L’ultima prigioniera della guerra fredda

Pascual Serrano https://lapupilainsomne.wordpress.com

Durante il suo tour per la Spagna, lo scorso aprile, il cantautore cubano Silvio Rodriguez sorprendeva il suo pubblico dedicando una canzone e chiedendo la libertà per una donna di nome Ana Belen Montes. Chi c’è dietro quel nome che per la prima volta sentivano gli spettatori?

Il caso di Ana Belen Montes risulterà sconosciuto alla maggioranza di persone, siano spagnole, statunitensi o cubane. E’ la prigioniera 25037-016 del carcere texano del Federal Medical Center di Fort Worth. E’ dietro le sbarre dal 2001 e non si prevede che esca fino a luglio 2026, la sua pena è di 25 anni di carcere senza possibilità di riduzione. Montes non ha ucciso nessuno, né ha ferito, non ha rubato nulla di valore economico per arricchirsi. Belen Montes pensava -e continua a pensare- che la politica del governo USA “verso Cuba è crudele ed ingiusta, profondamente ostile, mi considerai moralmente obbligata ad aiutare l’isola a difendersi dai nostri sforzi d’imporre in essa i nostri valori ed il nostro sistema politico”. Pertanto, secondo le sue stesse parole, “mi coinvolsi nell’attività che mi ha portato di fronte a lei [il giudice]”. Così lo dichiarò nel suo allegato difensivo nel giudizio contro di lei, il 16 ottobre 2002.

Belén era una premiata analista del Defense Intelligence Agency (DIA), del governo USA, che, dopo essere arrestata, ha ammesso che spiava per il governo cubano dal 1984, da 17 anni. Un anno dopo iniziare a collaborare con Cuba riuscì a lavorare nel principale organismo USA di spionaggio. Prima come principale analista DIA su El Salvador e Nicaragua, e più tardi fu nominata capo analista politico e militare per Cuba. Belen Montes ricevette 10 riconoscimenti speciali per il suo lavoro, tra cui un attestato speciale rilasciato dal direttore della CIA, nel 1997. Ma non solo gli occhi di Ana Belen erano a Cuba, come voleva il governo USA, c’era anche il suo cuore, e perciò considerò che doveva difendere quella rivoluzione dalle molestie ed aggressioni del paese più potente del mondo. Belen Montes memorizzava gran parte delle informazioni che gestiva per inviarle, criptate, da un dispositivo ad onda corta ai servizi di intelligence cubani. Imparò a fingere davanti alla macchina della verità, e persino riuscì a nasconderlo in un ambiente familiare per nulla semplice: suo fratello era un agente speciale dell’FBI, il suo ragazzo era un agente dei servizi d’intelligence del Pentagono specializzato su Cuba e sua sorella era analista, in lingua spagnola, dell’FBI a Miami e, curiosamente, decorata per il suo contributo alla scoperta di spie cubane.

Le autorità accusarono Belen di “comunicare, consegnare e trasmettere al governo di Cuba e ai suoi rappresentanti, funzionari ed agenti, informazione relativa alla difesa nazionale USA con l’intenzione e convinzione che sarebbe utilizzata per danneggiare gli USA a vantaggio di Cuba’. L’inchiesta giudiziale determinò che passò una “considerevole quantità” di informazioni classificate al governo di Cuba, tra cui le identità reali di quattro spie sotto copertura ed infiltrati nell’isola e l’ubicazione di campi segreti delle Forze Speciali dell’Esercito USA nella sua guerra sporca in Centro America. Belen Montes non ricevette denaro da Cuba per il suo lavoro. “Obbedii alla mia coscienza, più che obbedire alla legge”, affermò al processo. E’ curioso, Ana Belen fu arrestata pochi giorni dopo l’11 settembre. L’intelligence USA si stava dedicando più alla ricerca di spie cubane che ai terroristi di Al Qaeda.

