminali il cui scopo, esplicitamente dettagliato in una infame legge yankee, è porre fine alla nostra indipendenza”. [x]

Una componente fondamentale della guerra culturale dei vari governi USA contro la Rivoluzione cubana è stata la guerra psicologica e mediatica. Il libro ‘Psywar on Cuba. The Declassified History of US Anti Castro Propaganda’ (La guerra psicologica su Cuba. La storia declassificata della propaganda anti Castro degli USA), di Jon Eliston, pubblicato nel 1999, [xi] rivela come Washington praticò, contro Cuba, per decenni l’aggressione psicologica e propagandistica e che questa includeva libri, giornali, cartoni animati, film, pamphlet e programmi radio e TV.

Un altro dei campi prediletti della guerra culturale USA contro Cuba, è stato la storia. Si manipola e distorce il nostro passato, si attaccano le sue basi più sensibili e simboliche, proprio perché si pretende spazzare via l’esempio della Rivoluzione cubana dalla sua stessa radice. L’attuale presidente dell’Istituto di Storia di Cuba, René González Barrios, ha ricercato e dissertato per diversi anni su questo tema. Nella sua conferenza, ‘Lo smantellamento della storia’ espone alcune delle linee principali in cui si osserva l’intento del nemico:

  • Esaltazione degli anni ’50 e della figura di Fulgencio Batista.

  • Idealizzazione del passato capitalista, in particolare nei settori economici e culturali e contrapposizioni con i successi ottenuti dalla rivoluzione in queste aree.

  • Riscrittura delle nostre guerre di indipendenza e rivalutazione della borghesia nazionale che emerse con la neo-colonia.

  • Sopravvalutazione degli artisti ed intellettuali cubani che sono andati in esilio dopo il trionfo della rivoluzione.

  • Demonizzazione del processo rivoluzionario, dei suoi leader, artisti ed intellettuali impegnati con esso.

  • Creazione di siti Internet progettati per fomentare la nostalgia del passato.

  • Promozione di atteggiamenti smobilizzanti , apolitici e de-ideologizzati tra artisti ed intellettuali, radicati nella storia.

  • Far vedere la Rivoluzione come un processo di privazione, agonie e sofferenze. Eliminare la gioia dell’epica rivoluzionaria e dei suoi trionfi.

– L’organizzazione di eventi internazionali per analizzare la storia di Cuba dal punto di vista imperiale così come la pubblicazione di opere di traditori o nemici della Rivoluzione. [Xii]

A Miami c’è, oggi, un denominato ‘Istituto della memoria storica cubana contro il totalitarismo’, che si dedica alla produzione di libri, saggi e documentari, nonché alla celebrazione di seminari e conferenze sul periodo della Rivoluzione cubana al potere. E, naturalmente, tutta la “produzione culturale” di questo istituto è diretta alla costruzione di una storia di Cuba piena di menzogne ​​e travisamenti. Lo stesso lavoro realizza la chiamata ‘Accademia della storia di Cuba in esilio’. Da dove vengono i finanziamenti di tali istituzioni? Sarà solamente di fondazioni ed organizzazioni filantropiche ed indipendenti?

E’ innegabile che l’amministrazione Obama abbia concentrato i suoi maggiori sforzi nell’andare convertendo la guerra culturale e ideologica contro Cuba nel nucleo duro della politica nei confronti della maggiore delle Antille e va eliminando, gradualmente, l’approccio della politica precedente -considerato fallito- che cercava il cambio di regime, fondamentalmente, attraverso il collasso economico. Non c’è stata espressione più chiara su questa intenzione, che le stesse parole del presidente USA, due giorni dopo l’annuncio del 17 dicembre 2014: “Ma come cambierà la società -si riferisce a Cuba-, il paese in particolare, la sua cultura specificamente, potrebbe accadere rapidamente o potrebbe accadere più lentamente di quanto vorrei, ma accadrà e credo che questo cambio di politica vada a promuovere questo”. [xiii]

