Nella lotta contro l’oppressione non ci sono vittorie né sconfitte assolute
* Belen Gopegui https://lapupilainsomne.wordpress.com
Ciò che Fidel ha fatto ed è stato voi lo sapete, lo racconteranno i popoli, andrà di voce in voce, e sarà come se parlassero le onde del mare, da costa a costa, da sud a nord, da est ad ovest.
Mi hanno chiesto che parli di Fidel e della rivoluzione ed è strano perché qui, in Europa, che ce facciamo di una rivoluzione?
Senso del momento storico o cambiare tutto ciò che deve essere cambiato, come diceva Fidel? Mai mentire né violare principi etici?
Quando mai! Qui in Europa non ne abbiamo bisogno. Ma soprattutto non siamo stati così ingenui da volere uomini e donne nuovi. E non abbiamo mai pensato, come pensava Fidel, che costruendo un ambito che permettesse alle persone di sviluppare le proprie capacità potevano scaturirne comportamenti differenti.
Qui, in Europa, abbiamo già l’uomo vecchio, che in genere è maschio, con qualche eccezione, capitalista, docile e simpatico. Talmente simpatico che quando il suo parlamento approva una legge per poterlo licenziare dal lavoro, anche se è in cassa integrazione, malato, l’uomo capitalista abbassa la testa e accetta.
E quando il suo paese si arricchisce con i bombardamenti e la distruzione di altri paesi, per di più vendendo armi, l’uomo europeo si manifesta fra le sette e le otto e mezza, parla, scrive un paio di twits o di articoli. E sa, perché lo sa, che tanto è lo stesso: le bombe continueranno a cadere, le armi continueranno ad essere vendute. Quanto gli piacciono le parole impotenti al vecchio uomo europeo!
Fidel pensava che la rivoluzione consistesse proprio nell’abbreviare il percorso che va dalle parole alle cose. Nel fatto che le differenti generazioni si impegnassero ad alfabetizzare la popolazione, o a costruire un paese che se ha utilizzato il suo potere militare lo ha fatto per abbattere l’apartheid, mentre l’uomo vecchio europeo si arricchiva sul sofà, guardando da un’altra parte. Coloro che assicurano che queste sono imprese antiche, arcinote, dimenticano di non averle mai praticate.
Il benessere dell’uomo vecchio europeo, con le sue strade, i suoi grandi edifici, si è costruito su denaro derivante dal sudore e dai cadaveri di altri popoli. Per questo adesso che l’Europa non può più sfruttare tanto le sue antiche colonie, l’uomo europeo è spaventato, è diventato –così dicono- populista, grida, protesta perché il benessere di cui godeva non l’aveva costruito lui e ora sta franando.
Invece, per Fidel, rivoluzione vuol dire emanciparsi con le proprie forze. In questo modo Cuba è riuscita a vivere con un alto indice di sviluppo umano il cui costo non dipende dall’altrui sudore.
Chi dice che tutto questo è successo nel passato, dimentica che oggi ci sono milioni di persone formate a Cuba grazie alla rivoluzione, che potendo scommettere su un progetto di successo personale, di lotteria capitalista, di ascesa privata a costo della caduta di molti, scelgono di continuare a lavorare, nonostante le difficoltà, su un progetto di giustizia.
E’ vero che alcuni abbandonano e che altri hanno dovuto abbandonare. In una rivoluzione ci sono problemi che non arrivano solo da fuori, lo ha detto anche Fidel. Chi non fa mai del male, chi non si sbaglia?
Ed è difficile non sbagliare quando il capitalismo preme per entrare a Cuba e dire al mondo: “Vedete che la rivoluzione non è altro che un sogno? Basta con la sovranità e con il vivere senza avere un prezzo. Basta col farsi sostenere quando cadi, farsi curare e nutrire quando non hai denaro”.
Cuba non è un paese del primo mondo anche se in alcune cose lo sembra, e anche se alcuni opinionisti imbrogliano trattando Cuba come se fosse la Svezia. Nonostante gli alti livelli raggiunti, non ha ancora potuto sviluppare tutta la sua capacità e a Cuba, ovviamente, ci sono carenze. Pure questo lo ha detto Fidel: il sottosviluppo non è una fase dello sviluppo. Sono i paesi sviluppati ad aver bisogno del sottosviluppo.
Hanno bisogno di credere, e di farci credere, che la rivoluzione è stata solo un sogno. Non sarà facile. Ci provano continuamente. Contano sull’aiuto dell’uomo simpatico europeo che dice: povera rivoluzione, che noia passare tanti anni a sopportare, a resistere.
Ma ormai è ora che qualcuno chieda a quest’uomo vecchio: perché la rivoluzione deve resistere e non le è permesso semplicemente di essere? Qual è la responsabilità dell’uomo capitalista in tutto ciò? Perché l’uomo europeo, con le sue grandi istituzioni e le sue grandi parole e la sua democrazia così illuminata e le sue penne così affilate non ha ottenuto che una risoluzione approvata dalle Nazioni Unite anno dopo anno da 191 paesi venisse applicata sia pure per un solo giorno? Non viviamo forse in un dolce mondo globalizzato –dicono- dove l’imperialismo non esiste più? Perché l’uomo vecchio europeo ha consentito che Cuba fosse assediata per il preteso delitto di aver scelto un cammino differente? Che libertà europee o statunitensi sono queste che non permettono di essere rivoluzionari?
Nella lotta contro l’oppressione non ci sono vittorie né sconfitte assolute: c’è una relazione di tensione costante e ci sarà da chiedersi quanta forza ci hanno messo Cuba e Fidel, quanta ce ne stanno mettendo e quanta ce ne abbiamo messa o ce ne metteremo noi.
