Democrazia abbattuta in Honduras

Carlos Fazio http://www.cubadebate.cu/opinion

Le irregolarità nelle elezioni honduregne del 27 novembre hanno scatenato massicce mobilitazioni che hanno provocato morti, feriti e centinaia di detenuti. Settori di polizia si sono rifiutati di continuare a reprimere un popolo che solo otto anni fa, ha subito un colpo di stato e che ora, padelle in mano, accusa il governo di brogli elettorali, un governo associato al crimine organizzato.

In mezzo ad un clima di grande instabilità politica e sociale, alimentato da massicce marce di disobbedienza civile post-elettorale che hanno sfidato lo stato di emergenza imposto dal regime di Juan Orlando Hernandez, la situazione in Honduras permane incerta dopo che martedì 5 Il Tribunale Supremo Elettore (TSE) ratificò il vantaggio dell’attuale governante sul candidato oppositore centrista, Salvador Nasralla Salum.

Al termine dello scrutinio, il TSE che è presieduto da David Matamoros, militante del pro-governativo Partito Nazionale (d’estrema destra), ha informato che Hernandez aveva un vantaggio rispetto Nasrallah -noto conduttore TV ed ex gerente della Pepsi Cola di origine libanese che ha fatto incursione in politica nel 2013 ed è stato candidato alla presidenza nelle elezioni del 26 novembre da un fronte elettorale battezzato Alleanza d’Opposizione contro la Dittatura- di quasi 52500 voti (1,6%), in un’elezione dove presumibilmente hanno votato poco più di 3 milioni di persone, circa la metà delle liste elettorali.

Dodici giorni dopo le elezioni il TSE non aveva ancora dichiarato un vincitore, mentre Nasrallah ed il coordinatore dell’alleanza dell’opposizione, Manuel Zelaya, l’ex presidente della repubblica deposto da un colpo di stato nel 2009, continuavano a chiedere che si contassero la totalità dei registri elettorali, tra cui il controllo di firme di libretti e conteggio dei voti, o che si convochi un secondo turno, dopo aver rilevato la “contaminazione” dei server, dei database, delle trasmissioni e dei registri del sistema di computo.

Mercoledì 6 il capo dell’esecutivo, accusato di commettere un “colpo di stato elettorale” in complicità con il TSE, ha dichiarato di essere disposto a che si faccia una revisione totale del processo elettorale.

Il sospetto

Inizialmente, la principale domanda di Nasrallah e dei suoi seguaci -sostenuta da Luis Zelaya Medrano, del conservatore Partito Liberale, terzo nelle elezioni con il 13% dei suffragi- era che si ri- conteggiassero i circa 5.200 verbali che non sono entrati nel sistema del centro di calcolo del TSE dai tavoli di scrutinio, ma -secondo secondo le denunce della coalizione oppositrice- dai magazzini dell’Istituto Nazionale di Formazione Professionale (INFOP), dove sono immagazzinate le urne.

Il sospetto che si sia consumata una frode elettorale si basa sul fatto che dopo che il TSE aveva elaborato il 57% dei voti, a livello nazionale, e Nasrallah superava il ripresentatosi alle urne Hernandez di 5 punti percentuali si produsse un’interruzione di corrente che ha causato la “caduta del sistema” di calcolo. In quel momento le tendenze favorivano chiaramente Nasralla, la cui vittoria fu riconosciuta anche dall’avversario conservatore Luis Zelaya.

Tra i successivi difetti e blackout, il sistema è stato praticamente inattivo per un lasso di 72 ore. Dopo aver ripreso il conteggio, la tendenza è radicalmente cambiata e Hernandez prese il vantaggio, mentre inspiegabilmente i candidati a sindaci e deputati del partito di governo rimanevano nelle loro precedenti rilevamenti. A quel punto, secondo il politologo argentino Atilio Borón, il Ministero Pubblico aveva fatto irruzione in un ufficio del Partito Nazionale, sorprendendo i suoi occupanti nella preparazione di falsi verbali elettorali.

