Brasile, il golpe parlamentare come assalto al bene comune

Leonardo Boff da www.rifondazione.it

temer-buitreIl golpe è stato promosso (il 31 agosto 2016) dalle oligarchie danarose e antinazionali che hanno usato un parlamento da far vergogna per la mancanza di etica e di sentimento nazionale; con il golpe esse vogliono drenare la maggior fetta della ricchezza nazionale a proprio vantaggio. Questo è stato denunciato da nomi significativi come, fra gli altri,  Luiz Alberto Moniz Bandeira, Jessé Souza, Bresser Pereira.

È in corso lo smontaggio della nazione. Ciò significa l’insediamento di un neoliberismo ultraconservatore e predatorio che praticamente annulla le conquiste sociali a favore di milioni di poveri e miserabili, togliendo loro i diritti che concernono il salario, il sistema di lavoro e delle pensioni oltre a ridurre e addirittura liquidare progetti fondamentali come Bolsa Família, Minha Casa Minha Vida, Luz para Todos, Fies (Fundo de Financiamento Estudantil) e altri istituti che hanno permesso ai figli e alle figlie della povertà l’accesso allo studio tecnico o superiore.

Soprattutto il gruppo  golpista ha cominciato a mettere all’asta beni collettivi come parte della Petrobras e a porre in vendita terre nazionali. La privatizzazione significa sempre una diminuzione del bene di interesse generale che passa nelle mano dell’interesse privato. Si accaniscono contro ciò che oggi si chiama “diritti di solidarietà” che subordinano gli interessi personali a quelli collettivi e comuni.

Vengono erosi i due pilastri fondamentali che storicamente hanno costruito il bene comune: la partecipazione dei cittadini (cittadinanza attiva) e la cooperazione di tutti. Al loro posto l’attuale ordine imposto da coloro che hanno compiuto il golpe sottolinea le nozioni di redditività, flessibilizzazione, adattamento e competitività. La libertà del cittadino è sostituita dalla libertà delle forze del mercato, il bene comune dal bene personale e la cooperazione dalla competitività.

La partecipazione e la cooperazione assicuravano la base dell’interesse comune. Negati questi valori, l’esistenza di ciascuno non è più garantita socialmente né i diritti rispettati. Di conseguenza ciascuno si sente costretto ad assicurarsi i propri. Così nasce un individualismo oppressivo, accompagnato da onde di odio, omofobia, machismo e ogni tipo di discriminazione.

L’obiettivo degli attuali gestori, già riconosciuti incompetenti, alcuni addirittura dementi, è: il mercato deve guadagnare e la società deve perdere. Ingenuamente credono anche che è il mercato che regolerà e risolverà tutto. Se così stanno le cose, perché costruire il bene comune? È stato delegittimato  il benessere sociale, il bene comune è stato abbandonato  nel limbo.

Ma bisogna denunciare che quanto più si privatizza tanto più si legittima l’ interesse personale a discapito dell’interesse generale, oltre a indebolire lo Stato, amministratore dell’interesse generale. Ci stanno imponendo un killer capitalismo. Quanta perversione sociale e barbarie  sopporteranno i movimenti sociali, coloro che dalla povertà vengono gettati nella miseria, i partiti di radice popolare e l’intelligenzia  brasiliana che hanno il senso  della nazione e della sovranità del nostro paese?

Ma chiariamo il concetto di bene comune. Sul piano infrastrutturale il bene comune è il giusto accesso di tutti ai beni comuni di base come alimentazione, salute, abitazione, energia, sicurezza e comunicazione. Sul piano sociale è la possibilità di condurre una vita materiale e umana soddisfacente in dignità e libertà in un ambiente di pacifica convivenza.

Dal momento che l’attuale ordine ingiusto lo sta smantellando, il bene comune ora deve essere ricostruito. Per questo bisogna dare egemonia alla cooperazione e non alla competizione e organizzare tutte le forze coinvolte nell’interesse generale per resistere, incalzare e scendere in piazza.

Dall’altro lato il bene comune non può essere concepito antropocentricamente. Oggi si è sviluppata la presa di coscienza dell’interdipendenza di tutti gli esseri con tutti e con l’ambiente in cui viviamo. Noi in quanto umani siamo un anello, sebbene specifico, della comunità di vita e siamo responsabili anche per il bene comune di questa comunità di vita. Non possiamo vendere le nostre terre né rinunciare a demarcare i territori indigeni, dei padroni originari del nostro paese, né possiamo trascurare la deforestazione sfrenata dell’ Amazzonia in corso.

Noi umani abbiamo gli stessi elementi fisico-chimici costitutivi con i quali è costruito il codice genetico di tutto il vivente. Da ciò discende una parentela oggettiva fra  tutti gli esseri viventi come ha sottolineato papa Francesco nell’enciclica sull’ecologia integrale. Per questo prendersi cura e difendere la natura è prendersi cura e difendere noi stessi, in quanto siamo parte di essa. In ragione di questa comprensione il bene comune non può essere solo umano, ma di tutta la comunità terrena e biotica con la quale condividiamo la vita e il destino.

Cooperazione si rafforza con maggiore cooperazione, in quanto qui risiede la linfa segreta che alimenta e rinvigorisce in modo permanete il bene comune, aggredito dalle forze che occupano lo Stato e le sue articolazioni nell’interesse di pochi e contro il bene comune di tutti gli altri.

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