di Geraldina Colotti, Caracas
Il professore Hermann Escarra è uno dei più grandi costituzionalisti del Venezuela, uno degli ultimi venezuelani ad essere sanzionati dagli USA.
Nella hall dell’hotel Melia, a Caracas, ci porge una copia del suo ultimo libro, Ganar la Paz en la constituyente, appena pubblicato da Editorial Biblioteca Juridica. Escarra è stato coredattore della costituzione bolivariana del 1999 e ora è nella Commissione presidenziale che ha promosso l’attuale processo costituente in Venezuela.
Che cos’è l’ANC, una grande sfida per la pace o un percorso autoritario come sostiene l’opposizione?
Per convocare la Costituente, con il decreto del 1 maggio, il presidente Maduro ha posto il suo incarico nelle mani dell’Anc e ha evocato 9 assi principali. Il primo s’intitola “conquistare la pace” per tentare di aprire tutti i varchi possibili affinché, nonostante le differenze e anzi a partire da queste, possiamo incontrarci: nella costituzione, nella democrazia, nella libertà e nei diritti umani, nella difesa e nella collaborazione, per rispondere alle aspettative e alle aspirazioni del nostro popolo.
Il secondo asse riguarda l’economia post-petrolifera, ovvero il tentativo di organizzare una economia produttiva alternativa che permetta di non subire una situazione come quella che abbiamo dovuto vivere, impedendole di determinare il corso e il destino del paese. Il petrolio è la risorsa fondamentale dell’economia venezuelana, ma abbiamo anche minerali strategici come il gas, e poi minerali preziosi come oro, diamanti. Abbiamo molta terra, non ha senso concentrarci sul petrolio, si devono aprire strade alternative.
Il terzo asse ha a che vedere con il rafforzamento e l’ampliamento del sistema di giustizia. Sono apparsi delitti che non esistevano in Venezuela, noi guardavamo al fenomeno del terrorismo come a qualcosa di molto lontano, ma ora abbiamo dovuto subire azioni terroriste, l’odio, l’assassinio di persone dovuto alla loro fisionomia, alla condizione personale o alla posizione ideologica. In base all’articolo 7 dello Statuto di Roma del Tribunale Penale Internazionale, si tratta di delitti di lesa umanità. A questo dobbiamo aggiungere altri temi a cui non avevamo pensato nel ’99. Mai avremmo pensato che l’Organizzazione degli Stati Americani, un organismo multilaterale, avrebbe violato il suo proprio statuto per effetto di una persecuzione e di una ostilità al Venezuela o a qualche altro paese come il Venezuela, anche se in questo caso è toccato a noi. Dobbiamo fare una revisione degli atti di ingerenza straniera, in particolare della visione imperiale che in alcuni settori predomina soprattutto in America Latina, di conseguenza rivedere in questa chiave quasi tutte le norme della costituzione del ’99. Nel decreto di attivazione dell’Anc compare anche il tema del “conquistare il futuro” che implica un capitolo specifico dedicato ai diritti della gioventù, e infine un capitolo che si intitola “conquistare la vita”.
Un punto che ha suscitato alcuni sorrisetti di sufficienza, e che invece implica il farsi carico della vita del pianeta. Se continuiamo a permettere o a determinare la contaminazione ambientale, se non proteggiamo i beni comuni, se non proviamo un sentimento di solidarietà molto più sociale, più umanista non così capitalista, sicuramente andiamo verso la distruzione. Sto parlando di quelli che oggi si chiamano i diritti transgenerazionali. Questo è lo spirito dell’Anc che per raggiungere la pace, per impostare un dialogo alto, sta facendo appello al potere originario, deputato a prendere le misure più adeguate e nel minor tempo possibile per risolvere la crisi in cui si dibatte il paese.
L’opposizione gioca su più tavoli, ma il principale resta quello della violenza, come si risolve?
Purtroppo, è così. L’ultimo esempio eclatante è stato l’attacco alla base militare di Paramacay. Non un golpe o un’insurrezione, ma un atto di terrorismo che ha coinvolto tre militari, uno dei quali espulso dalla Forza Armata Nazionale Bolivariana tre anni fa per ragioni disciplinari, più altri civili con uniformi militari. E continuano gli appelli ai blocchi stradali che impediscono alle persone di muoversi, di recarsi al lavoro, di avere una vita normale. Non solo vengono bloccate strade e autostrade, ma anche la circolazione del quartiere. Si minacciano i cittadini, li si aggredisce, in alcuni casi li si brucia vivi. In tre mesi di violenze, su oltre 120 vittime 29 sono state bruciate vive, e nove sono morte. Un fatto gravissimo a cui in Venezuela non eravamo abituati. Siamo sempre stati aperti, pacifici. Basta vedere che da noi coesistono tutte le religioni, ognuna col proprio credo, i propri riti e il proprio apostolato, e non ci sono conflitti di alcun tipo. Ora inoculare l’odio ha portato a un’enorme divisione. Il processo costituente ha come obiettivo di arrivare alla pace con il dialogo non con la violenza. Nonostante la violenza di questi settori che oggi si sono impadroniti di tutta l’opposizione, dobbiamo fare uno sforzo di dialogo, che il presidente sta perseguendo in ogni modo. Che la stragrande maggioranza dei partiti di opposizione abbia deciso di presentarsi alle elezioni è un fatto positivo.
