Raul Felipe Sosa https://lapupilainsomne.wordpress.com
Una delle sfide più importanti per la gioventù cubana, come protagonista del presente e del futuro di Cuba, è la diagnosi della situazione del paese. Per svolgere questo compito non solo è importante lo sfondo ma le forme.
Se la diagnosi è sbagliata o fatta con strumenti lontani dai principi e dalla teoria politica che ha caratterizzato il modello di costruzione del socialismo cubano possiamo cadere nella trappola di una catastrofica retrocessione.
La Rivoluzione è stata opera eroica e creatrice dei cubani, tuttavia, se un qualche merito abbiamo è che abbiamo saputo adattare i fondamenti del marxismo ad un proprio contesto. Detto questo, noi giovani dobbiamo capire che, nel nostro paese, non esiste un modello socialista propriamente detto, ma che si articola una società in transizione. Un’epoca rivoluzionaria, questo sì, che va dalla caduta del vecchio sistema capitalista cubano, a partire dall’anno 59, fino ad oggi dove, ancora camminiamo verso il socialismo. Nel frattempo, si è costruito una società infinitamente più giusta, con altissimi indici nell’istruzione e sanitari. Cuba si è inclusa nella mappa mondiale a costo del suo scontro con l’ingiustizia sociale, del suo alto senso della solidarietà e del suo impegno per essere libera e sovrana. Questo dobbiamo tenerlo a mente non solo per fare un’adeguata diagnosi della realtà cubana ma, anche, per non lasciarci ingannare.
Quando alcuni si riferiscono al Socialismo come modello fallito, tenendo conto delle esperienze del blocco “socialista” dell’Europa orientale la risposta di un giovane rivoluzionario deve essere nel mettere in discussione se tali società erano veramente socialista, o meglio erano post-capitaliste. Questo periodo di transizione è caratterizzato dal fatto che il modello in costruzione non termina di stabilirsi, anche dal punto di vista economico, e quindi vi è una reale probabilità di retrocedere al vecchio modello o avanzare verso uno nuovo e più avanzato: il Socialismo. Nel caso di Cuba ci sono due aspetti di questa transizione che hanno avuto una chiara presenza; uno è l’instabilità ed insufficienza dello sviluppo delle forze produttive e l’altro è l’amministrazione burocratica dei mezzi di produzione che non finiscono nelle mani dei produttori associati. Alcuni parlano di rafforzare il popolo, incluso persino di diritti politici come la più alta espressione della democrazia, in un linguaggio più vicino alla defenestrata socialdemocrazia capitalista che al socialismo cubano ma si dimenticano della necessità che il popolo cubano abbia il potere di decidere sui mezzi di produzione ed, in ultima istanza, si faccia padrone effettivo di essi.
In questo contesto potremmo fare un’analisi critica dell’intenso dibattito che si tiene oggi, sui social network, su alcuni aspetti della realtà cubana. Dibattito che opportunamente si è diretto verso il concetto astratto di “libertà di espressione” o “libertà di stampa”. Diverse domande dobbiamo farci riguardo a questo: per dibattere sulla libertà di espressione prima non dobbiamo definire qual è il concetto di libertà che vogliamo. All’interno del dibattito tra i rivoluzionari cubani dobbiamo comprendere la libertà benché non limiti la libertà dell’altro e quindi può essere esercitata solo da coloro che hanno più mezzi per esercitarla, cioè, da coloro che più hanno in detrimento di coloro che meno hanno. Oppure dobbiamo intendere la libertà come quella che deriva dal proprio lavoro e non dall’esterno, intesa in senso collettivo e non nel senso individuale?
E’ più importante dibattere sulla libertà di stampa che sugli ostacoli interni ed esterni che ha tenuto lo sviluppo delle nostre forze produttive? E’ più importante dibattere sulla libertà di espressione o sui periodi, più o meno, di un mandato presidenziale, che sugli ostacoli che ha avuto l’effettivo potenziamento da parte della classe operaia cubana dei suoi mezzi di produzione? Per caso è più importante dibattere sulla libertà di espressione che sul tipo di rapporti di produzione che vogliamo che imperi nel nostro paese. Un dibattito che ponga al centro il problema economico e il tipo di rapporti di produzione che vogliamo fosse più in linea con i nuovi tempi che si stanno vivendo dal VI Congresso del PCC dove i lineamenti economici videro la luce?
