Sottostimarono il chavismo

Marco Teruggi http://www.cubadebate.cu

Volevano combattere ed il chavismo ha combattattuto. Il risultato è stato immenso: 8890820 voti a favore dell’Assemblea Nazionale Costituente. Non se lo aspettavano gli analisti della destra che pensavano al movimento di Hugo Chávez alle corde, quasi arreso. Neppure molti tra le proprie file: anni di resistenza, soprattutto economica, sembravano aver logorato, aspramente, la propria forza.

La giornata elettorale è stata difficile in vari luoghi. La destra aveva annunciato che avrebbe sabotato le elezioni e così ha cercato di fare. I punti di attacco si concentrarono in alcune zone particolari: Tachira, Merida, Lara, Zulia, Caracas. In quei luoghi hanno implementato un ventaglio di azioni di violenza: attacco con granate e armi da fuoco a seggi elettorali, la persecuzione di chavisti persino in casa, blocchi con gruppi armati, volantini intimidatori, minacce, barricate, bombe contro la polizia, incendio della casa di un prefetto, l’omicidio di un altro candidato. Il saldo è grave: diversi morti che la destra mai riconoscerà come il risultato delle sue azioni.

L’obiettivo era seminare un clima di terrore, impedire che la gente votasse. Le immagini che sono arrivate sono state una schiacciante risposta: la gente ha attraversato fiumi, evitato blocchi, minacce, ed è andata a votare. Una delle immagini più significative, per la sua dimensione, ha avuto luogo a Caracas, al centro elettorale del Poliedro, aperto per permettere che votassero coloro che avevano ricevuto minacce nei loro edifici e zone urbane. Sono state migliaia e migliaia che, durante il giorno e sino ad inizio notte, hanno votato lì. Gente delle zone di classe media, alta -dove, nel caso di Caracas, si concentrarono le intimidazioni-, di estrazione popolare, benestante, in una dimostrazione dell’ampiezza sociale del chavismo.

La violenza della destra non è stata di chi avanza, bracca, e prende posizioni. No, si trattò di azioni che caratterizzano chi perde, ha disperazione, e soprattutto poca gente. Si è visto, di nuovo, nelle strade: l’appello per fermare l’elezione ha avuto solo eco nella loro storica base sociale, classista, minoritaria, che ha applaudito l’esplosione di una bomba che ha ferito sei poliziotti -uno è risultato ustionato nel 80% del corpo- e non ha potuto generare, nel caso di Caracas, più che alcuni focolai di violenza. Di nuovo, come per tutta la settimana, è sembrata -come dice Soriano- triste, solitaria e finale.

E non ha capito cosa è successo nelle urne. Al punto di negarlo. La leadership della destra l’ha fatto per strategia politica -l’annuncio era fatto da sabato notte- e per la sua base sociale perché, come dall’inizio della rivoluzione, non riuscì a comprendere come le maggioranze popolari possono avere pensiero, coscienza, strategia, senso del momento storico. Fecero ciò che sempre fecero: sottostimarono il chavismo.

Ed il chavismo fece quello che fa quando lo attaccano frontalmente: fu schiacciante.

Ci sono diverse spiegazioni per gli 8890820 voti. Una è l’intensificazione del conflitto posto dalla destra. Il chavismo vide -e resistette con coscienza e disciplina politica- come, per più di cento giorni, l’opposizione dette fuoco ad istituzioni, persone, strutture comunitarie, strade, camion, cibo, autobus e annunciò l’assalto al Palazzo di Miraflores. Tale visibilità del nemico, la sua uscita dal nascondiglio, ha favorito la polarizzazione politica, dinamica in cui si fa forte il chavismo. Il voto di domenica è stato allora, tra le altre cose, contro l’escalation di violenza della destra, e per l’Assemblea Nazionale Costituente come forma democratica per aprire il dibattito. Il chavismo, contro chi lo accusa di anti-democratico e violento, ha dimostrato che concepisce l’uscita dal conflitto attraverso mezzi elettorali.

Un’altra spiegazione sta nelle caratteristiche del chavismo come un movimento storico che sviluppò, negli anni della rivoluzione, un profondo apprendimento politico/storico prodotto della leadership di Hugo Chávez e delle forme di di democrazia partecipativa. Il chavismo ha, tra i suoi punti di forza, una chiara nozione di ciò che esisteva prima del 1999, di chi è la destra che si presenta come soluzione ai problemi del paese. Può essere scontento con la direzione e la situazione economica, -come in effetti lo è- ma ha il filo storico molto presente. In una battaglia cruciale, come è stata questa di domenica, è andato a combattere con tale chiarezza.

Da ultimo -potrebbe essere il primo- per lo stesso Hugo Chavez, l’orgoglio del chavismo, che è un orgoglio di classe, di storia, di pelle, la stessa pelle e classe che si è trasformata in motivo per essere bruciato dalla destra.

