Il giudice della 13° Corte Federale di Curitiba Sergio Moro, una sorta di Antonio Di Pietro di Mani Pulite in salsa brasiliana, ha emesso una condanna nei confronti dell’ex presidente del Brasile, Ignacio Lula da Silva. 9 anni e mezzo per corruzione, secondo quanto riferisce il quotidiano ‘O Globo’.
Lula, insieme ad esponenti del gruppo OAS, è accusato di corruzione e riciclaggio. Secondo quanto viene imputato all’ex presidente, Lula avrebbe accettato un lussuoso appartamento in cambio di contratti per OAS con il colosso petrolifero Petrobras.
Dilma Rousseff, ex presidente vittima del golpe istituzionale che ha portato Michel Temer alla presidenza, ha fatto sentire la propria voce affermando che si tratta di «una condanna ingiusta che ferisce la democrazia», anche perché Lula viene «condannato senza alcuna prova».
Lula incassa anche la solidarietà di Evo Morales, che parla di un «golpe giudiziario» contro un candidato che avrebbe garantito «la vittoria al popolo brasiliano».
Il team di legali che si occupa della difesa di Lula ha annunciato ricorso in appello ai tribunali brasiliani e finanche presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU).
«Proveremo l’innocenza di Lula in tutte le corti imparziali, incluse le Nazioni Unite», ha dichiarato un membro della difesa all’agenzia AFP.
Lula ha denunciato di essere vittima di una persecuzione giudiziaria volta a impedire la sua annunciata candidatura alle prossime elezioni presidenziali previste nel 2018.
Un sondaggio realizzato dall’istituto Datafolha ha rivelato che Lula è in testa nelle preferenze dei brasiliani in vista delle prossime presidenziali. L’ex presidente raccoglie il 30% delle intenzioni di voto dei brasiliani.