Forse verso nessun altro paese come Cuba, Obama ha implementato, con tanta cura, il cosiddetto soft power potere morbido – uno dei volti della dottrina dello smart power – potere intelligente – concetto usato da Joseph Nye [xiv]

joseph-nye-hardvardNel 2004, Nye spiegava il concetto di soft power, come segue: “Che cosa è il soft power? E’ la capacità di ottenere ciò che si vuole attraverso l’attrazione, piuttosto che attraverso la coercizione o le ricompense. Sorge dall’attrattiva della cultura di un paese, dai suoi ideali politici e dalle sue politiche. Quando le nostre politiche sono viste come legittime agli occhi degli altri, il nostro soft power si realizza. L’America ha avuto, per lungo tempo, soft power. Pensate all’impatto delle Quattro Libertà di Franklin Delano Roosevelt in Europa alla fine della II Guerra Mondiale; ai giovani, dietro la Cortina di Ferro, ascoltando musica americana e notizie di Radio Free Europe; agli studenti cinesi simboleggiando le loro proteste, in piazza Tiananmen, con una replica della Statua della Libertà; ai recentemente liberati afgani chiedendo, nel 2001, una copia della Carta dei Diritti; ai giovani iraniani di oggi vedendo, surrettiziamente, video americani proibiti e programmi televisivi via satellite nell’intimità delle loro case. Tutti questi sono esempi di soft power. Quando si può ottenere che gli altri ammirino i tuoi ideali e che vogliano ciò che tu vuoi, non c’è bisogno di spendere molto in bastoni e carote per muoverli nella tua direzione”. [xv]

Alcuni mesi fa le organizzazioni giovanili dell’isola hanno denunciato un nuovo piano sovversivo il cui obiettivo fondamentale era la gioventù cubana. In un chiaro atteggiamento d’ingerenza ed irrispettoso verso l’ istituzionalità cubana -che non corrisponde al nuovo contesto delle relazioni- in modo segreto l’organizzazione Word Lerning ha sviluppato, tra il 2015 ed il 2016, un piano di borse di studio estive per adolescenti e giovani cubani, con il supporto dell’USAID, del Dipartimento di Stato USA e le ambasciate di Washington a l’Avana e Panama.

ned-gun1Quasi parallelamente a questa denuncia, nel sito ‘Along Malecon’, del giornalista Tracey Eaton, sono stati rivelati i fondi destinati dalla NED per la sovversione a Cuba nel 2015. E’ noto la lunga storia d’ingerenza e sovversiva della NED, sin dalla sua creazione nel 1983, durante il governo di Ronald Reagan. Fino ad oggi la NED è dipesa dal sostegno e finanziamento del governo USA attraverso il Congresso. The New York Times, in un articolo pubblicato da John M. Broder, il 31 marzo 1997 la definì così: “Il National Endowment for Democracy, fu creato 15 anni fa per svolgere, pubblicamente, ciò che fece, surrettiziamente, l’Agenzia Centrale d’Intelligence per decenni; spende 30 milioni di $ l’anno per sostenere partiti politici, sindacati, movimenti dissidenti e mezzi di informazione in decine di paesi… “. [xvi]

Quando si analizzano la destinazione della maggior parte del denaro, della NED, per la sovversione a Cuba, nel 2015, è evidente che la guerra culturale del governo USA contro la Rivoluzione cubana, si è ampliata e adottato metodi più sottili. Le maggiori somme di denaro sono dirette verso l’area della comunicazione, in particolare quei “media” che si incaricano di costruire la menzogna, di seminare determinate matrici di opinione contro il sistema socialista cubano attraverso campagne mediatiche che distorcono la storia, esacerbano i valori del capitalismo e praticano una continua guerra psicologica contro il popolo cubano. Questo campo ha ricevuto un beneficio di 2098312 dollari. ‘Diario de Cuba’ guida la lista dei media controrivoluzionari che hanno ricevuto le partite più ricche, 283869 $, seguito da Cubanet 224562. [xvii] Questo dato è interessante, poiché proprio come avvertiva in uno dei suoi testi Julio Garcia Luis: la comunicazione sociale è stata “il punto nevralgico più debole dove si aprì il passo la strategia di smantellamento politico e morale della società sovietica …” [xviii]

Ma, allo stesso tempo, potremmo chiederci: cosa sono Radio e TV Martí, se non strutture create per la guerra culturale, nel suo senso più ampio, contro il progetto rivoluzionario cubano?

Né si può dimenticare la manipolazione politica e sovversiva della migrazione cubana verso gli USA per decenni, con la perfida intenzione di mostrare, agli occhi dei cubana e dell’opinione pubblica internazionale, il presunto fallimento del modello cubano ed il successo degli emigrati cubani negli USA.