Repressione e diserzione

Le irregolarità hanno scatenato la furia popolare. La gente è scesa in strada a protestare in 14 dei 18 dipartimenti, con presa di ponti, piazze, viali e strade. Le manifestazioni sono state violentemente represse dalla polizia nazionale e alle 23:00 di venerdì 1 dicembre, si attuò lo stato di emergenza dichiarato dal presidente Hernandez, con il coprifuoco che ha limitò le garanzie alla libera circolazione tra 18 e le 6 del mattino, per un periodo di dieci giorni.

Tuttavia, e quando già si erano registrati almeno sei morti e la polizia aveva segnalato più di 300 detenuti, domenica 3 si sono prodotte enormi manifestazioni contro la frode elettorale a Tegucigalpa ed altre città come San Pedro Sula e Tocoa.

Il giorno dopo, elementi delle forze speciali Cobra, Tigri e Anti-sommossa della polizia d’Honduras hanno iniziato uno sciopero a braccia conserte ed hanno avvertito il governo che non avrebbero represso la popolazione. “Non siamo macchine né robot e non ci esponiamo ad essere uccisi per le strade e neppure reprimere il popolo”, ha detto un comandante degli insubordinati. Alla rivolta si sono uniti effettivi della polizia di San Pedro Sula, che si sono rifiutati di reprimere i manifestanti e mettere ordine durante il coprifuoco, ed anche agenti di otto città come Colón, Saba, Santa Bárbara e Choluteca.

Zone franche

Riguardo ai motivi di ciò che Atilio Borón ha definito un “golpe blando preventivo”, si evidenziano tre elementi. Innanzitutto, l’Honduras rimane un pezzo chiave nella geopolitica regionale di Washington. In secondo luogo, erede dei golpisti del 2009, il regime di Hernandez cerca di impedire che membri del suo entourage di potere politico siano deportati negli USA, dove si trovano ad affrontare accuse in un tribunale di New York legate al traffico di droga e al crimine organizzato. E in terzo luogo, le pressioni del consigliere politico USA Mark Wiseman, rappresentante del grande capitale, consigliere del presidente Hernandez e con autorità legale per la concessione e l’autorizzazione di zone franche con extraterritorialità fiscale, autonomia doganale e giurisdizionale, le cosiddette “zone di impiego e sviluppo economico “(Zede).

Secondo Carlos Dada, del portale digitale salvadoregno El Faro, Nasrallah ha promesso nella sua campagna di abrogare le Zede (dove gli imprenditori che investono in un progetto creano la propria polizia e dove non vige la legge honduregna). Il progetto di queste aree in Honduras è basato sul concetto delle “città modello” del guru della macroeconomia Paul Romer, e il suo principale e grande affare è il mega-porto nel Golfo di Fonseca.

La proposta della coalizione di opposizione d’eliminare le Zede sarebbe uno dei principali motivi che animano il golpe elettorale. Come precedente si deve ricordare che, quando la Corte Suprema di Giustizia dell’Honduras ha dichiarato incostituzionale la legge delle regioni speciali di sviluppo, nel 2012, il potere Legislativo ha ordinato il licenziamento di quattro dei sei giudici della Corte Costituzionale che avevano buttato all’aria il modello delle città modello e l’esercito circondò il Congresso Nazionale (che allora era il feudo dell’attuale presidente Hernandez) per proteggere i congressisti dalle proteste che esplosero.

Crimine organizzato

Riguardo la rete di interessi criminali articolata intorno all’attuale presidente e candidato alla rielezione Juan Orlando Hernandez, diversi analisti e media, tra cui la BBC, hanno informato che l’Honduras è divenuto il principale centro delle operazioni dei cartelli del traffico di droga in America centrale. La costa settentrionale dell’Honduras è passata ad essere controllata dalla criminalità organizzata, che si è appropriato anche dell’apparato politico, dei sistemi di sicurezza e della magistratura.

