Ma per Almagro il nemico resta il Venezuela
di Geraldina Colotti* – Il Manifesto
Da oggi e fino al 22 marzo, i decreti migratori di Trump e le posizioni della nuova amministrazione in tema di ambiente saranno oggetto di discussione nella Commissione interamericana dei diritti umani (CIDU), principale strumento dell’OSA. Una novità per l’organismo basato a Washington. Una sollecitazione rivolta da diversi blocchi regionali, a partire dalla Comunità degli Stati latinoamericani e Caraibici (Celac, che comprende tutti gli stati americani tranne Usa e Canada), e reiterata in questi giorni da un gruppo di parlamentari cileni.
I deputati hanno chiesto al Segretario dell’OSA, Luis Almagro, di attivare contro il governo Trump la Carta democratica interamericana (Cdi) e hanno sollecitato l’espulsione degli Stati uniti dal blocco per «discriminazione»: perché le deportazioni di Trump colpiscono cittadini di paesi musulmani. Manuel Lopez Obrador, leader messicano del partito Morena, ex candidato di sinistra alle presidenzia, si è recato di persona alla Cidu per denunciare Trump e la sua politica del muro alla frontiera col Messico. Alla costruzione del muro di Trump si stanno candidando diverse imprese. Una delle più quotate è la franco-svizzera Lafarge Holcim Ltd (la quinta al mondo). Una delle sue filiali ha ammesso di aver finanziato gruppi armati affini al Califfato in Siria tra il 2012 e il 2014, «per poter operare nel nord del paese».
La Cidu discuterà anche delle politiche migratorie in Argentina, affini a quelle di Trump, della scomparsa dei 43 studenti normalistas messicani (2014), delle torture nelle carceri brasiliane e delle preoccupanti uccisioni dei difensori dei diritti umani, soprattutto ambientalisti. Un tema particolarmente visibile in Colombia, dove le organizzazioni della società civile hanno denunciato alla Cidu «il persistere dell’impunità». In tutto, 40 udienze, cinque sulla situazione in Honduras, Panama, Colombia, Guatemala e un’ultima generale per tutta l’America. Tra le novità, il monitoraggio sui diritti delle lavoratrici sessuali nella regione e sulla situazione delle persone intersessuali, meno visibili nel gruppo Lgbti (lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e intersessuali).
Al centro, la nuova richiesta di Almagro di applicare la Cdi al Venezuela di Nicolas Maduro. Già alla fine di maggio 2016, Almagro aveva cercato di far sanzionare «con procedura d’urgenza» Caracas per una presunta «rottura dell’ordine istituzionale». Un’operazione respitanta dal Consiglio permanente dell’Osa (con la sola eccezione del Paraguay): per appoggiare il dialogo in corso tra Maduro e l’opposizione, sotto l’egida dell’Unasur e del Vaticano. Ma ora, un gruppo di organizzazioni affini agli Usa e all’opposizione venezuelana, forti dell’appoggio di Trump, è tornato all’attacco con Almagro: nonostante i principi dell’Osa prescrivano la non ingerenza negli affari interni degli stati. La Cdi è stata approvata nel 2001 «per una difesa attiva della democrazia rappresentativa». Da allora e fino all’anno scorso, il capitolo IV che riguarda la tutela «delle istituzioni democratiche» è stato invocato 10 volte. In due casi (durante il golpe contro Chavez in Venezuela nel 2002 e dopo quello in Honduras contro Zelaya) l’Osa è intervenuta contro «la grave alterazione dell’ordine democratico».
In questo caso, nell’ambito dei mutati rapporti a favore delle destre in America latina, l’attacco è pretestuoso e politico, come dimostra l’assenza dell’Osa dopo il golpe istituzionale contro Rousseff in Brasile. Contro la parzialità di Almagro, si stanno levando molte voci che ne chiedono la destituzione.