In un’intervista, nell’agosto 2015, Ana Belen affermava: “Dico ai cubani qualcosa che ho sempre pensato e detto a coloro con cui ho condiviso la mia solidarietà con Cuba. Per me ciò che conta è che la Rivoluzione cubana esista. Gli affari interni dei cubani è una questione dei cubani. Addirittura non mi interessa chi c’è nel futuro; non è una questione di nomi. Ciò che è necessario è che ci sia sempre la Rivoluzione cubana, a partire dalla capacità che si abbia di risolvere i problemi. Devono prendersi cura della Rivoluzione. Io cercai di farlo”.1

Per decenni, a volte direttamente dal governo USA e altre con il suo beneplacito, Cuba ha sofferto ogni tipo di aggressioni, sabotaggi, guerre batteriologiche, tentativi di omicidio e gli attentati terroristici, con l’obiettivo di rovesciare un governo che non si allineava con la politica del paese più potente del mondo. Persone di tutto il mondo hanno considerato che Cuba aveva il diritto di difendersi, sempre in forma pacifica, e perciò l’informazione era fondamentale. Ana Belen fu una di loro. Ora si trova isolata da tutta la popolazione civile e penale, nel carcere della Base Navale di Fort Worth dove sono incarcerate più di un migliaio di donne con squilibri mentali o di estrema pericolosità.

Non può avere nessun tipo di comunicazione con l’esterno, né ricevere alcuna corrispondenza, chiamata telefonica, né bibliografia. Solo la può visitare suo padre e un responsabile della prigione, un’ora al mese. Nonostante ciò lei continua a mostrare il suo coraggio: “sono totalmente isolata. Vivo in condizione di estrema pressione psicologica. Non ho il minimo contatto con il mondo, tranne quello che idealmente m’immagino. Resisterò fino alla fine, benché sia difficile”2.

Ana Belen Montes nacque in una base dell’esercito USA in Germania Ovest, nel 1957. Figlia maggiore dei portoricani Alberto, medico militare, ed Emilia. La famiglia ritornò negli USA e si stabilì a Towson, alle porte di Baltimora. Curiosamente la sua sensibilità politica, contro le atrocità del suo governo in diversi paesi, iniziò in Spagna nel corso di un programma di scambio. Erano gli anni di effervescenza politica della transizione e incontrò uno studente argentino che gli spiegò molte cose che accadevano nel mondo e che erano ignorate dalla gioventù USA.

Terminata l’università, Ana Belen si trasferì, per un breve periodo, a Portorico, poco dopo ritornò negli USA, dove trovò un posto di dattilografa presso il Dipartimento di Giustizia a Washington. Mentre si preparava un master presso la School of Advanced International Studies della Johns Hopkins University, conobbe le politiche dell’amministrazione Reagan in America Latina e prese una chiara posizione in difesa della rivoluzione cubana e contro la politica interventista del suo governo nel continente.

La sua origine portoricana e l’umiliazione dell’Amministrazione USA di sentirsi burlata da una donna che riuscì a raggiungere la più alta fiducia dell’intelligence del governo ha fatto sì che sia utilizzata come un avvertimento ad ogni statunitense che si ponga contro il suo governo, per molto onorevoli ed etiche che possa considerare le sue ragioni.

Il caso è stato pubblicamente ignorato da tutti gli attori mentre passava i suoi anni in prigione. Né il governo cubano -focalizzato nei cinque agenti dell’operazione Avispa, ora già liberati- né tanto meno quello USA o i media hanno prestato attenzione alla spia Ana Belen Montes. Tuttavia, un movimento di solidarietà ha iniziato a prendere forma da punti diversi. E’ iniziato con la creazione del Comitato per un trattamento più umano per Ana Belen Montes, prima, e, successivamente, il Comitato per la liberazione di Ana Belen Montes guidato dall’accademico ed ex diplomatico Néstor García Iturbe, uno specialista che ha insegnato presso l’Istituto Superiore di Relazioni Internazionali Raul Roa García all’Avana.

In questo movimento di solidarietà si trova anche il professore del Seminario Evangelico di Matanzas, Douglas Calvo.34

“Se sta arrivando il tempo di voltare pagina tra Cuba e USA, bisogna voltarla completamente, e ciò include Ana Belen Montes” ha detto Douglas Calvo, professore del Seminario Evangelico di Teologia di Matanzas. Gli attivisti hanno inviato diverse lettere al presidente Obama chiedendo il suo indulto od il miglioramento delle condizioni di detenzione.

“Perché non indultare una donna che lottò, praticamente, aiutando con i suoi rapporti ad evitare un indesiderabile scontro bellico dove sarebbero caduti moltissimi cubani ed anche molti giovani statunitensi?” opina Calvo.

In un’intervista con il quotidiano Público, Douglas Calvo denunciava che nel carcere dove si trova Belen Montes “anche, apparentemente, si sono suicidati malati che erano in stato di coma. Le condizioni di detenzione sono così dure che Lucy, la sorella, membro dell’FBI, ha assicurato che Ana Belén vive in un inferno”.