Come parte di questa trama di “narcopolitica” -in cui i politici sono diventati “depuratori” delle mafie della droga- ci sono diversi imputati presso la Corte Sud di New York, dove sono stati condannati uno dei figli dell’ex presidente golpista Porfirio Lobo ed altri funzionari affiliati al Partito Nazionale.

Nel 2012 l’Honduras ha raggiunto una cifra di oltre 90 omicidi ogni 100000 abitanti, e nelle principali città ha superato la media di omicidi dolosi che si verificano in paesi con guerre dichiarate.

Secondo notizie di analisti internazionali, le mafie organizzate hanno bisogno che Juan Orlando Hernández resti nella carica presidenziale per garantire la loro impunità e la continuità degli affari dell’economia criminale.

Sul valore geopolitico e strategico dell’Honduras per il Pentagono e l’amministrazione di Donald Trump, va ricordato che il paese centroamericano ha la base aerea di Soto Cano, in Palmerola, che alberga la Task Force Congiunta Bravo, composta da circa 500 militari USA. Fu la vera ragione del colpo di stato contro Manuel Zelaya, nel 2009, quando propose di trasferirla in un’altra zona del territorio nazionale. L’aeroporto militare è uno scalo obbligato nella cosiddetta “rete di basi in rotta” per il movimento di aerei da guerra dal territorio USA al Sud America.

Dopo che per giorni sono circolate dure critiche verso il segretario generale dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) per il suo silenzio sulla situazione elettorale e la violenza in Honduras, mercoledì scorso, 11 giorni dopo l’elezione, Luis Almagro ha rilasciato un comunicato riconoscendo “la mancanza di garanzie e trasparenza, nonché il cumulo di irregolarità, errori e problemi sistemici che hanno circondato questo processo elettorale”. Il testo ha richiesto l’ “immediata rimozione” della “sospensione dei diritti costituzionali (…) contro le manifestazioni che hanno avuto luogo dopo le già denunciate irregolarità del registro elettorale,” considerandola “sproporzionata” ed ha raccomandato una serie di misure per confrontare e verificare i risultati delle elezioni.

(Tratto da Rebelion)


Democracia rematada en Honduras

Por: Carlos Fazio

Las irregularidades en las elecciones hondureñas del 27 de noviembre desataron masivas movilizaciones que se saldaron con muertos, heridos y cientos de detenidos. Sectores de la policía se negaron a seguir reprimiendo a un pueblo que hace tan sólo ocho años soportó un golpe de Estado y que ahora, cacerolas en mano, acusa al Gobierno de fraude electoral, un Gobierno asociado al crimen organizado.

En medio de un clima de gran inestabilidad político-social, avivado por multitudinarias marchas de desobediencia civil poselectoral que han desafiado el estado de excepción impuesto por el régimen de Juan Orlando Hernández, la situación en Honduras permanece incierta luego de que el martes 5 el Tribunal Supremo Electoral (Tse) ratificara la ventaja del actual gobernante sobre el candidato opositor centrista, Salvador Nasralla Salum.

Al finalizar el escrutinio, el Tse que preside David Matamoros, militante del progubernamental Partido Nacional (ultraderecha), informó que Hernández tenía una ventaja sobre Nasralla –un conocido conductor de televisión y ex gerente de la Pepsi Cola de origen libanés que incursionó en la política en 2013 y fue postulado a la presidencia en los comicios del 26 de noviembre por un frente electoral bautizado Alianza de Oposición contra la Dictadura– de casi 52.500 votos (1,6 por ciento), en unos comicios donde supuestamente sufragaron poco más de 3 millones de personas, alrededor de la mitad del padrón electoral.