Hasta siempre Comandante. Hasta siempre, Fidel.
* Parole alla cerimonia di omaggio a Fidel, Madrid 26 marzo 2017.
En la lucha contra la opresión no hay victorias ni derrotas absolutas
* Por Belén Gopegui
Lo que Fidel ha hecho y ha sido ustedes lo saben, lo contarán los pueblos, irá de voz en voz, y será como si hablaran las olas del mar, de costa a costa, de Sur a Norte, de Este a Oeste.
Me han pedido que hable de Fidel y la revolución y es extraño porque aquí, en Europa, ¿para qué queremos una revolución?
¿Sentido del momento histórico, o cambiar todo lo que debe ser cambiado, como decía Fidel? ¿No mentir jamás ni violar principios éticos?
Qué va, aquí en Europa no lo necesitamos. Y, desde luego, no hemos caído en esa ingenuidad de querer hombres y mujeres nuevos. Ni hemos pensado, como pensó Fidel, que construyendo un entorno que permitiera a las personas desarrollar sus capacidades podrían surgir comportamientos diferentes.
Aquí, en Europa, ya tenemos al hombre viejo, suele ser varón, con excepciones, capitalista, dócil y simpático. Tan simpático que cuando su Parlamento aprueba una ley para que le puedan despedir del trabajo incluso estando de baja, enfermo, el hombre capitalista agacha la cabeza y lo acepta.
Y cuando su país se enriquece con el bombardeo y destrucción de otros países y además vendiendo armas, el hombre europeo se manifiesta de siete a ocho y media, habla, escribe un par de tuits o de columnas. Y sabe, porque lo sabe, que da completamente igual: las bombas seguirán cayendo, las armas se seguirán vendiendo. Cómo le gustan las palabras impotentes al hombre viejo europeo.
Fidel pensaba que la revolución consiste, precisamente, en acortar el trayecto que va de las palabras a las cosas. En que las diferentes generaciones, por ejemplo, se vuelquen en alfabetizar a la población, o construyan un país que si utilizó su poder militar fue para derrocar el apartheid, mientras el hombre viejo europeo se enriquecía en el sofá, mirando hacia otro lado. Quienes aseguran que estas son gestas antiguas, ya sabidas, olvidan que ellos nunca las hicieron.
El bienestar del hombre viejo europeo, con sus calles, sus grandes edificios, se hizo con dinero procedente del sudor y los cadáveres de otros pueblos. Por eso ahora, cuando Europa ya no puede explotar tanto a sus antiguas colonias, el hombre europeo está como asustado, se ha vuelto, dicen, populista, grita, protesta, porque el bienestar de que gozaba no lo había construido él, y se está desmoronando.
Para Fidel, en cambio, revolución es emanciparse con el propio esfuerzo. Y es así como Cuba ha llegado a vivir con un alto índice de desarrollo humano cuyo coste no recae sobre el sudor ajeno.
Quienes dicen que esto sucedió en el pasado, olvidan que hoy hay millones de personas formadas en Cuba gracias a la revolución, que aún pudiendo apostar por un proyecto de triunfo personal, de lotería capitalista, de ascenso privado a costa del descenso de muchos, eligen seguir trabajando, a pesar de las dificultades, en un proyecto de justicia.
Es verdad que algunas abandonan y que otras han necesitado partir. En una revolución hay problemas que no sólo vienen de fuera, esto también lo dijo Fidel. ¿Quién no hace algo mal, quién no se equivoca?
Y es más difícil no equivocarse cuando el capitalismo presiona para entrar en Cuba y decir al mundo: “¿Veís como la revolución sólo fue un sueño? Se acabó la soberanía y el vivir sin tener precio. Se acabó que te sostengan cuando caigas, que te curen y alimenten cuando no tengas dinero”.
Cuba no es un país del primer mundo aunque en algunas cosas lo parezca, y aunque algunos opinadores hagan trampa jugando a tratar a Cuba como si fuera Suecia. Pese a los altos índices alcanzados, aún no ha podido desarrollar toda su capacidad y en Cuba hay, desde luego, carencias. Esto también lo contó Fidel: el subdesarrollo no es una fase del desarrollo. Son los países desarrollados los que necesitan el subdesarrollo.
Y necesitan creer y que creamos que la revolución sólo fue un sueño. No les va a ser fácil. Lo intentan cada día. Para ello cuentan con la ayuda del hombre simpático europeo, que va diciendo: pobre revolución, qué aburrido es pasarse tantos años dedicada a aguantar, a resistir.
Pero ya es hora de que alguien le pregunte a ese hombre viejo ¿por qué la revolución tiene que resistir y no se le permite, simplemente, ser? ¿Qué responsabilidad le incumbe al hombre capitalista en ello? ¿Por qué el hombre europeo con sus grandes instituciones y sus grandes palabras y su democracia tan ilustrada y sus plumas tan afiladas no ha logrado que una resolución aprobada en la ONU, año tras año, por 191 países se aplique siquiera durante un solo día? ¿Acaso no vivimos en un dulce mundo globalizado, dicen, donde el imperialismo ya no existe? ¿Cómo es que el hombre viejo europeo ha consentido que se acose a Cuba por el supuesto delito de haber escogido un camino diferente? ¿Qué libertades europeas y estadounidenses son esas que no permiten elegir ser revolucionario?
En la lucha contra la opresión no hay victorias ni derrotas absolutas: lo que hay es una relación de tensión constante y habrá que preguntarse cuánta fuerza han puesto Fidel y Cuba, cuánta están poniendo, y cuánta hemos puesto y vamos a poner nosotras y nosotros.
Hasta siempre, comandante. Hasta siempre, Fidel.
*Palabras en el acto de homenaje a Fidel, Madrid 26 de marzo de 2017.