Graziella Pogolotti *
I visitatori accorrono al monumento che conserva i suoi resti. La sua immagine percorre il mondo. È leggenda e paradigma. La sua figura è illuminata dall’azione eroica, dal sacrificio senza limiti, dalla coerenza tra l’azione e la parola.
Oltrepassa le frontiere perché, in tempi difficili, l’umanità ha bisogno di sognare un mondo migliore, retto da principi di giustizia, infranti gli abissi tra i potenti e gli altri (una grande maggioranza) privi di tutto, anche della speranza.
La forza dell’immagine è tanta che lascia nell’ombra il suo contributo allo sviluppo di un pensiero critico e creativo, meritevole di una rilettura iscritta nei problemi dell’attualità.
Fidel aveva fatto appello al suo aiuto nel 1986 in occasione del processo di rettifica degli errori e delle tendenze negative. Ma la sfida imposta dalle conseguenze del crollo del campo socialista e la necessità di concertare gli sforzi nella battaglia per la sopravvivenza hanno lasciato poco spazio per i dibattiti di ordine concettuale.
Tuttavia, le idee del Che si erano forgiate in uno stretto dialogo tra teoria e pratica. Il suo lungo peregrinare giovanile per l’America Latina era molto distante dal comodo modo di viaggiare di un turista.
Effettuato in condizioni precarie, gli ha imposto la vicinanza con i più deboli.
Sono state esperienze condivise nella loro complessa realtà contraddittoria, un apprendistato di vita, ancora alieno a generalizzazioni libresche più astratte. Ha sofferto in Guatemala l’impatto dell’aggressione imperiale contro un Governo che aveva tentato cambiamenti di carattere più riformista che radicale. Le sue letture di allora hanno incominciato a nutrire la base di un corpo di idee.
Nel corso di meno di un decennio, il suo tempo cubano ha reso simultanei apprendimento e creazione. Per Governare con una prospettiva di trasformazione, bisognava sapere.
Ha studiato economia e matematica. Ha svolto un’importante attività internazionale. Ha viaggiato con la mentalità di ricercatore attento e critico, senza lasciarsi accecare dagli scambi protocollari.
Ha trovato spaccature pericolose nei processi della costruzione socialista europea che sono stati espressi nei suoi appunti di economia politica e lo hanno condotto a formulare alcune delle sue idee centrali. La gestione delle cifre del piano produceva una mancata corrispondenza tra l’applicazione di stimoli per super-rendimento e il rendimento reale.
L’enfasi sullo stimolo materiale non trovava contropartita nella formazione della coscienza. Indeboliva il ruolo dell’individuo in quanto partecipante attivo del processo di trasformazione.
Non si è disinteressato di una chiara percezione dei problemi concreti della realtà, né delle debolezze che attraversa la specie umana, segnata da un lungo condizionamento storico.
Come Ministro delle Industrie, ha dovuto affrontare problemi della più diversa natura, ereditata da un mondo eterogeneo integrato dall’avanzata tecnologica della produzione di nichel paralizzata da chi l’ha abbandonata senza lasciare traccia del funzionamento della sua struttura.
Si è fatto carico della tradizione dello zucchero. Allo stesso tempo, ha dovuto integrare piccoli laboratori poco redditizi che costituivano, tuttavia, una fonte di lavoro in un periodo di elevata disoccupazione. Ha intrapreso il compito immane nel mezzo dell’emigrazione del personale esperto.
Ha fondato allora una scuola per la preparazione di amministratori al fine di formare in sostanza coloro che avevano allora un basso livello di scolarizzazione. Contemporaneamente, guardando al futuro, ha aperto un dipartimento di psicologia al fine di valutare scientificamente i tratti della personalità di coloro che avrebbero dovuto rilanciare il settore.
Non ha trascurato nemmeno lo spazio che riguardava la progettazione per lo sviluppo di un’industria nazionale. Partendo dal sottosviluppo gettava le fondamenta per la costruzione di una svolta verso la modernità.
Le tecniche e le procedure perfezionate dal capitalismo non sono da scartare, a patto che si convochino al servizio della costruzione di un modello emancipatore. Con l’occhio rivolto alle trasformazioni dell’emergenza quotidiana, la sfida esigeva una sistematica consacrazione allo studio rigoroso di materiali teorici.
Nelle prime ore della mattina, il Ministro offriva l’esempio personale e coinvolgeva nell’impegno i suoi collaboratori. Ha attribuito particolare importanza alla ricerca scientifica.
Ha fondato un’istituzione dedicata a esplorare le possibilità di sviluppo dei derivati dell’industria dello zucchero al fine di soddisfare la domanda nazionale e di liberarci dalla dipendenza della produzione di una materia prima a basso valore aggiunto e soggetto alla volatilità sempre pericolosa dei mercati.
Il lavoro educativo del Che non si è limitato a dare la priorità al miglioramento costante del livello intellettuale, necessario ma non sufficiente per fare dell’uomo la leva di propulsione dei cambiamenti. La cosa fondamentale stava nell’ambito dei valori supportati da un impegno totale con un’etica incrollabile.
Per non soccombere, bisognava crescere nell’impalpabile zona dello spirituale. Nel lavoro con i quadri, nelle visite alle fabbriche, diffidando delle lusinghe e degli intrighi di palazzo frequenti nell’ambiente del potere, ha approfondito la ricerca della verità, ha cercato l’informazione corretta e ha trasformato in regola l’esercizio della critica.
Ha messo una barriera ai germi della corruzione e alla compiacenza con impegni stabiliti in circoli di amicizia.
Quando il neoliberismo espande la sua dottrina economicistica, mina la solidarietà tra gli uomini e amplia i divari sociali, la figura del Che si riafferma come simbolo e appello alla resistenza.
Ammirevole nel suo eroismo, lo è anche per il suo contributo all’arricchimento del pensiero socialista, per il suo esempio di educatore e per la sua vicinanza alle masse.
Quando i media seducono e manipolano l’immaginario collettivo, la volontà del Che di costruire un individuo per la rivoluzione mediante la rivendicazione di valori morali impegna a una necessaria continuità, perché vincolata all’etica, la politica recupera la sua fonte di nutrimento.
*Illustre intellettuale cubana
(Preso dal periodico Juventud Rebelde)
Traduzione: Redazione di El Moncada