Leopoldo Lopez, leader di Voluntad Popular era agli arresti domiciliari, poi è stato riportato in carcere, poi di nuovo riportato a casa. Qual è la sua parte in commedia?
A Lopez era stato concesso un beneficio contemplato nella legge. Una decisione politica, ma prevista dalla legge. E’ stato condannato in primo grado nel corso di un processo con piene garanzie: per la responsabilità dimostrata nei fatti di violenza che, nel 2014, hanno provocato 43 morti. Lopez ha ricorso in appello e poi c’è la sentenza di Cassazione. Fino a che la sentenza non diventa definitiva, Lopez è soggetto a un’inabilitazione relativa dalle cariche pubbliche, che potrebbe diventare assoluta se la sentenza venisse confermata nei tre gradi di giudizio. Una volta ottenuto il beneficio, Lopez si è messo a fare proclami al golpe contravvenendo agli obblighi ed è stato riportato in carcere. Lì è tornato a chiedere di partecipare alla Commissione per la verità dell’Anc e per questo è stato riportato a casa. Andrà a deporre in Commissione. Io sono d’accordo che vada a parlare davanti alle vittime del suo operato, e magari riconosca la propria responsabilità morale. Nessuno è perfetto, tutti commettiamo errori. Io sono cattolico, considero una gran cosa il risarcimento. Non basta dire che si è pentiti, si deve risarcire moralmente la vittima, restituirle la dignità, riconoscere tutto il dolore che ha sofferto. Se fossi stato al posto di Lopez lo avrei fatto senza contropartita, avrei assunto con umiltà la sanzione morale e giuridica. E’ bene che vada a deporre all’Anc e che lo faccia in un atto pubblico, non nel senso spettacolare, ma nel senso di non occulto, di un atto il più trasparente possibile. E che esponga ciò che vuole. Sempre si deve ascoltare.
E la Procuratrice Generale Luisa Ortega, perché è stata rimossa?
L’Anc l’ha rimossa dall’incarico in base all’articolo 279 della costituzione vigente che si attiva dopo una sentenza del Tribunal Supremo de Justicia. Attraverso il suo presidente, Maikel Moreno, il Tsj ha comunicato alla presidente dell’Anc, Delcy Rodriguez che esisteva materia per aprire un giudizio di merito sull’operato della Fiscal General Luisa Ortega. Per questo si sono disposte misure cautelari come il blocco dei beni e il divieto di uscire dal paese. La plenaria del Tsj ha ritenuto si debba processare Ortega per delitti di corruzione ma soprattutto per un atteggiamento di assoluta parzialità rispetto ai gravi crimini di odio che si sono verificati e che non sono stati sanzionati: attitudine che ha favorito le violenze. Alla ex Fiscal General verrà garantito il debito processo e tutti i diritti civili e politici previsti dalla Costituzione. Al suo posto è stato nominato il Defensor del Pueblo, Tareck al Saab. Al contempo, l’Anc ha nominato Luis Amoroso a capo di una commissione che dovrà riorganizzare il Ministerio Publico, un’istituzione molto importante per la garanzia dei diritti umani che stava andando in malora.
Secondo la Fiscal General, che è stata una chavista della prima ora, c’è un complotto autoritario per nascondere la corruzione legata all’impresa brasiliana Odebrecht.
L’atteggiamento di Ortega mi risulta difficile da capire. Non so perché stia facendo tutto questo. Evito di fare congetture, mi limito al piano strettamente giuridico a cui accennavo prima. Quanto alla corruzione, uno dei primi punti che deve affrontare l’Anc, penso che non si dovrà guardare in faccia a nessuno: chiunque sia corrotto dev’essere perseguito dalla legge. Quel che si deve evitare, però, è il ricorso al , qualunque origine ideologico, posizione, intellettuale chiunque sia corrotto deve essere sottoposto alla legge prevista e se si prova sanzionato secondo la legge, quel che non si deve è accudire al principio res facti non iuris, alla situazione di fatto e non di diritto. Non lo si deve fare in alcun modo. Questo è un processo costituente nel segno dei valori e dello stato di diritto. Anche il potere fondativo e primigenio, il potere popolare, deve inchinarsi alla garanzia dei diritti umani fondamentali, alla tradizione repubblicana, alla progressività dei diritti umani fondamentali e al rispetto dei trattati internazionali, al valore del diritto internazionale. Non si possono saltare garanzie, procedimenti o valori propri della comunità internazionale, il nostro è uno stato democratico e come tale deve continuare a porsi.
In passato, lei ha avuto differenze col chavismo e se ne è allontanato. Perché ora difende l’Anc?