Calvo assicura che Papa Francesco potrebbe intervenire con il presidente Obama. “Ora che già si è dimostrato che i suoi rapporti per la DIA erano veri, che non stavamo fabbricando armi di distruzione di massa nel campo della biotecnologia, ora non vi è alcun motivo perché Ana Belen Montes continui a rimanere in carcere”. Mantenerla in questo modo “è perpetuare la guerra fredda in un individuo, è pura vendetta” aggiunge5.

Inoltre si sono costituiti altri comitati in Messico, USA, Canada e Francia, a cui si aggiungono molti di quelli che parteciparono alla campagna che culminò con la liberazione dei cinque agenti cubani. In uno dei diversi manifesti e scritti diretti al governo USA e al suo presidente, l’avvocato José Pertierra afferma: “E’ molto triste che continui a rimanere prigioniera … L’ideale sarebbe che la liberino ed inviino a Cuba, poiché quello che fece non fu per denaro, ma perché lei considerava come ingiusto il blocco da parte del paese più potente del pianeta. Credo che gli USA devono perdonare e rilasciarla”.

Il cantautore Silvio Rodriguez già mise nel suo blog, Segunda Cita, nel 2011, la dichiarazione di Ana Belen Montes alla Corte Federale USA6.

Ora le ha dedicato una canzone nei suoi concerti di Spagna ed ha scritto nel suo blog: “Si chiama Ana Belen Montes ed era alto ufficiale dei servizi segreti USA. Quando sapeva che stavano per fare qualcosa di brutto a Cuba ci passava informazioni. Per questo sta scontando una condanna di decenni e alcuni anni fa posi qui, come introduzione, il suo allegato di auto-difesa. Ana Belen Montes. Molto male non ci è successo grazie a lei. Libertà per lei”. 7

Benché alcuni dicono che il governo cubano sta dietro a questo movimento di solidarietà, ma la verità è che nessun media statale cubano ha informato della questione, né il Ministero degli Affari Esteri di Cuba né alcun alto funzionario dell’Amministrazione si sono pronunciati.

Dopo quindici anni dietro le sbarre, Ana Belen rimane ferma sulle sue ragioni che l’hanno portata al suo comportamento: “Non mi piace per nulla stare in prigione, ma ci sono certe cose nella vita che valgono la pena di andare in prigione”, scrive Montes in una lettera di 14 pagine ad un familiare.

L’anno scorso ha nuovamente sottolineato i suoi principi: «Se mi pento nego mi nego a me stessa e mi sentirei insoddisfatta. Non è nel quadro della mia logica. Ho sempre saputo le conseguenze di quello che facevo. Era un rischio che dovevo correre. L’essere rinchiusa in carcere è qualcosa che sono andata, gradualmente, apprendendo a sopportare, ma nel mio intimo io sono tranquilla. Ho fatto quello che dovevo fare. Pentimento? In questi anni non mi sono mai pentito. (…) Non ho figli o marito. Credo che questo fu il prezzo che, ad un cero punto, mi resi conto che dovevo assumere. Ero interessata ad avere un partner e creare una famiglia; ma non fu possibile perché nell’andare tutto divenne complesso. Il mio rifugio personale è sapere che ho fatto qualcosa di utile e che non solo difesi Cuba; anche difesi il popolo nordamericano. Oggi mi concentro nel resistere ai tentativi di spezzare la mia volontà.”8

Tra tutti coloro che lottano per la libertà di Ana Belen Montes appare il logico ragionamento della insensatezza di una pena a 25 anni in un momento storico in cui entrambi i paesi sembrano andar superando, finalmente, la guerra fredda e lo scontro che ha caratterizzato l’ultimo mezzo secolo .

Pubblicato nell’edizione spagnola di Le Monde Diplomatique, giugno 2016

La última prisionera de la guerra fría

Por Pascual Serrano

Durante su gira por España el pasado mes de abril, el cantautor cubano Silvio Rodríguez sorprendía a su auditorio dedicándole una canción y pidiendo la libertad para una mujer llamada Ana Belén Montes. ¿Quién está detrás de ese nombre que por primera vez oían los espectadores?

