Cos’è un “guerrigliero”?

Periodico Revolucion http://razonesdecuba.cubadebate.cu

Forse non c’è paese al mondo dove la parola “guerrigliero” non sia simbolo di un’aspirazione libertaria per il popolo. Solo a Cuba questa parola ha un significato repulsivo. Questa Rivoluzione, liberatrice, a tutti gli effetti, arriva anche a nobilitare questa parola.

Tutti sanno che furono guerriglieri quelli simpatizzanti del regime di schiavizzazione spagnola che presero le armi per difendere, in modo irregolare, la corona del re di Spagna; da quel momento, il nome rimane come simbolo, a Cuba, di tutto il male, il retrogrado, il marcio del paese.

Tuttavia, il guerrigliero è, non quello, ma piuttosto tutto il contrario; è il combattente della libertà per eccellenza; è lo scelto dal popolo, l’avanguardia combattente dello stesso nella sua lotta per la liberazione. Poiché la guerra di guerriglia non è come si pensa, una guerra minuscola, una guerra di un gruppo minoritario contro un esercito potente, no; la guerra di guerriglia è la guerra di tutto il popolo contro l’oppressione dominante. Il guerrigliero è la sua avanguardia armata; l’esercito sono tutti gli abitanti di una regione o di un paese. Questa è la ragione della sua forza, del suo trionfo, alla lunga o nel breve, su qualsiasi potere che cerchi di opprimerlo; cioè la base ed il substrato della guerriglia è nel popolo.

Non si può concepire che piccoli gruppi armati, nonostante una la gran mobilità e conoscenza del terreno che abbiano, possano sopravvivere alla persecuzione organizzata da un esercito ben equipaggiato senza tale potente ausilio. La prova è che tutti i banditi, tutte le cricche di briganti, alla fine sono sconfitte dal potere centrale, e si ricordi che molte volte questi banditi rappresentano, per gli abitanti della regione, più di questo, rappresentano anche, sebbene sia la caricatura, di una lotta per la libertà.

L’esercito guerrigliero, esercito popolare per eccellenza, deve avere nella sua composizione individuale le migliori virtù del miglior soldato del mondo. Deve basarsi su una rigorosa disciplina. Il fatto che le modalità della vita militare non si adattino alla guerriglia, che non v’è battere di tacchi né obbligo di saluto né spiegazione sottomessa davanti al superiore, non dimostrano in alcun modo che non v’è disciplina. La disciplina guerrigliera è interiore, nasce dalla profonda convinzione dell’individuo, da tale necessità di obbedire al superiore, non solo per mantenere l’efficacia dell’organismo armato che è costituito, ma anche per difendere la propria vita. Ogni piccola disattenzione in un soldato di un esercito regolare è controllato dal compagno più vicino. Nella guerra di guerriglia, dove ogni soldato è unità ed è un gruppo, un errore è fatale. Nessuno può essere disattento. Nessuno può commettere il minimo errore, poiché la sua vita e quella dei compagni rischiano con esso.

Questa disciplina informale, spesso non si vede. Per la gente poco informata, sembra molto più disciplinato il soldato regolare con tutta la sua armatura di riconoscimenti delle gerarchie che il rispetto, semplice ed emozionato, con cui ogni guerrigliero segue le istruzioni del suo capo. Tuttavia l’esercito di liberazione fu un esercito puro dove neppure le più comuni tentazioni dell’uomo ebbero posto; non c’era apparato repressivo, non vi era servizio d’intelligence che controllava l’individuo davanti alla tentazione. Era il suo autocontrollo quello che agiva. Era la sua rigida coscienza del dovere e della disciplina.

Il guerrigliero è, oltre ad un soldato disciplinato, un soldato molto agile, fisicamente e mentalmente. Non si può concepire una guerra di guerriglia statica. Tutto è notturno. Difeso dalla conoscenza del terreno, i guerriglieri camminano di notte, si pongono in posizione, attaccano il nemico e si ritirano. Non voglio dire che la ritirata sia molto lontana dal teatro delle operazioni; semplicemente deve essere molto rapida dal teatro di operazioni.

Il nemico concentrerà, immediatamente, sul punto attaccato tutte le sue unità repressive. Manderà l’aviazione a bombardare, andranno le unità tattiche a circondarli, andranno i soldati decisi a restituire una posizione illusoria.

Il guerrigliero necessita solo presentare un fronte al nemico. Col ritirarsi, aspettarlo, dare una nuova battaglia, di nuovo ritirarsi, ha compiuto la sua missione specifica. Così l’esercito può stare dissanguandosi per ore o per giorni. Il guerriero popolare, dal suo luogo di agguato, attaccherà al momento opportuno.

