Geraldina Colotti* – il Manifesto
Prove di golpe, in Venezuela: non quello che, per i media mainstream, starebbe tentando Maduro con la proposta di Assemblea Costituente, ma quello reale, orchestrato dalle destre. L’attacco è forte nello Stato Tachira e in quello di Carabobo.
Pazienti e lavoratori dell’ospedale materno infantile sono stati tenuti per ore sotto assedio, numerose strutture pubbliche sono state distrutte dalla furia dei “guarimberos” che, alla frontiera con la Colombia, sono inquadrati da paramilitari e debitamente foraggiati dal loro padrino storico, Alvaro Uribe.
Il suo partito Centro Democratico, l’altro ieri ha avuto l’appoggio di 60 senatori alla denuncia presentata contro il presidente venezuelano Nicolas Maduro che vorrebbe portarlo a processo davanti alla Corte Penale Internazionale (Cpi) per “crimini internazionali” quali omicidio, tortura e genocidio. Delitti che Uribe conosce bene, per averli praticati per decenni nel suo paese.
Durante la seduta del Senato, è intervenuta anche la ministra degli Esteri Maria Angela Holguin per ribadire che l’ambasciatore colombiano non tornerà a Caracas, e per chiedere alla UNASUR (organismo preposto al dialogo tra Maduro e opposizione insieme al papa Bergoglio) di “prendere una posizione sul Venezuela”.
La posizione del Segretario generale dell’OSA, Luis Almagro, portavoce delle destre venezuelane e cagnolino da cruscotto degli USA. Per Almagro, che ha fissato una nuova riunione dell’organismo per il 31 maggio, Maduro e il ministro della Difesa, Vladimir Padrino Lopez, sono colpevoli di “crimini contro l’umanità”.
Per i militari morti sotto il fuoco dei “guarimberos”, per i lavoratori uccisi dalle trappole tese per strada, per i femminicidi politici, gli omicidi mirati e gli attacchi ai diritti essenziali delle persone che non possono recarsi al lavoro, a scuola o negli ospedali, neanche una parola. Che siano uno stato fallito come il Messico o un guerrafondaio inveterato come Uribe a dar lezioni di democrazia e diritti umani, dovrebbe far riflettere.
All’ONU, invece, non è passato il tentativo degli Usa di mettere sotto accusa il Venezuela, che ha passato da poco “l’esame” sui diritti umani. “Gli Usa vogliono destabilizzare il Venezuela, finanziando l’opposizione”, ha detto l’ambasciatore di Caracas all’ONU, Rafael Ramirez. Il bilancio fiscale degli Stati uniti rivela che per “difendere le pratiche democratiche, istituzioni e valori che appoggiano i diritti umani”, gruppi e ong di opposizione (e giornalisti) hanno ricevuto 5,5 milioni di dollari nel 2017.
Cifre che risultano alla pagina 96 del rapporto sul bilancio degl Congresso, Dipartimento di Stato, Operazioni straniere e Programmi annessi degli Stati uniti. Finanziamenti essenziali per acquistare e distribuire armi e il costosissimo equipaggiamento dei “guarimberos”. Per attrezzare un “pacifico manifestante” serve una cifra pari a oltre 20 salari operai.
Il rapporto indica che le risorse USA mirano a coinvolgere “gruppi nel processo democratico” in Venezuela. Ove per “democrazia” s’intende, ovviamente, il modello messicano e colombiano e quello del Fondo monetario internazionale. Nell’ultimo mese di manifestazioni – che cominciano in modo pacifico e si trasformano in attacchi armati, secondo il modello delle “rivoluzioni colorate” – sono morte 42 persone e 900 sono rimaste ferite. Come i media alternativi e anche la Reuters hanno potuto documentare, l’obiettivo è quello di provocare morti, caos e distruzione per accusare il governo Maduro di essere una “dittatura”. Molti dollari vengono spesi per i viaggi all’estero dei deputati delle destre, che gridano ai quattro venti che il loro paese è “in crisi umanitaria”, ma spendono nel lusso e nelle fake news i soldi che ricevono.
Molto denaro viene inoltre impiegato per le violente campagne contro le diplomazie all’estero e contro chi dissente dal racconto dominante. Anche il manifesto viene quotidianamente attaccato, con insulti personali e minacce. Tra il 2013 e il 2014 sono entrati in Venezuela oltre 14 milioni di dollari provenienti dagli Usa per finanziare le organizzazioni eversive, le ong “umanitarie” e i giornalisti occidentali. Nel 2014, in oltre tre mesi di “guarimbas” sono morte 43 persone e oltre 800 sono rimaste ferite. Né le vittime, né i loro parenti hanno però trovato ascolto presso le organizzazioni umanitarie occidentali.