Lenin in uno dei suoi numerosi scritti, dichiarò: «E’ logico che un liberale parli di “democrazia” in termini generali. Un marxista non si dimenticherà mai di chiedere “Per quale classe?”» Quindi è chiaro che un dibattito sul futuro della Rivoluzione cubana che coinvolga concetti come libertà e democrazia deve iniziare dalla domanda ‘Per quale classe’? Alcuni di coloro che sono stati in questo dibattito sembrano molto interessati a mantenere il senso astratto del concetto relazionando la libertà di espressione con la loro particolare libertà di dire ciò che vogliono. Facendolo apparire come un nuovo e rivoluzionario dibattito per l’attuale Cuba. Ma noi giovani non dobbiamo lasciarci ingannare. La storia ed il linguaggio usato da questi ultimi è molto simile a quello della socialdemocrazia capitalista che quando ha richiesto il potere si è riempita la bocca nel parlare di democrazia, ma quando lo ha preso si è dimenticata del suo discorso, realizzando misure che colpiscono la grande maggioranza dei lavoratori e che beneficiano pochi privilegiati. Se vi è una corrente ideologica fallita questa è la socialdemocrazia, è il neoliberismo. Che persino l’ascesa al potere di un personaggio nefasto come Trump, è la dimostrazione di questo fallimento. Che è giunto alla presidenza dell’impero più grande e nefasto che sia esistito, non attraverso il voto popolare, ma grazie al voto di una classe media bianca ignorante e manipolata che ha visto come si deteriorava il suo stile di vita per le politiche neo-liberali attuate dai democratici.
Non dobbiamo dimenticare che una strategia degli avversari della Rivoluzione cubana è stata quella di costruire una leadership alternativa alla direzione storica della Rivoluzione. Nella loro ignoranza della realtà cubana e delle profonde radici che hanno dirigenti come Fidel nel popolo cubano, pensavano che quando questi non ci fossero più questa leadership avrebbe preso il loro posto. Recentemente, con la scomparsa fisica del leader indiscutibile della Rivoluzione cubana, il popolo ha dimostrato che questo era più un desiderio che una realtà oggettiva. Tuttavia, l’asino è sciocco per scontrarsi con la stessa pietra e non hanno smesso nello sforzo. Stanno cercando di costruire una leadership alternativa nei ranghi rivoluzionari. Che sappia benissimo chiamarsi “rivoluzionario”, ma sempre critico rivoluzionario.
Molti giovani che viviamo all’estero siamo oggi più sicuri che mai che il futuro di Cuba deve essere socialista. L’arrivo di qualsiasi altro modello sarebbe una disastrosa retrocessione per il popolo cubano.
Un reto de la juventud cubana
Por Raúl Felipe Sosa
Uno de los retos más importantes que tiene la juventud cubana como protagonista del presente y del futuro de Cuba es el diagnóstico de la situación del país. Para llevar a cabo esta tarea no solo es importante el fondo sino las formas. Si el diagnóstico es erróneo o se hace con herramientas alejadas de los principios y de la teoría política que ha caracterizado el modelo de construcción del socialismo cubano podemos caer en la trampa de un retroceso catastrófico.
La Revolución ha sido obra heroica y creadora de los cubanos, sin embargo, si algún mérito tenemos es que hemos sabido adaptar los fundamentos del marxismo a una contexto propio. Teniendo en cuenta esto, los jóvenes debemos entender que en nuestro país no existe un modelo socialista propiamente dicho sino que se articula una sociedad en transición. Una época revolucionaria, eso sí, que va desde la caída del viejo sistema capitalista cubano, a partir del año 59, hasta nuestros días donde aún transitamos hacia el socialismo. En el transcurso, se ha construido una sociedad infinitamente más justa, con altísimos índices educativos y sanitarios. Cuba se incluyó en el mapa mundial a costa de su enfrentamiento a la injusticia social, de su alto sentido de la solidaridad y su empeño de ser libre y soberana. Esto tenemos que tenerlo muy presente no solo para hacer un diagnóstico adecuado de la realidad cubana sino, además, para no dejarnos engañar.
Cuando algunos se refieren al Socialismo como modelo fracasado teniendo en cuenta las experiencias del bloque “socialista” de Europa del este la respuesta de un joven revolucionario debe estar en cuestionar si aquellas sociedades eran verdaderamente socialistas, o más bien eran postcapitalistas. Este período de transición está caracterizado por el hecho de que el modelo en construcción no termina de establecerse, incluso desde el punto de vista económico, y por lo tanto existe una probabilidad real de retroceder al antiguo modelo o de avanzar hacia uno nuevo y más avanzado: el Socialismo. En el caso de Cuba existen dos aspectos de esta transición que han tenido una presencia clara; uno es la inestabilidad e insuficiencia del desarrollo de las fuerzas productivas y otro es la administración burocrática de los medios de producción que no terminan de estar en manos de los productores asociados. Algunos hablan de empoderar al pueblo, incluso hasta de derechos políticos como expresión suprema de la democracia, en un lenguaje más cercano a la defenestrada socialdemocracia capitalista que al socialismo cubano pero se olvidan de la necesidad de que el pueblo cubano tenga poder de decisión sobre sus medios de producción y en última instancia se haga dueño efectivo de ellos.