Esiste una grande differenza tra la diplomazia pubblica che sviluppano molti paesi sulla scena internazionale e le azioni intraprese dal governo USA contro Cuba per provocare il “cambio di regime”. Dietro questo vocabolo “inoffensivo”, si nasconde tutta una macchina di diffusione di valori politici e culturali degli USA, che in nulla tiene conto del rispetto della sovranità delle nazioni. Non si tratta solo d’influenza, ma di aperta e segreta ingerenza negli affari interni di altri stati, in flagrante violazione di quanto stabilisce il diritto internazionale, in particolare la carta dell’ONU.

Al momento di valutare le sfide che abbiamo di fronte, a volte si adottano posizioni trionfalistiche, da una visione riduttiva della cultura, strettamente intesa come arte e letteratura. Naturalmente tra Cuba e gli USA ci sono state influenze e confluenze culturali per più di due secoli, grazie alla quali entrambi i popoli ci siamo arricchiti spiritualmente, ma come notato da Aurelio Alonso: “Le relazioni culturali, al di là che giochiamo insieme a baseball, di ballare qua e là con orchestre simili, di godere di canzoni da entrambe le parti e che si condividano o meno i gusti culinari, includono abitudini sociali acquisite e radicate, una cultura politica e uno stile di vita, ciò che sente e fa la comunità e la famiglia, e in questo campo staranno, in fondo, le sfide che iniziano a sollevarsi”. [xix]

Davanti a tali sfide non c’è migliore antidoto che il patriottismo, la cubania -non la cubanità castrata-, l’anti-imperialismo, l’anti-colonialismo e che, insieme al promuovere solidi riferimenti culturali, otteniamo un soggetto critico di profonda formazione umanistica, in grado di discernere, da se stesso, tra la valanga di prodotti culturali con cui interagisce, dove è il veramente prezioso, e dove lo spregevole per la nostra condizione umana. Questo soggetto critico è possibile solo plasmarlo dai primi anni di vita attraverso la formazione nel dibattito e nel confronto delle idee, con la partecipazione attiva della famiglia, della comunità, della scuola, dei media e delle organizzazioni politiche e di massa.

Naturalmente, tutte le azioni che svilupperemo nel campo della cultura devono essere accompagnate da fatti e realizzazioni concrete, nel fare le cose bene in tutti i settori, e che i risultati di questo lavoro si manifestino nella vita quotidiana del nostro eroico popolo. “Il popolo è l’obiettivo principale. Nel popolo si deve pensare prima che in noi stessi. E questa è l’unico atteggiamento che può essere definito come un atteggiamento veramente rivoluzionario”, diceva Fidel 55 anni fa nelle sue storiche ”Parole agli intellettuali“. [xx]

La guerra cultural contra Cuba

La guerra cultural contra Cuba no comenzó el 17 de diciembre de 2014, aunque es obvio que a partir de esa fecha se ha intensificado. Desde el propio triunfo revolucionario en 1959 Cuba ha enfrentado tanto los impactos de la oleada colonizadora de la industria hegemónica global -lo que Frei Betto denomina globocolonización- como proyectos específicos de guerra cultural diseñados, financiados e implementados por el imperialismo estadounidense, sus agencias y aliados internacionales, con el objetivo de subvertir el socialismo cubano.

Al respecto señaló Ricardo Alarcón:

“La agresión cultural contra Cuba empezó en 1959 y no terminó con el fin de la “guerra fría”. No solo existe todavía sino que no cesa de aumentar. Conserva una dimensión encubierta, clandestina, dirigida por la CIA, pero, además, desde comienzos de la última década del pasado siglo tiene otra dimensión pública, descaradamente abierta. El caso cubano es, por estas razones, absolutamente único, excepcional.

Lo es también porque lo que se nos hace en el terreno cultural ha sido siempre parte integrante de un esquema agresivo más amplio, que ha incluido una cruel y permanente guerra económica, y la agresión militar, el terrorismo y otros actos criminales, cuyo propósito, explícitamente detallado en una infame ley yanqui, es poner fin a nuestra independencia”.[x]

Un componente fundamental de la guerra cultural de los distintos gobiernos de los Estados Unidos contra la Revolución Cubana, ha sido la guerra psicológica y mediática. El libro Psywar on Cuba. The Declassified History of US Anti Castro Propaganda, de Jon Eliston, publicado en 1999,[xi] revela como Washington practicó contra Cuba durante décadas la agresión psicológica y propagandística y que ella incluía libros, periódicos, historietas, películas, panfletos y programas de radio y televisión.