Ci sono altri profondi assiomi nella tattica di guerriglie. La conoscenza del terreno deve essere assoluta. Il guerrigliero non può ignorare il luogo dove attaccherà, ma deve anche conoscere tutte le vie di ritirata così come tutte le strade di accesso o quelle che sono chiuse. Le case amiche e nemiche, i luoghi più protetti, quelli dove è possibile lasciare un ferito, quelli in cui è possibile stabilire un campo temporaneo, infine conoscere come il palmo della mano il teatro di operazioni. E questo è fatto e si ottiene perché il popolo, il grande nucleo dell’esercito guerrigliero, è dietro ogni azione.

Gli abitanti di un luogo sono manovali, informatori, infermieri, fornitori di combattenti, infine, costituiscono gli importantissimi accessori della sua avanguardia armata.

Ma davanti a tutte queste cose; davanti a questo cumulo di necessità tattiche del guerrigliero, dovremmo chiederci: “perché lotta?’, ed allora sorge la grande affermazione:”Il guerrigliero è un riformatore sociale. Il guerrigliero impugna le armi come protesta irata del popolo contro i suoi oppressori, e lotta per cambiare il regime sociale che mantiene tutti i suoi fratelli disarmati nell’ignominia e nella miseria. Agisce contro le condizioni particolari del quadro istituzionale di un dato tempo e si dedica a rompere. con tutto il vigore che le circostanze permettono, i modelli di quel quadro istituzionale.”

Vediamo qualcosa di importante: di cosa il guerrigliero necessita tatticamente? Abbiamo detto, conoscenza del terreno con i suoi cammini di accesso e di fuga, velocità di manovra, sostegno del popolo, luoghi dove nascondersi, naturalmente. Tutto questo indica che il guerrigliero eserciterà la sua azione in luoghi selvaggi e scarsamente popolati. E nei luoghi selvaggi e scarsamente popolati, la lotta del popolo per le sue rivendicazioni si posiziona, preferibilmente e persino quasi esclusivamente, nei termini di cambiamento della composizione sociale del possesso della terra, vale a dire, il guerrigliero è, essenzialmente e prima di tutto, un rivoluzionario agrario.

Interpreta i desideri della grande massa contadina di essere padrona della terra, padrona dei mezzi di produzione, dei suoi animali, di tutto ciò per cui ha lottato per anni, di ciò che costituisce la sua vita e costituirà anche il suo cimitero.

19 febbraio 1959


¿Qué es un «guerrillero»?

Por Periódico Revolución

Quizá no haya país en el mundo en que la palabra «guerrillero» no sea simbólica de una aspiración libertaria para el pueblo. Solamente en Cuba esta palabra tiene un significado repulsivo. Esta Revolución, libertadora, en todos sus extremos, sale también a dignificar esa palabra.

Todos saben que fueron guerrilleros aquellos simpatizantes del régimen de esclavización española que tomaron las armas para defender en forma irregular la corona del rey de España; a partir de ese momento, el nombre queda como símbolo, en Cuba, de todo lo malo, lo retrógrado, lo podrido del país.

Sin embargo, el guerrillero es, no eso, sino todo lo contrario; es el combatiente de la libertad por excelencia; es el elegido del pueblo, la vanguardia combatiente del mismo en su lucha por la liberación. Porque la guerra de guerrillas no es como se piensa, una guerra minúscula, una guerra de un grupo minoritario contra un ejército poderoso, no; la guerra de guerrillas es la guerra del pueblo entero contra la opresión dominante. El guerrillero es su vanguardia armada; el ejército lo constituyen todos los habitantes de una región o de un país. Esa es la razón de su fuerza, de su triunfo, a la larga o a la corta, sobre cualquier poder que trate de oprimirlo; es decir, la base y el sustrato de la guerrilla está en el pueblo.

No se puede concebir que pequeños grupos armados, por más movilidad y conocimiento del terreno que tengan, puedan sobrevivir a la persecución organizada de un ejército bien pertrechado sin ese auxiliar poderoso. La prueba está en que todos los bandidos, todas las gavillas de bandoleros, acaban por ser derrotados por el poder central, y recuérdese que muchas veces estos bandoleros representan, para los habitantes de la región, algo más que eso, representan también aunque sea la caricatura de una lucha por la libertad.