El caso de Ana Belén Montes resultará desconocido para la mayoría de personas, sean españolas, estadounidenses o cubanas. Se trata de la prisionera 25037-016 de la cárcel texana del Federal Medical Center, en Fort Worth. Lleva entre rejas desde 2001 y no se prevé que salga hasta julio de 2026, su sentencia es de 25 años de prisión sin posibilidad de reducción. Montes no ha matado a nadie, ni tampoco ha herido, ni ha robado nada de valor económico para enriquecerse. Belén Montes pensaba -y sigue pensando- que la política del gobierno de Estados Unidos “hacia Cuba es cruel e injusta, profundamente inamistosa, me consideré moralmente obligada de ayudar a la isla a defenderse de nuestros esfuerzos de imponer en ella nuestros valores y nuestro sistema político”. Por ello, según sus propias palabras, “me involucré en la actividad que me ha traído ante usted [el juez ]”. Así lo declaró en su alegato en el juicio contra ella el el 16 de octubre de 2002.

Belén era una condecorada analista de la Agencia de Inteligencia de la Defensa (DIA) del gobierno de Estados Unidos que, tras ser arrestada, reconoció que espiaba para el gobierno cubano desde 1984, hacia 17 años. Un año después de empezar a colaborar con Cuba logró incorporarse a trabajar en el principal organismo estadounidense de espías. Primero fue la la analista principal de la DIA sobre El Salvador y Nicaragua, y más tarde fue designada analista política y militar jefe para Cuba. Belén Montes recibió 10 reconocimientos especiales a su labor, incluido un certificado especial entregado por el director de la CIA en 1997. Pero no solo los ojos de Ana Belén estaban en Cuba, como quería el gobierno de Estados Unidos, también estaba su corazón, y por ello consideró que debía defender esa revolución de los hostigamientos y agresiones del país más poderoso del mundo. Belén Montes memorizaba gran parte de la información que manejaba para enviarla de forma cifrada por un aparato de onda corta a los servicios de inteligencia cubanos. Aprendió a fingir ante el detector de mentiras, e incluso logró disimular en un entorno familiar nada fácil: su hermano era agente especial del FBI, su novio era agente de los servicios de inteligencia del Pentágono especializado en Cuba y y su hermana era analista de lengua española del FBI en Miami y, curiosamente, condecorada por su aportación al descubrimiento de espías cubanos.

Las autoridades acusaron a Belén de “comunicar, entregar y trasmitir al gobierno de Cuba y sus representantes, funcionarios y agentes, información relacionada con la defensa nacional de Estados Unidos, con la intención y creencia de que sería usada para perjudicar a Estados Unidos en beneficio de Cuba’’. La investigación judicial determinó que pasó una “considerable cantidad” de información clasificada al gobierno de Cuba, incluyendo las identidades reales de cuatro espías encubiertos e infiltrados en la isla y la ubicación de campos secretos de las fuerzas especiales del ejército de Estados Unidos en su guerra sucia en Centroamérica. Belén Montes no recibió ningún dinero de Cuba por su trabajo. “Obedecí mi conciencia más que obedecer la ley”, afirmó en el juicio. Es curioso, Ana Belén fue detenida pocos días después del 11S. La inteligencia estadounidense se estaba dedicando más a la búsqueda de espías cubanos que a terroristas de Al Qaeda.

En una entrevista en agosto de 2015, Ana Belén afirmaba: “Les digo a los cubanos algo que siempre he pensado y dicho a aquellos con los que compartí mi solidaridad con Cuba. A mí lo que me importa es que la Revolución Cubana exista. Las cuestiones internas de los cubanos es asunto de los cubanos. Incluso no me importa quien esté en el futuro; no es cuestión de nombres. Lo necesario es que haya Revolución Cubana siempre, a partir de la capacidad que se tenga para resolver los problemas. Tienen que cuidar la Revolución. Yo traté de hacerlo”.1

Durante décadas, unas veces directamente desde el gobierno estadounidense y otras con su beneplácito, Cuba ha sufrido todo tipo de agresiones, sabotajes, guerras bacteriológicas, intentos de magnicidio y atentados terroristas con el objetivo de derrocar a un gobierno que no se alineaba con la política del país más poderoso del mundo. Personas de todo el mundo han considerado que Cuba tenía derecho a defenderse, siempre de forma pacífica, y para ello la información era fundamental. Ana Belén fue una de ellas. Ahora se encuentra aislada de toda población penal y civil, en la prisión de la Base Naval de Fort Worth donde están encarceladas más de un millar de mujeres con desequilibrios mentales o de extrema peligrosidad. 