Doce días después de las elecciones el Tse aún no había declarado un ganador, mientras Nasralla y el coordinador de la alianza opositora, Manuel Zelaya, el ex presidente de la república depuesto por un golpe de Estado en 2009, seguían exigiendo que se contara la totalidad de las actas electorales, incluyendo el cotejo de firmas de cuadernillos y recuento de votos, o que se convoque a una segunda vuelta, tras detectar la “contaminación” de los servidores, las bases de datos, las trasmisiones y los registros del sistema de cómputo.

El miércoles 6 el jefe del Ejecutivo, a quien se acusa de fraguar un “golpe electoral” en complicidad con el Tse, manifestó estar dispuesto a que se haga una revisión total del proceso comicial.

La sospecha

En un principio, la principal demanda de Nasralla y sus seguidores –apoyada por Luis Zelaya Medrano, del conservador Partido Liberal, tercero en los comicios con 13 por ciento de los sufragios– era que se volvieran a contar alrededor de 5.200 actas que no entraron al sistema del centro de cómputos del Tse desde las mesas de escrutinio, sino –según las denuncias de la coalición opositora– desde las bodegas del Instituto Nacional de Formación Profesional (Infop), donde están almacenadas las urnas.

La sospecha de que se ha consumado un fraude electoral se basa en que luego de que el Tse había procesado el 57 por ciento de los votos a nivel nacional y Nasralla aventajaba al reeleccionista Hernández por cinco puntos porcentuales se produjo un apagón que ocasionó la “caída del sistema” de cómputo. En ese momento las tendencias favorecían claramente a Nasralla, cuya victoria fue reconocida incluso por el contrincante conservador Luis Zelaya.

Entre los sucesivos desperfectos y apagones, el sistema estuvo prácticamente inactivo por un espacio de 72 horas. Tras reanudarse el conteo, la tendencia cambió de manera radical y Hernández tomó la delantera, mientras inexplicablemente los candidatos a alcaldes y diputados del oficialismo se mantenían en sus registros anteriores. Para entonces, según el politólogo argentino Atilio Borón, el Ministerio Público había allanado una oficina del Partido Nacional, sorprendiendo a sus ocupantes en la preparación de actas comiciales falsas.

Represión y deserción

Las irregularidades desataron la furia popular. La gente salió a las calles a protestar en 14 de los 18 departamentos, con tomas de puentes, plazas, bulevares y carreteras. Las manifestaciones fueron violentamente reprimidas por la policía nacional, y a las 11 de la noche del viernes 1 de diciembre se puso en marcha el estado de excepción decretado por el presidente Hernández, con un toque de queda que restringió las garantías a la libre circulación entre las 18 horas y las 6 de la mañana, por un plazo de diez días.

No obstante, y cuando ya se habían registrado al menos seis muertes y la policía había reportado más de 300 detenidos, el domingo 3 se produjeron grandes manifestaciones contra el fraude electoral en Tegucigalpa y otras ciudades, como San Pedro Sula y Tocoa.

Un día después, elementos de las fuerzas especiales Cobra, Tigres y Antimotines de la policía de Honduras comenzaron una huelga de brazos caídos y advirtieron al Gobierno de que no iban a reprimir a la población. “No somos máquinas ni robots y no vamos a exponernos a que nos maten en las calles y tampoco a reprimir al pueblo”, dijo un mando de los insubordinados. A la sublevación se unieron efectivos policiales de San Pedro Sula, quienes se negaron a reprimir a los manifestantes y poner orden durante el toque de queda, y también agentes de ocho poblados como Colón, Saba, Santa Bárbara y Choluteca.

Zonas francas

Acerca de los porqués de lo que Atilio Borón denominó como un “golpe blando preventivo”, se destacan tres elementos. Primero, Honduras sigue siendo una pieza clave en la geopolítica regional de Washington. Segundo, heredero de los golpistas de 2009, el régimen de Hernández busca evitar que miembros de su entorno de poder político sean deportados a Estados Unidos, donde enfrentan acusaciones en un tribunal de Nueva York vinculadas con el tráfico de drogas y el crimen organizado. Y en tercer lugar, las presiones del consultor político estadounidense Mark Klugmann, representante del gran capital, asesor del presidente Hernández y con autoridad legal para concesionar y autorizar zonas francas con extraterritorialidad fiscal, autonomía aduanera y jurisdiccional, las llamadas “zonas de empleo y desarrollo económico” (Zede).