En este contexto podríamos hacer un análisis crítico del intenso debate que se tiene hoy en las redes sociales sobre algunos aspectos de la realidad cubana. Debate que oportunamente se ha dirigido hacia el abstracto concepto de “la libertad de expresión” o “la libertad de prensa”. Varias preguntas debemos hacernos con respecto a esto: para debatir sobre la libertad de expresión primero no debemos definir cual es el concepto de libertad que queremos. Dentro del debate de los revolucionarios cubanos debemos entender la libertad que existe mientras se no limite la libertad del otro y por lo tanto solo puede ser ejercida por aquellos que tienen más medios para ejercerla, es decir, por los que más tienen en detrimento de los que menos tienen. ¿O debemos entender la libertad como aquella que deviene del trabajo propio y no del ajeno, entendida en el sentido colectivo y no en el sentido individual?
¿Es más importante debatir sobre la libertad de prensa que sobre los obstáculos internos y externos que ha tenido el desarrollo de nuestras fuerzas productivas? ¿Es más importante debatir sobre la libertad de expresión o sobre períodos más o menos de un mandato presidencial, que sobre los obstáculos que ha tenido el empoderamiento efectivo por parte de la clase trabajadora cubana de sus medios de producción? ¿Acaso es más importante debatir sobre libertad de expresión que sobre que tipo de relaciones de producción queremos que impere en nuestro país. Un debate que ponga en el centro el problema económico y el tipo de relaciones de producción que queremos estaría más acorde con los nuevos tiempos que se han estado viviendo desde el VI Congreso del PCC donde los lineamientos económicos vieron luz.?
Lenin en uno de sus tantos escritos dijo: “Es lógico que un liberal hable de “democracia” en términos generales. Un marxista no se olvidará nunca de preguntar “¿Para qué clase?”” Por lo tanto, es evidente que un debate sobre el futuro de la Revolución cubana que involucre conceptos como libertad y democracia debe empezar por la pregunta ¿Para qué clase? Algunos de los que han estado en este debate parecen muy interesados en mantener el sentido abstracto del concepto relacionando la libertad de expresión con su libertad particular de decir lo que quieran. Haciéndolo ver como un debate novedoso y revolucionario para la Cuba actual. Pero los jóvenes no debemos dejarnos engañar. El relato y el lenguaje usados por estos últimos es muy parecido al de la socialdemocracia capitalista que cuando a requerido del poder se ha llenado la boca para hablar de democracia pero cuando lo ha tomado se olvidado de su discurso, llevando a cabo medidas que afectan a las grandes mayorías trabajadoras y que benefician a unos pocos privilegiados. Si hay una corriente ideológica fracasada esa es la socialdemocracia, ese es el neoliberalismo. Que es sino el ascenso al poder de un personaje nefasto como Trump, la muestra de este fracaso. Que llegó a la presidencia del imperio más grande y nefasto que ha existido no a través del voto popular sino debido al voto de una clase media blanca ignorante y manipulada que vio como se deterioraba su estilo de vida por las políticas neoliberales llevadas a cabo por los demócratas.
No debemos olvidar que una estrategia de los adversarios de la Revolución Cubana ha sido construir un liderazgo alternativo a la dirección histórica de la Revolución. En su desconocimiento de la realidad cubana y del profundo arraigo que tienen líderes como Fidel en el pueblo cubano, pensaban que cuando estos no estuvieran este liderazgo pasaría a ocupar su lugar. Recientemente con la desaparición física del líder indiscutible de la Revolución Cubana el pueblo demostró que esto era más un deseo que una realidad objetiva. Sin embargo, el burro es necio para chocar con misma piedra y no han cejado en el empeño. Van intentar construir un liderazgo alternativo dentro de las filas revolucionarias. Que sepa muy bien llamarse “revolucionario” pero siempre crítico revolucionario.
Muchos jóvenes que vivimos en el extranjero estamos hoy más seguros que nunca que el futuro de Cuba debe ser socialista. La llegada de cualquier otro modelo sería un retroceso nefasto para el pueblo cubano.