Otro de los campos predilectos de la guerra cultural de los Estados Unidos contra Cuba, ha sido el de la historia. Se manipula y tergiversa nuestro pasado, se atacan sus bases más sensibles y simbólicas, precisamente porque se pretende barrer con el ejemplo de la Revolución Cubana desde su propia raíz. El actual presidente del Instituto de Historia de Cuba, René González Barrios ha investigado y disertado durante varios años sobre este tema. En su conferencia, El desmontaje de la Historia expone algunas de las líneas principales en las cuales se observa la intencionalidad del enemigo:

  • Exaltación de la década del 50 y la figura de Fulgencio Batista.
  • Idealización del pasado capitalista, sobre todo en las esferas económicas y culturales y contraposición con los éxitos alcanzados por la revolución en estas esferas.
  • Reescritura de nuestras guerras de independencia y revaloración de la burguesía nacional que emergió con la neocolonia.
  • Sobrevaloración de los artistas e intelectuales cubanos que marcharon al exilio tras el triunfo de la revolución.
  • Satanización del proceso revolucionario, sus líderes, artistas, e intelectuales comprometidos con él.
  • Creación de sitios en Internet diseñados para fomentar la nostalgia por el pasado.
  • Promoción de actitudes desmovilizativas, apolíticas y desideologizadas, entre artistas e intelectuales, fundamentadas en la historia.
  • Hacer ver la revolución como un proceso de privaciones, agonías y sufrimientos. Eliminar la alegría de la épica revolucionaria y sus triunfos.
  • La organización de eventos internacionales para analizar la historia de Cuba desde la perspectiva imperial, así como la edición de obras de traidores o enemigos de la Revolución.[xii]

En Miami existe hoy un denominado Instituto de la Memoria Histórica Cubana contra el Totalitarismo” que se dedica a la producción de libros, ensayos y documentales, así como a la celebración de talleres y conferencias sobre el período de la Revolución Cubana en el poder. Y por supuesto, toda la “producción cultural” de este instituto está dirigida a la construcción de una historia de Cuba plagada de mentiras y tergiversaciones. La misma labor realiza la llamada Academia de la Historia de Cuba en el exilio ¿De dónde salen los fondos para tales instituciones? ¿Será solamente de fundaciones y organizaciones filantrópicas e independientes?

Es innegable que la administración Obama concentró sus mayores esfuerzos en ir convirtiendo la guerra cultural e ideológica contra Cuba, en el núcleo duro de la política hacia la Mayor de las Antillas e ir eliminando paulatinamente el enfoque de política anterior –considerado fallido- que buscaba el cambio de régimen fundamentalmente a través del colapso económico. No ha habido expresión más clara sobre esta intención, que las propias palabras del presidente estadounidense, dos días después del anuncio del 17 de diciembre de 2014: “Pero como va a cambiar la sociedad –se refiere a Cuba-, el país específicamente, su cultura específicamente, pudiera suceder rápido o pudiera suceder más lento de lo que me gustaría, pero va a suceder y pienso que este cambio de política va a promover eso”.[xiii]

Quizás hacia ningún otro país como Cuba, Obama ha implementado con tanto esmero el llamado soft power–poder blando-, una de las caras de la doctrina del smart power –poder inteligente-, concepto manejado por Joseph Nye.[xiv]

En el 2004, Nye explicaba el concepto de poder blando, de la siguiente manera: “¿Qué es el poder blando? Es la habilidad de obtener lo que quieres a través de la atracción antes que a través de la coerción o de las recompensas. Surge del atractivo de la cultura de un país, de sus ideales políticos y de sus políticas. Cuando nuestras políticas son vistas como legítimas a ojos de los demás, nuestro poder blando se realza. América ha tenido durante mucho tiempo poder blando. Piense en el impacto de las Cuatro Libertades de Franklin Delano Roosevelt en Europa a finales de la II Guerra Mundial; en gente joven tras el Telón de Acero escuchando música americana y noticias de Radio Europa Libre; en los estudiantes chinos simbolizando sus protestas en la plaza de Tiananmen con una réplica de la Estatua de la Libertad; en los recientemente liberados afganos pidiendo en 2001 una copia de la Carta de Derechos; en los jóvenes iraníes de hoy viendo subrepticiamente videos americanos prohibidos y programas de la televisión por satélite en la intimidad de sus casas. Todos estos son ejemplos de poder blando. Cuando puedes conseguir que otros admiren tus ideales y que quieran lo que tú quieres, no tienes que gastar mucho en palos y zanahorias para moverlos en tu dirección”.[xv]