Ed una domanda: ha votato solo il chavismo? Può essere accaduto che gente dell’opposizione sia andata a votare. Per reifiutare il vicolo violento e senza uscita prospettato dalla propria dirigenza. In diverse aree si è registrata la presenza di votanti dell’opposizione -nei quartieri la gente si conosce.

Si è vinta una battaglia chiave nel quadro di una prolungata guerra non convenzionale.

Ha avuto l’importanza di misurare la propria forza -qualcosa che era circondato da domande negli ultimi mesi- e dare la legittimità necessaria all’Assemblea Nazionale Costituente. Davanti al numero, senza alcuna verifica, di 7186170 voti sollevato dalla destra come risultato del suo plebiscito, -dove bruciarono i registri delle votazioni- era necessario un risultato superiore. Sebbene il numero del plebiscito fosse falso, il suo condizionamento era reale, particolarmente a livello internazionale, dove si sviluppa uno dei principali fronti dello scontro. Il risultato del chavismo ha ampiamente superato una delle principali carte della destra.

La risposta golpista di fronte alle elezioni e la prossima messa in moto dell’Assemblea Nazionale Costituente sarà quella che ci si aspettava: il non riconoscimento, come annunciato dal presidente della Colombia, venerdì, e tutti i capi della destra. Il problema che staranno affrontando è la diminuzione del loro volume di forza. Non sono riusciti a legittimare la loro violenza nella società -se non in parti della loro storica base sociale-, v’è un’erosione della logica dello scontro permanente, ed i settori, al di fuori di detta base storica, che si erano uniti all’appello sembrano allontanarsi per la mancanza di risultati.

La destra promette ancora più della stessa cosa. Ed è questo più della stessa cosa che ha perso, domenica, nelle urne e, per tutta la settimana, per le strade.

Pertanto, più che mai, dipendono dal fronte internazionale. Da questo lato sembra che verranno le prossime azioni. E forse attraverso nuove forme di violenza. In ogni caso, tale destra che sembrava avanzare oggi è in crisi. Non si deve cadere nel trionfalismo. Lo scontro non finisce domani né è passato e potrebbe sorprendere. Giunse per restare, mutare, cercare i modi per riconquistare il potere politico, subordinare l’economia direttamente agli USA, e applicare una rivincita sul chavismo.

Il chavismo ha mostrato, domenica, che è in piedi, e posto a combattere contro il nemico storico lo fa in modo immenso. Domani ci sarà una nuova battaglia.

(Dal blog Hasta el Nocau)


Subestimaron al chavismo

Por: Marco Teruggi

Querían pelear y el chavismo peleó. El resultado fue inmenso: 8 millones 89 mil 820 votos a favor de la Asamblea Nacional Constituyente. No se lo esperaban los analistas de derecha que pensaban al movimiento de Hugo Chávez contra las cuerdas, casi rendido. Tampoco muchos dentro de las propias filas: años de resistencia, en particular económica, parecían haber desgastado con dureza la fuerza propia.

La jornada electoral fue difícil en varios lugares. La derecha había anunciado que sabotearía los comicios y así intentó hacerlo. Los puntos de ataques se concentraron en algunas zonas en particular: Táchira, Mérida, Lara, Zulia, Caracas. En esos lugares desplegaron un abanico de acciones de violencia: ataque con granadas y armas de fuego a centros electorales, persecución a chavistas hasta en la casa, trancas con grupos armados, volantes intimidatorios, amenazas, barricadas, bombas sobre la policía, incendio de la vivienda de un prefecto, el asesinato de otro candidato. El saldo es grave: varios muertos que la derecha nunca reconocerá como resultado de su accionar.

El objetivo era sembrar un clima de terror, impedir que la gente votara. Las imágenes que llegaron fueron una respuesta contundente: la gente cruzó ríos, evitó trancas, amenazas, y fue a votar. Una de las imágenes más significativas, por su dimensión, tuvo lugar en Caracas, en el centro electoral del Poliedro, abierto para permitir que votarán quienes habían recibido amenazas en sus edificios y urbanizaciones. Fueron miles y miles que, durante el día, y hasta entrada la noche, votaron allí. Gente de zonas de clase media, alta -donde, en el caso de Caracas, se concentraron las intimidaciones- de extracción popular, acomodada, en una muestra de la amplitud social del chavismo.

La violencia desplegada por la derecha no fue de quien avanza, acorrala, y toma posiciones. No, se trató de acciones que caracterizan a quien pierde, tiene desesperación, y sobre todo poca gente. Se vio nuevamente en las calles: el llamado a detener la elección solo tuvo eco en su base social histórica, clasista, minoritaria, que aplaudió la explosión de la bomba que hirió a seis policías -uno resultó quemado en el 80% del cuerpo- y no pudo generar, en el caso de Caracas, más que algunos focos de violencia. Nuevamente, como toda esta semana, lució -al decir de Soriano- triste, solitaria, y final.