Según Carlos Dada, del portal digital salvadoreño El Faro, Nasralla prometió en su campaña abrogar las Zede (donde los empresarios que invierten en un proyecto crean su propia policía y donde no rige la ley hondureña). El proyecto de estas zonas en Honduras está basado en la idea de las “ciudades modelo”, del gurú de la macroeconomía Paul Romer, y su principal y gran negocio es el megapuerto en el golfo de Fonseca.

La propuesta de la coalición opositora de eliminar las Zede sería una de las razones principales que animan el golpe electoral. Como antecedente cabe recordar que cuando la Suprema Corte de Justicia hondureña declaró inconstitucional la ley de regiones especiales de desarrollo, en 2012, el Legislativo ordenó la destitución de cuatro de los seis magistrados de la sala de lo constitucional que habían echado por tierra el modelo de las ciudades modelo, y el ejército rodeó el Congreso Nacional (que entonces era el feudo del actual mandatario Hernández) para proteger a los congresistas de las protestas que estallaron.

Crimen organizado

En relación con la red de intereses criminales articulada alrededor del actual presidente y candidato reeleccionista Juan Orlando Hernández, distintos analistas y medios, como la Bbc, han dado cuenta de que Honduras se convirtió en el principal centro de operaciones de los cárteles del tráfico de drogas en Centroamérica. La costa norte hondureña pasó a ser controlada por el crimen organizado, que se apropió además del aparato político, de los sistemas de seguridad y del Poder Judicial.

Como parte de esa trama “narcopolítica” –en la que políticos se han convertido en “lavadores” de las mafias de la droga− existen varios prontuariados en la Corte Sur de Nueva York, donde han sido condenados uno de los hijos del ex presidente golpista Porfirio Lobo y otros funcionarios más afiliados al Partido Nacional.

En 2012 Honduras alcanzó una cifra de más de 90 homicidios por cada 100 mil habitantes, y en las principales urbes superó el promedio de asesinatos dolosos que se registran en países con guerras declaradas.

Según reportes de analistas internacionales, las mafias organizadas necesitan que Juan Orlando Hernández continúe en la presidencia para garantizarles su impunidad y la continuidad de los negocios de la economía criminal.

Sobre el valor geopolítico y estratégico de Honduras para el Pentágono y la administración de Donald Trump, cabe recordar que el país centroamericano cuenta con la base aérea de Soto Cano, en Palmerola, que alberga a la Fuerza de Tarea Conjunta Bravo, compuesta por unos 500 militares estadounidenses. Fue la verdadera razón del golpe de Estado contra Manuel Zelaya en 2009, cuando éste propuso desplazarla hacia otra zona del territorio nacional. El aeropuerto militar es una escala obligada de la llamada “red de bases en ruta” para el desplazamiento de aviones de guerra desde el territorio de Estados Unidos hacia América del Sur.

Luego de que durante días circularan duras críticas hacia el secretario general de la Organización de Estados Americanos (Oea) por su silencio sobre la situación electoral y la violencia en Honduras, el miércoles pasado, 11 días después de los comicios, Luis Almagro emitió un comunicado reconociendo “la falta de garantías y transparencia, así como el cúmulo de irregularidades, errores y problemas sistémicos que han rodeado este proceso electoral”. En el texto solicitó el “inmediato levantamiento” de la “suspensión de los derechos constitucionales (…) frente a las manifestaciones que tuvieron lugar tras las ya denunciadas irregularidades del acto electoral”, por considerarla “desproporcionada”, y recomendó una serie de medidas para cotejar y verificar los resultados electorales.

(Tomado de Rebelión)

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