di Geraldina Colotti* – il Manifesto
Tarek Fahmy, direttore dell’ufficio incaricato di incrementare la politica di sanzioni del Dipartimento di Stato, ha dichiarato che il governo USA ha in programma una serie di riunioni con i paesi europei per far sì che la UE (che finora ha emesso solo risoluzioni di condanna) si unisca a un nuovo programma punitivo nei confronti del Venezuela:
«Se le sanzioni vengono appoggiate da altri paesi, sono più efficaci», ha detto a Madrid il funzionario. Il Nuevo Herald ha anticipato che, dopo il vicepresidente venezuelano Tareck El Aissami, il presidente del Tribunal Supremo de Justicia (Tsj), Maikel Moreno, e vari altri magistrati della Corte suprema, ora nel mirino di Washington vi sarebbero il vicepresidente del Psuv Diosdado Cabello e il ministro della Difesa Vladimir Padrino Lopez. E il ruolo della Spagna è prioritario.
Ma le cose potrebbero spingersi anche oltre, se va in porto la denuncia avanzata da un gruppo di deputati argentini che intendono portare «il dittatore» Nicolas Maduro alla Corte penale internazionale per «violazioni dei diritti umani», fidando nell’appoggio di altri paesi neoliberisti dell’America latina. Gli Usa hanno anche incluso Caracas, per il terzo anno consecutivo, nella lista dei paesi che «non fanno abbastanza per combattere la tratta di esseri umani». Il governo bolivariano ha respinto «la pratica unilaterale» di pubblicare «rapporti» valutativi su paesi sovrani e ha fornito i suoi dati.
Intanto, in Venezuela, il «dittatore» Maduro ha aumentato per decreto salari e pensioni del 50%, aggiungendo un buono alimentare a tutela dei settori più vulnerabili. È il terzo aumento dall’inizio dell’anno, che rincorre l’aumento stratosferico dei prezzi. I commercianti, infatti, si basano sul dollaro parallelo che perverte l’economia con le valutazioni del sito Dolar Today: «La speculazione è l’arma principale della guerra economica – ha detto il presidente – per questo la mia risposta è quella di proteggere l’occupazione, proteggere il potere d’acquisto fino all’arrivo della Costituente (il 30 luglio, ndr)», quando il paese avrà la possibilità di varare una legge «per regolare i prezzi, punire severamente gli speculatori e dare una svolta all’economia». Non che le leggi per il controllo dei prezzi non ci siano (in teoria si può guadagnare fino al 30%), ma quasi nessun commerciante le rispetta e per un negozio che viene sanzionato, altri 10 riprendono la stessa pratica. Grazie alle coperture sociali, mantenute nonostante la drastica caduta del prezzo del barile, secondo gli organismi delle Nazioni unite, il Venezuela è il paese meno diseguale del continente. D’altro canto, mentre le destre viaggiano per denunciare la «crisi umanitaria», sempre secondo El Nuevo Herald, risulta che da 7 anni i venezuelani sono al primo posto per l’acquisto di immobili nel sud della Florida, ne comprano 15 su 100 venduti nella zona di Miami, seguiti dagli argentini e dai brasiliani.
Domenica scorsa, il papa ha rivolto un «appello affinché si ponga fine alla violenza e si trovi una soluzione pacifica e democratica alla crisi» in Venezuela. Le destre, sostenute anche dalle gerarchie ecclesiastiche capitanate dal cardinale Urosa Savino, continuano però con le violenze di piazza. I morti sono già 90, tutti attribuiti alla «dittatura» dai media mainstream: a dispetto dei linciaggi, degli inviti a «uccidere quanti più chavisti possibile con pistole, coltelli, bastoni…» (il video su www.lechuguinos.com), ai profili delle vittime. Tra gli ultimi morti, si contano due motociclisti carbonizzati a Maracaibo in un incidente provocato dalle barricate, e il direttore del Frente Francisco de Miranda dello stato Lara, la cui uccisione è stata commentata con cinismo dal deputato di opposizione Luis Florido. Minacciato di morte anche a padre Numa Molina, il gesuita chavista amico del papa. Arrestato con l’accusa di cospirazione il banchiere Fortunato Benaccerraf. E la Procuratrice Ortega Diaz ha ufficializzato la sua alleanza con l’opposizione contro Maduro.