Hace unos meses las organizaciones juveniles de la Isla hicieron la denuncia de un nuevo plan subversivo cuya diana fundamental era la juventud cubana. En una clara actitud injerencista e irrespetuosa hacia la institucionalidad cubana –que no se corresponde con el nuevo contexto de las relaciones-, de manera encubierta la organización Word Lerning desarrolló entre el 2015 y el 2016 un plan de becas de verano para adolescentes y jóvenes cubanos, contando con el apoyo de la USAID, el Departamento de Estado de los Estados Unidos y las embajadas de Washington en La Habana y Panamá.

Casi paralelamente a esta denuncia, en el sitio Along Malecón, del periodista Tracey Eaton, se revelaron los fondos destinados por la NED para la subversión en Cuba en el año 2015. Es conocido el largo historial injerencista y subversivo de la NED desde su creación en 1983 durante el gobierno de Ronald Reagan. Hasta la actualidad la NED ha dependido del respaldo y financiamiento del gobierno de los Estados Unidos a través del Congreso. The New York Times, en artículo publicado por John M. Broder el 31 de marzo de 1997, la definió de este modo: “La National Endowment for Democracy, fue creada hace 15 años para llevar a cabo públicamente lo que hizo subrepticiamente la Agencia Central de Inteligencia durante décadas, gasta 30 millones de dólares al año para apoyar partidos políticos, sindicatos, movimientos disidentes y medios noticiosos en docenas de países…”.[xvi]

Cuando se analizan el destino de la mayor parte del dinero de la NED para la subversión en Cuba en el 2015, es evidente que la guerra cultural del gobierno de los Estados Unidos contra la Revolución Cubana, se ha ampliado y adoptado métodos mucho más sutiles. La mayores sumas de dinero están dirigidas hacia el área de la comunicación, en especial esos “medios de comunicación” que se encargan de construir la mentira, de sembrar determinadas matrices de opinión contra el sistema socialista cubano por medio de campañas mediáticas, que tergiversan la historia, exacerban los valores del capitalismo y practican una continua guerra psicológica contra el pueblo cubano. Este campo recibió un beneficio de 2 098 312 dólares. Diario de Cuba encabeza la lista de los medios contrarrevolucionarios que recibieron las partidas más jugosas, 283 869 dólares, seguido por Cubanet con 224 562.[xvii] Es interesante este dato, pues precisamente como advirtiera en uno de sus textos Julio García Luis: la comunicación social fue “el punto neurálgico más débil por donde se abrió paso la estrategia de desmontaje político y moral de la sociedad soviética…”.[xviii]

Pero, al mismo tiempo, pudiéramos preguntarnos: ¿qué son Radio y Tv Martí, sino estructuras creadas para la guerra cultural en su sentido más amplio contra el proyecto revolucionario cubano?

Tampoco puede olvidarse la manipulación política y subversiva de la emigración cubana hacia los Estados Unidos durante décadas, con la pérfida intención de mostrar ante los ojos de los cubanos y la opinión pública internacional, el supuesto fracaso del modelo cubano y el éxito de los emigrados cubanos en los Estados Unidos.

Existe una gran diferencia entre la diplomacia pública que desarrollan muchos países en la arena internacional y las acciones que lleva adelante el gobierno de los Estados Unidos contra Cuba para provocar el “cambio de régimen”. Detrás de este vocablo “inofensivo”, se esconde toda una maquinaria de difusión de valores políticos y culturales de los Estados Unidos, que para nada toma en consideración el respeto a la soberanía de las naciones. No se trata solo de influencia, sino de injerencia abierta y encubierta en los asuntos internos de otros estados, en violación flagrante de lo que establece el derecho internacional, en especial la carta de Naciones Unidas.