No puede tener ningún tipo de comunicación con el exterior, ni recibir ninguna correspondencia, llamada telefónica, ni literatura. Únicamente la puede visitar su padre y un responsable de la prisión una hora al mes. A pesar de ello, sigue mostrando su entereza: “estoy totalmente aislada. Vivo en condiciones de extrema presión psicológica. No tengo el más mínimo contacto con el mundo, salvo el que idealmente me imagino. Resistiré hasta el final aunque sea difícil”2.

Ana Belén Montes nació en una base del ejército de Estados Unidos en Alemania occidental, en 1957. Es la hija mayor de los puertorriqueños Alberto, médico militar y Emilia. La familia volvió a Estados Unidos y se estableció en Towson, a las afueras de Baltimore. Curiosamente su sensibilidad política contra las atrocidades de su gobierno en diferentes países comenzó en España, durante un programa de intercambio. Eran los años de la efervescencia política de la transición y conoció a un estudiante argentino que le explicó muchas cosas de las que sucedían en el mundo y que eran ignoradas por la juventud estadounidense.

Al acabar la universidad, Ana Belén se mudó durante un breve periodo a Puerto Rico, poco después volvió a Estados Unidos, donde encontró un puesto de mecanógrafa en el Departamento de Justicia, en Washington. Mientras se preparaba un máster en la Escuela de Estudios Internacionales Avanzados de la Universidad Johns Hopkins, fue conociendo las políticas del gobierno Reagan en América Latina y tomando una clara posición en defensa de la revolución cubana y en contra de la política intervencionista de su gobierno en el continente.

Su origen puertorriqueño y la humillación de la Administración estadounidense de sentirse burlada por una mujer que logró alcanzar la mayor confianza de la inteligencia del gobierno ha hecho que sea utilizada como una advertencia a cualquier estadounidense que se sitúe en contra de su gobierno, por muy honorables y éticas que pueda considerar sus razones.

El caso ha sido ignorado públicamente por todos los actores mientras pasaba sus años en prisión. Ni el gobierno cubano -centrado en los cinco agentes de la operación Avispa ahora ya liberados- ni mucho menos el estadounidense o los medios de comunicación han prestado atención a la espía Ana Belén Montes. Sin embargo un movimiento de solidaridad ha comenzado a gestarse desde diferentes puntos. Comenzó con la creación del Comité por un Trato más Humanos para Ana Belén Montes primero y posteriormente el Comité pro liberación de Ana Belén Montes dirigido por el académico y exdiplomático Néstor García Iturbe, un especialista que ha impartido clases en el Instituto Superior de Relaciones Internacionales Raúl Roa García, en La Habana.

También en este movimiento de solidaridad se encuentra el profesor del Seminario Evangélico de Matanzas, Douglas Calvo.34

“Si está llegando el tiempo de pasar página entre Cuba y Estados Unidos, hay que pasarla del todo, y eso incluye a Ana Belén Montes”, dijo Douglas Calvo, profesor del Seminario Evangélico de Teología de Matanzas. Los activistas han enviado varias cartas al presidente Obama pidiendo su indulto o mejoras de las condiciones carcelarias.

“¿Por qué no indultar a una mujer que luchó, básicamente, ayudando con sus informes a evitar una indeseable confrontación bélica donde hubieran caído muchísimos cubanos y también habrían muerto muchos jóvenes estadounidenses?”, opina Calvo.

En una entrevista para el diario Público, Douglas Calvo denunciaba que en la prisión donde se encuentra Belén Montes “incluso supuestamente se han suicidado enfermos que estaban en estado de coma. Las condiciones de reclusión son tan duras que Lucy, su hermana, miembro del FBI, aseguró que Ana Belén vive en un infierno”.

Calvo asegura que el Papa Francisco podría intervenir ante el presidente Obama. “Ahora que ya se demostró que sus informes para la DIA eran ciertos, que no estábamos fabricando armas de destrucción masiva en biotecnología, ya no hay razón para que Ana Belén Montes siga en prisión”. Mantenerla así “es perpetuar la guerra fría en un individuo, es pura venganza”, añade5.

Además se han constituido otros comités en México, Estados Unidos, Canadá y Francia, a los que se suman muchos de los que participaron en la campaña que culminó con la liberación de los cinco agentes cubanos. En uno de los diferentes manifiestos y escritos dirigidos al gobierno de Estados Unidos y a su presidente, el abogado José Pertierra afirma: “Es muy triste que siga presa… Lo ideal sería que la liberaran y la envíen a Cuba, porque lo que hizo no fue por dinero, sino porque ella consideraba como injusto el bloqueo por parte del país más poderoso del planeta. Creo que EEUU debe perdonar y soltarla”.