Y no entendió lo que pasó en las urnas. Al punto de negarlo. La dirigencia de la derecha lo hizo por estrategia política -el anuncio estaba hecho desde el sábado por la noche- y su base social porque, como desde el inicio de la revolución, no logró comprender cómo las mayorías populares pueden tener pensamiento, consciencia, estrategia, sentido del momento histórico. Hicieron lo de siempre: subestimaron al chavismo.

Y el chavismo hizo lo que hace cuando lo atacan de frente: fue contundente.

Existen varias explicaciones para los 8 millones 89 mil 820 votos. Una de ellas es la agudización del conflicto planteado por la derecha. El chavismo vio -y resistió con consciencia y disciplina política- cómo durante más de cien días la oposición incendió instituciones, gente, espacios comunales, calles, camiones, comida, autobuses, y anunció el asalto al Palacio de Miraflores. Esa visibilidad del enemigo, su salida del escondite, favoreció la polarización política, dinámica en la cual se hace fuerte el chavismo. La votación del domingo fue entonces, entre otras cosas, contra la escalada de violencia de la derecha, y por la Asamblea Nacional Constituyente como forma democrática de abrir el debate. El chavismo, contra quienes lo acusan de antidemocrático y violento, mostró que concibe la salida del conflicto a través de la vía electoral.

Otra explicación reside en las características del chavismo como movimiento histórico, que desarrolló en los años de revolución un profundo aprendizaje político/histórico producto del liderazgo de Hugo Chávez y las formas de democracia participativa. El chavismo tiene entre sus elementos fuertes una noción clara de lo que existía antes de 1999, de quién es la derecha que se presenta como solución a los problemas del país. Puede estar descontento con la dirección y la situación económica -como de hecho lo está- pero tiene el hilo histórico muy presente. En una batalla crucial, como lo fue este domingo, salió a pelear con esa claridad.

Por último -podría ser lo primero- por el mismo Hugo Chávez, el orgullo del chavismo, que es un orgullo de clase, de historia, de piel, esa misma piel y clase que se transformó en motivo para ser quemado por la derecha.

Y una pregunta: ¿solamente votó el chavismo? Puede haber sucedido que gente de oposición haya ido a votar. Por rechazar el callejón violento y sin salida planteado por su propia dirigencia. En varias zonas se reportó la presencia de votantes de oposición -en los barrios la gente se conoce.

Se ganó una batalla clave en el marco de una guerra no convencional prolongada.

Tuvo la importancia de medir la fuerza propia -algo que estaba rodeado de preguntas en los últimos meses- y de darle la legitimidad necesaria a la Asamblea Nacional Constituyente. Ante el número sin verificación alguna de los 7 millones 186 mil 170 votos planteados por la derecha como resultado de su plebiscito -donde quemaron los cuadernos de votación- era necesario un resultado mayor. Aunque el número del plebiscito era falso, su condicionamiento era real, en particular en lo internacional, donde se desarrolla uno de los frentes principales del enfrentamiento. El resultado del chavismo superó con amplitud una de las cartas principales de la derecha.

La respuesta golpista ante la elección y la próxima puesta en marcha de la Asamblea Nacional Constituyente será la que se esperaba: el no reconocimiento, como lo anunció el presidente de Colombia este viernes, y todos los dirigentes de la derecha. El problema al cual estarán enfrentados es la disminución de su volumen de fuerza. No lograron legitimar su violencia en la sociedad -salvo en partes de su histórica base social-, existe un desgaste de la lógica de confrontación permanente, y los sectores por fuera de esa base histórica que se habían sumado al llamado parecen alejarse producto de la falta de resultados.

La derecha promete más de lo mismo. Y ese más de lo mismo perdió el domingo en las urnas, y durante toda la semana en las calles.

Por eso, más que nunca, dependen del frente internacional. Por ese lado parece que vendrán las próximas acciones. Y tal vez a través de nuevas formas de la violencia. Como sea, esa derecha que parecía en avanzada hoy se encuentra en crisis. No se debe caer en triunfalismo. La confrontación no termina mañana ni pasado y puede sorprender. Llegó para quedarse, mutar, buscar las formas de recuperar el poder político, subordinar la economía directamente a los Estados Unidos, y aplicar una revancha sobre el chavismo.

El chavismo mostró el domingo que está de pie, y puesto a pelear contra el enemigo histórico lo hace de manera inmensa. Mañana sigue una nueva batalla.

(Tomado del blog Hasta el Nocau)

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