A la hora de valorar los retos que enfrentamos, en ocasiones se adoptan posiciones triunfalistas, desde una visión reduccionista de la cultura, entendida estrictamente como arte y literatura. Claro que entre Cuba y los Estados Unidos han existido influencias y confluencias culturales durante más de dos siglos, gracias a las cuales ambos pueblos nos hemos enriquecido espiritualmente, pero como señalara Aurelio Alonso:

“Las relaciones culturales, más allá de que juguemos pelota juntos, de bailar aquí y allá con orquestas parecidas, de disfrutar canciones de las dos orillas y de que se compartan o no los gustos culinarios, incluyen hábitos sociales adquiridos con arraigo, una cultura política y un estilo de vida, lo que siente y hace la comunidad y la familia, y en ese terreno estarán, en el fondo, los desafíos que comienzan a levantarse”. [xix]

Ante tales desafíos no hay mejor antídoto que el patriotismo, la cubanía –no cubanidad castrada-, el antiimperialismo, el anticolonialismo y que, junto al fomento de referentes culturales sólidos, logremos un sujeto crítico de profunda formación humanista, capaz de discernir por sí mismo entre la avalancha de productos culturales con los que interactúa, dónde está lo realmente valioso, y dónde lo despreciable para nuestra condición humana. Ese sujeto crítico solo es posible forjarlo desde las edades más tempranas a través del entrenamiento en el debate y la confrontación de ideas, con la participación activa de la familia, la comunidad, la escuela, los medios de comunicación y las organizaciones políticas y de masas.

Por supuesto, todas las acciones que desarrollamos en el campo cultural deben acompañarse de hechos y realizaciones concretas, de hacer las cosas bien en todas las esferas, y que los resultados de ese trabajo se manifiesten en la vida cotidiana de nuestro heroico pueblo. “El pueblo es la meta principal. En el pueblo hay que pensar primero que en nosotros mismos. Y esa es la única actitud que puede definirse como una actitud verdaderamente revolucionaria”, decía Fidel hace 55 años en sus históricas Palabras a los Intelectuales”.[xx]

[x] Ricardo Alarcón, La inocencia perdida, prólogo al libro de Frances Stonor……, pp.1-2.

[xi] Jon Ellinston, Psy war on Cuba. The declassified history of U.S. anti Castro propaganda, Ocean Press, Melbourne-New York, 1999.

[xii]René González Barrios, “El desmontaje de la historia y como enfrentarlo, en: Cubadebate”, 5 de mayo de 2014,http://www.cubadebate.cu/especiales/2014/05/05/el-desmontaje-de-la-historia-y-como-enfrentarlo/#.WDYRqbmubIU

[xiii] Conferencia de prensa ofrecida por el Presidente Obama el 19 de diciembre de 2014. Consultado enwww.whitehouse.gov/the-press-office/ 2014/12/19/remarks-president-year-end-conference.

[xiv] Graduado en la Universidad de Princenton y doctor por Harvard, experto en relaciones internacionales. En varias de sus obras ha introducido y analizado el concepto Smart Power el cual ha tenido amplia repercusión en el discurso político estadounidense y la política exterior de ese país. En la actualidad es profesor de la Kennedy School of Government de la Universidad de Harvard.

[xv]Véase en:https://www.google.com/search?q=joseph+nye%2C+cap%C3%ADtulo+5%2C+prefacio+%2C+pdf&ie=utf-8&oe=utf-8&client=firefox-b

[xvi] Véase en:http://www.nytimes.com/1997/03/31/us/political-meddling-by-outsiders-not-new-for-us.html

[xvii] “Revelan proyectos financiados por la NED en el 2015 para la subversión en Cuba”, Cubadebate, 29 de septiembre de 2016.

[xviii]Citado por Abel Prieto en: “Internet debe ayudar a hacer nuestra sociedad más dinámica, eficiente, participativa y justa”, Cubadebate, 7 de junio de 2015,http://www.cubadebate.cu/opinion/2015/06/07/internet-debe-ayudar-a-hacer-nuestra-sociedad-mas-dinamica-eficiente-participativa-y-justa/#.WDYCQrmubIU

[xix] Aurelio Alonso, Reconstruyendo las relaciones: La Capilaridad Cultural, en: América Latina en Movimiento, 15 de marzo de 2016,http://www.alainet.org/es/articulo/176072

[xx]Discurso pronunciado por el Comandante en Jefe, Fidel Castro Ruz, el 30 de junio de 1961, véase en:http://www.cuba.cu/gobierno/discursos/1961/esp/f300661e.html

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