Già nel 2009, in base a documenti declassificati del Dipartimento di Stato, l’avvocata statunitense Eva Golinger calcolava che il finanziamento del Fondo Nacionale per la Democrazia (Ned) ai gruppi eversivi venezuelani ammontava a 6,4 milioni di dollari. I documenti di Wikileaks hanno rivelato un rapporto del consigliere politico dell’ambasciata USA a Caracas, Robert Downes, denominato “Cinque punti strategici della squadra di appoggio programmatico dell’Agenzia degli Stati uniti per lo Sviluppo Internazionali (USAID)”.
Punti strategici riferiti al periodo 2004-2006 relativi al “rafforzamento delle istituzioni democratiche”: attraverso l’infiltrazione della base del chavismo per dividere questa forza politica, proteggere gli interessi vitali degli Stati uniti e isolare a livello internazionale l’allora presidente Chavez. Un proposito rinnovato ora da Trump.
L’ultima convocazione dell’opposizione a manifestare – el Planton – lunedì notte ha preso di mira i magazzini e i mezzi per il rifornimento degli alimenti e la distribuzione del combustibile. Solo la prontezza di riflessi del conduttore di un’autocisterna, presa d’assalto dalle molotov dei guarimberos ha impedito che l’esplosione finisse in tragedia.
Il ministro per gli Interni, Giustizia e Pace, Nestor Reverol ha fornito un bilancio delle ultime proteste. Nel municipio Chacao (Stato Miranda, governato dall’opposizione – uno dei quartieri agiati in cui si sviluppano le violenze –) sono stati arrestati quattro individui, uno dei quali minorenne: stavano taglieggiando i passanti a uno dei blocchi stradali con barricate di chiodi, detriti e fil di ferro per far cadere i passanti.
Nello Stato Carabobo, nel centro del paese (altro focolaio delle violenze) due poliziotti locali sono stati attaccati da cecchini durante atti di vandalismo e sono stati feriti gravemente da un colpo di pistola in testa e alle gambe. Nell’isola Margarita (Stato Nueva Esparta), 300 manifestanti hanno dato luogo a una protesta violenta, capitanata dalla deputata di opposizione Yanet Fermín. Hanno cercato di incendiare un camion della Guardia Nacional Bolivariana (Gnb), destinato al trasporto e al rifornimento. Tra gli arrestati, diversi minorenni.
Qualche giorno fa, alcune organizzazioni della società civile e media comunitari avevano mostrato come le destre contrattino minorenni giovanissimi offrendo loro molto denaro. Nello Stato Tachira, durante un attacco a un commissariato di polizia, è morto un manifestante in circostanze ancora da chiarire. Ha perso la vita anche un militante del Psuv, incaricato dei Comitati di rifornimento e produzione (Clap), ucciso da un colpo alla testa.
Nel Merida, gli oltranzisti hanno tolto la vita a un artigiano sessantenne, e per questo due persone sono state arrestate. Reverol ha rivolto “un ringraziamento infinito” alla Polizia bolivariana, che affronta quotidianamente “le azioni terroriste della destra”.
E il generale Padrino Lopez, ministro della Difesa e capo delle Forze armate, ha ribadito la lealtà dei militari al presidente Maduro e alla Costituzione bolivariana, rinnovando l’impegno garantista dell’”unione civico-militare” vigente in Venezuela.
Intanto, Maduro ha prorogato lo stato d’emergenza economica per altri due mesi. Una misura costituzionale che, in circostanze straordinarie, consente al presidente di predere misure “di ordine sociale, economico, politico e giuridico conformi”.
Ma l’emergenza principale è quella golpista. Padrino Lopez ha attivato un piano d’urgenza e ha inviato un grosso contingente di truppe alla frontiera. Il fulcro della sovversione è ora nel Tachira.
Ieri sera, in una conferenza stampa, dopo aver incontrato il presidente colombiano Manuel Santos alla Casa Bianca, Trump ha detto che lavorerà con la Colombia e gli altri paesi della regione per riportare “la stabilità e la democrazia” in Venezuela, perché “la crisi politica e economica in Venezuela è una vergogna per l’umanità” che non si vedeva “da decenni”.
Maduro ha invece avuto una conversazione telefonica con il suo omologo russo Vladimir Putin per parlare di questioni petrolifere. Mosca – ha fatto poi sapere il ministero degli Esteri russo – è “disposta a partecipare alla normalizzazione dei processi interni del Venezuela e a offrire la cooperazione richiesta”.