El ejército guerrillero, ejército popular por excelencia, debe tener en cuanto a su composición individual las mejores virtudes del mejor soldado del mundo. Debe basarse en una disciplina estricta. El hecho de que las formalidades de la vida militar no se adapten a la guerrillera, que no haya taconeo ni saludo rígido, ni explicación sumisa ante el superior, no demuestran de manera alguna que no haya disciplina. La disciplina guerrillera es interior, nace del convencimiento profundo del individuo, de esa necesidad de obedecer al superior, no solamente para mantener la efectividad del organismo armado que está integrado, sino también para defender la propia vida. Cualquier pequeño descuido en un soldado de un ejército regular es controlado por el compañero más cercano. En la guerra de guerrillas, donde cada soldado es unidad y es un grupo, un error es fatal. Nadie puede descuidarse. Nadie puede cometer el más mínimo desliz, pues su vida y la de los compañeros le van en ello.

Esta disciplina informal, muchas veces no se ve. Para la gente poco informada, parece mucho más disciplinado el soldado regular con todo su andamiaje de reconocimientos de las jerarquías que el respeto simple y emocionado con que cualquier guerrillero sigue las instrucciones de su jefe. Sin embargo, el ejército de liberación fue un ejército puro donde ni las más comunes tentaciones del hombre tuvieron cabida; y no había aparato represivo, no había servicio de inteligencia que controlara al individuo frente a la tentación. Era su autocontrol el que actuaba. Era su rígida conciencia del deber y de la disciplina.

El guerrillero es, además de un soldado disciplinado, un soldado muy ágil, física y mentalmente. No puede concebirse una guerra de guerrillas estática. Todo es nocturnidad. Amparados en el conocimiento del terreno, los guerrilleros caminan de noche, se sitúan en la posición, atacan al enemigo y se retiran. No quiere decir esto que la retirada sea muy lejana al teatro de operaciones; simplemente tiene que ser muy rápida del teatro de operaciones.

El enemigo concentrará inmediatamente sobre el punto atacado todas sus unidades represivas. Irá la aviación a bombardear, irán las unidades tácticas a cercarlos, irán los soldados decididos a tornar una posición ilusoria.

El guerrillero necesita sólo presentar un frente al enemigo. Con retirarse algo, esperarlo, dar un nuevo combate, volver a retirarse, ha cumplido su misión específica. Así el ejército puede estar desangrándose durante horas o durante días. El guerrero popular, desde sus lugares de acecho, atacará en momento oportuno.

Hay otros profundos axiomas en la táctica de guerrillas. El conocimiento del terreno debe ser absoluto. El guerrillero no puede desconocer el lugar donde va a atacar, pero además debe conocer todos los trillos de retirada así como todos los caminos de acceso o los que están cerrados. Las casas amigas, y enemigas, los lugares más protegidos, aquellos donde se puede dejar un herido, aquellos otros donde se puede establecer un campamento provisional, en fin, conocer como la palma de la mano el teatro de operaciones. Y eso se hace y se logra porque el pueblo, el gran núcleo del ejército guerrillero, está detrás de cada acción.

Los habitantes de un lugar son acémilas, informantes, enfermeros, proveedores de combatientes, en fin, constituyen los accesorios importantísimos de su vanguardia armada.

Pero frente a todas estas cosas; frente a este cúmulo de necesidades tácticas del guerrillero, habría que preguntarse: « ¿por qué lucha?», y, entonces surge la gran afirmación: «El guerrillero es un reformador social. El guerrillero empuña las armas como protesta airada del pueblo contra sus opresores, y lucha por cambiar el régimen social que mantiene a todos sus hermanos desarmados en el oprobio y la miseria. Se ejercita contra las condiciones especiales de la institucionalidad de un momento dado y se dedica a romper con todo el vigor que las circunstancias permitan, los moldes de esa institucionalidad.»

Veamos algo importante: ¿qué es lo que el guerrillero necesita tácticamente? Habíamos dicho, conocimiento del terreno con sus trillos de acceso y escape, velocidad de maniobra, apoyo del pueblo, lugares donde esconderse, naturalmente. Todo eso indica que el guerrillero ejercerá su acción en lugares agrestes y poco poblados. Y, en los lugares agrestes y poco poblados, la lucha del pueblo por sus reivindicaciones se sitúa preferentemente y hasta casi exclusivamente en el plano del cambio de la composición social de la tenencia de la tierra, es decir, el guerrillero es, fundamentalmente y antes que nada, un revolucionario agrario.

Interpreta los deseos de la gran masa campesina de ser dueña, de la tierra, dueña de los medios de producción, de sus animales, de todo aquello por lo que ha luchado durante años, de lo que constituye su vida y constituirá también su cementerio.

19 de febrero de 1959

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