El cantautor Silvio Rodríguez ya puso en su blog Segunda Cita en 2011 la declaración de Ana Belén Montes en la corte Federal de Estados Unidos6.

Ahora le ha dedicado una canción en sus conciertos por España y escribió en su blog: “Se llama Ana Belén Montes y fue alto oficial de los servicios secretos estadounidenses. Cuando sabía que le iban a hacer algo malo a Cuba nos pasaba la información. Por eso está cumpliendo una condena de décadas y hace unos años puse aquí como entrada su alegato de autodefensa. Ana Belén Montes. Mucho mal no nos pasó por su culpa. Libertad para ella”. 7

Aunque algunos señalan que el gobierno cubano está detrás de este movimiento de solidaridad, pero la verdad es que ningún medio estatal cubano ha informado del asunto ni el Ministerio de Relaciones Exteriores de Cuba ni ningún alto cargo de la Administración se han pronunciado.

Tras quince años entre rejas, Ana Belén sigue firme en los motivos que le llevaron a su comportamiento: “No me gusta nada estar en prisión, pero hay ciertas cosas en la vida por las que merece la pena ir a la cárcel”, escribe Montes en una carta de 14 páginas a un familiar.

El pasado año volvió a insistir en sus principios: “Si me arrepiento me niego a mí misma y me sentiría insatisfecha. No está en el marco de mi lógica. Siempre supe las consecuencias posibles de lo que hacía. Era un riesgo que tenía que correr. El estar recluida en prisión es algo que he ido aprendiendo gradualmente a soportar, pero en mi fuero interno estoy tranquila. Hice lo que tenía que hacer. ¿Arrepentimiento? En estos años nunca me he arrepentido.(…) No tengo hijos ni esposo. Creo que ese fue el precio que a partir de un momento me di cuenta que tenía que asumir. Me interesó tener un compañero y formar una familia; pero no fue posible porque en la marcha todo se tornó complejo. Mi refugio personal es saber que hice algo útil y que no solo defendí a Cuba; también defendía al pueblo norteamericano. Hoy me concentro en resistir ante los intentos de quebrar mi voluntad”8.

Entre todos los que luchan por la libertad de Ana Belén Montes aparece el lógico razonamiento del sinsentido de una condena de 25 años en un momento histórico en que ambos países parecen ir superando por fin la guerra fría y el enfrentamiento que ha caracterizado el último medio siglo.

Publicado en la edición española de Le Monde Diplomatique de junio de 2016

1“El caso de la alemana-norteamericana Ana Belén Montes”. Resumen latinoamericano. 30-8-2015.

http://www.resumenlatinoamericano.org/2015/08/31/el-caso-de-la-alemana-norteamericana-ana-belen-montes/

2“El caso de la alemana-norteamericana Ana Belén Montes”. Resumen latinoamericano. 30-8-2015. http://www.resumenlatinoamericano.org/2015/08/31/el-caso-de-la-alemana-norteamericana-ana-belen-montes/

3“Comité cubano pide a Obama que indulte a la espía Ana Belén Montes”. El Nuevo Herald. 18-10-2015 http://www.elnuevoherald.com/noticias/mundo/america-latina/cuba-es/article39667665.html

4Calvo Gainza, Douglas. “Los campañistas por Ana Belén Montes en Miami y sus mentiras sobre la Iglesia Evangélica Cubana”. Rebelión, 26-4-2016 http://www.rebelion.org/noticia.php?id=211626

5Ravsberg, Fernando. “Negociaciones para liberar a la agente que espió para Cuba en el Pentágono. Público, 26-10-2015 http://www.publico.es/internacional/negociaciones-liberacion-agente-cuba-espia.html

6Declaración de Ana Belén Montes en la corte Federal. Segunda Cita, 5-10-2011

http://segundacita.blogspot.com.es/2011/10/declaracion-de-ana-belen-montes-en-la.html

8“El caso de la alemana-norteamericana Ana Belén Montes”. Resumen latinoamericano. 30-8-2015. http://www.resumenlatinoamericano.org/2015/08/31/el-caso-de-la-alemana-norteamericana-ana-belen-montes/

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