Ho avuto differenze con il presidente Chavez in merito all’elezione perpetua. Sono stato sincero e le ho esposte. Difendo la Anc perché rispecchia l’aspetto più genuino della nostra democrazia partecipativa e protagonista. Basta guardarne la composizione: vi sono pescatori, dirigenti operai, persone con disabilità. Non è un’assemblea delle élite. Rispecchia il volto meticcio del nostro popolo: marrone come la terra, diceva lo scrittore Romulo Gallegos. Siamo così: una mescolanza, se non nel fisico, nell’anima. Siamo melanconici poi appassionati, capaci di molte illusioni, o di ridere nei momenti tragici. Non era neanche terminato l’attacco alla base militare di Valencia che già sorgevano le prime battute umoristiche di un personaggio che balla. Siamo così, molto latini, un po’ come voi italiani con cui io mi identifico molto perché ho studiato la Repubblica romana che ha ispirato il Discorso di Angostura del nostro Libertador Simon Bolivar. Seguo molto le riflessioni garantiste del giurista Luigi Ferrajoli, i suoi tributi al diritto costituzionale. Sono andato molte volte in Italia. Se potessi scegliere un posto dove morire, sceglierei un angolo appartato della Toscana. Credo che lì si posò Dio all’origine e lasciò una bellezza unica.
Lei si considera più socialista o più democratico?
Fondamentalmente sono un democratico, ma credo nel socialismo umanista. Non credo in quello totalitario, né tantomeno nel nazionalsocialismo, ma nell’umanesimo socialista, nell’idea della solidarietà, del condividere il patrimonio che Dio ha dato all’umanità. Non credo che siamo totalmente padroni dell’ambiente, per questo sostengo il diritto transgenerazionale, penso si debbano rispettare i diritti umani e soprattutto quelli di chi ha meno, dei più poveri a cui dovrebbe prioritariamente essere rivolta l’azione dello Stato. Un modello che esiste in prospettiva, e che è accennato in alcuni progetti di economia sociale, comunitaria. In questa tappa del nostro processo si deve essere molto creativi, si deve dare specificità alla nostra realtà storica, sociale, culturale.
Alcune correnti del cosiddetto “chavismo critico” come Marea Socialista dicono che Maduro ha consegnato alle multinazionali l’Arco Minero con le Zone economiche speciali. E’ così?
Maduro è un grande democratico, basta vedere quanto insiste sul tema della pace. E’ un uomo specchiato, che ha fatto un grande sforzo per impostare un modello produttivo in Venezuela, armonizzando gli interessi nazionali con gli investimenti diversificati a livello internazionale. Per un lungo periodo, tutti gli investimenti strategici provenivano dagli Usa. Poi arriva Chavez che ha una visione geopolitica molto chiara e crea un anello di sicurezza aprendo all’Asia, stabilendo relazioni con Cina e Russia. Maduro continua questa politica. Per questo, ogni volta che gli Usa si spingono troppo in là nella politica di ingerenza, i ministri degli Esteri cinesi e russi, e a volte lo stesso Putin, intervengono per chiedere rispetto per la nostra autodeterminazione. Una politica che ci ha consentito di non essere subordinati a un solo paese, ma di aprirci al mondo multipolare. Un tentativo, anche, di superare nel minor tempo possibile il problema della scala mobile sfavorevole del prezzo petrolifero: di aprirci agli investimenti con alleati e amici, che possono aiutarci non solo nello sviluppo ma anche nel rispetto della nostra autodeterminazione. Il presidente preserva più di tutti i diritti dei lavoratori. E’ stato un lavoratore, un dirigente sindacale, un autista del metro. Ma, soprattutto, ha fatto per sei anni e mezzo il ministro degli Esteri di Chavez. Una grande scuola che gli ha consentito di tenere il timone del paese in momenti difficilissimi e di preservarlo dal caos istituzionale.
Gli Usa stanno emettendo sanzioni a tambur battente…
Lo hanno fatto molte volte. Sono rimasto stupito da una recente dichiarazione dell’amministrazione Trump, quantomeno ambivalente: hanno definito Maduro un dittatore legittimato dalle elezioni, un non-senso. Al contempo hanno detto di non riconoscere il governo parallelo annunciato dalle opposizioni. Mi sembra si possa intravvedere un dialogo che non dobbiamo lasciar cadere. Un dialogo basato sul mutuo rispetto. Io ho studiato molto l’avanzata costituzione statunitense, amo quel popolo straordinario. Dobbiamo fare in modo che si rispetti la Carta di Bogotà, costitutiva dell’Organizzazione degli Stati Americani, che all’articolo 3 dice: autodeterminazione, non interventismo, non ingerenza, principio di uguaglianza e reciprocità tra gli Stati. Una ripetizione della Carta di New York delle Nazioni Unite, su cui si deve centrare un dialogo rispettoso della reciproca sovranità.
Il Venezuela è stato sospeso dal Mercosur anche con l’appoggio dell’Uruguay.
Abbiamo subito l’attacco della Triplice Alleanza che sostiene gli interessi degli Usa e dell’Europa. Al posto dell’Uruguay mi sarei astenuto dall’appoggiare un governo de facto come quello del Brasile, avrei preferito non intervenire. Tanto più che Trump deve affrontare una situazione interna tutt’altro che stabile, una vulnerabilità patente e dagli esiti incerti.