Marina Albiol Guzmán – Portavoce di Izquierda Unida nel Parlamento Europeo e responsabile Affari Esteri di IU
e Jose Criado García – Consulente de IU nel Parlamento Europeo. Responsabile per l’America Latina nella Commissione internazionale di IU
Articolo pubblicato su Publico
Il Parlamento Europeo consegna oggi il Premio Sakharov, un premio “alla libertà di coscienza” che, secondo la descrizione ufficiale del Parlamento Europeo, viene concesso a “persone che hanno contribuito in modo eccezionale alla lotta per i diritti umani in tutti il mondo”.
Questo articolo intende fare una breve rassegna su alcuni dei vincitori del premio, e anche su alcuni non premiati, che sono molto significativi per comprendere il doppio standard dell’Unione Europea e ciò che il Parlamento Europeo intende come difesa dei diritti umani e libertà di coscienza.
Prima di tutto, tuttavia, è pertinente porre una prima domanda: l’UE e il Parlamento Europeo hanno oggi la legittimità per ergersi ad arbitri di fronte al resto della comunità internazionale e concedere tale premio?
Parliamo dell’Unione Europea dove povertà, disoccupazione, disuguaglianza ed esclusione sociale non smettono di crescere e in e dove c’è una situazione di emergenza silenziata che impedisce il pieno godimento dei loro diritti umani a oltre 120 milioni di persone, che sopravvivono ai margini della povertà e dell’esclusione.
La stessa Unione Europea in cui libertà fondamentali come la libertà di espressione o di associazione sono seriamente minacciate, come vediamo nello Stato spagnolo, dove, per esempio, un gruppo di rapper è stato appena condannato a due anni di prigione. Ma anche in Ungheria, con la chiusura del giornale principale con una linea editoriale contro il governo; in Polonia, con la sua legge contro la “propaganda omosessuale”; in Italia, con una legge che criminalizza la solidarietà; o in Francia, dove i cittadini hanno vissuto più di due anni in uno stato di eccezione.
Cogliamo qui la prima delle contraddizioni e il primo esempio della doppia faccia UE rispetto alla difesa dei diritti umani e le libertà. Siamo di fronte a un’Unione Europea sempre pronta a dare lezioni all’esterno, mentre è permissiva, silenziosa o “esternalizza” le proprie violazioni dei diritti umani.
In questo contesto, non sorprende che, ancora una volta utilizzando il Sakharov come strumento per la politica estera e difendendo gli interessi delle classi dirigenti dell’Unione Europea fuori dai suoi confini, quest’anno sia stato assegnato il premio – e i 50.000 euro associati – a chi viene definito come “l’opposizione democratica venezuelana”.
Un nuovo tentativo di promuovere chi meglio difende gli interessi della UE in Venezuela, senza tener conto del loro carattere golpista e violento e, soprattutto, senza curarsi dell’irresponsabilità dello scommettere sulla destabilizzazione. Golpismo e violenza, invece di facilitare e sostenere il processo di dialogo, aprendo la strada alla fine del conflitto attraverso l’unica strada realmente efficace e duratura: l’accordo tra il popolo venezuelano, senza interferenze né imposizioni esterne.
Con irresponsabilità si è deciso di premiare un totum revolútum, quella “opposizione democratica venezuelana” composta, secondo i grandi gruppi del Parlamento Europeo, da forze dell’opposizione venezuelana – che non hanno esitato nel fare appello a rovesciare con ogni mezzo l’attuale presidente del Venezuela eletto democraticamente, Nicolás Maduro – rappresentate dalla figura di Julio Borges, e dai cosiddetti prigionieri politici: Antonio Ledezma e Lorent Saleh.
Quest’ultimo Sakharov è forse il caso più indicativo di dove sia arrivata la strumentalizzazione del premio e la mancanza di scrupoli dei principali gruppi della Camera quando si tratta di usarlo come uno strumento al servizio della loro politica estera. Gettando una semplice occhiata al rapporto ufficiale preparato dai servizi della Camera europea sui premiati, leggiamo che Saleh “…ha lasciato il Venezuela per andare in Colombia, dove ha iniziato a rafforzare le sue relazioni con i paramilitari (…) venne arrestato dal Servizio colombiano di intelligence e consegnato alle autorità venezuelane”. Indubbiamente, un buon esempio di cosa intendono per “prigionieri politici”, mentre si rifiutano di parlare di persone imprigionate per i testi delle proprie canzoni, per un tweet o delle urne sequestrate per impedire un voto.
Quindi, invece di premiare il lavoro dei difensori dei diritti umani in Colombia – e di rafforzare la costruzione della pace in un momento in cui l’attuazione degli accordi è molto minacciata – si premia coloro che cercano di esportare in Venezuela il paramilitarismo colombiano che è costato la vita a buona parte dei 91 difensori assassinati in quel paese quest’anno.
Il mondo al contrario, ma niente di nuovo. Già nel 2002, il premio è stato assegnato a Oswaldo Payá e nel 2010 a Guillermo Fariñas, due noti membri dell’opposizione cubana, rendendo chiaro a tutti che il Premio Sacharov era uno strumento nella strategia europea del fedele asservimento agli Stati Uniti nel perseguire tutti quei governi non in linea con le politiche neoliberiste. Diversi riconoscimenti all’opposizione cubana e venezuelana e nessuno ai difensori dei diritti umani in Honduras, Guatemala o Messico, paesi in cui centinaia di persone sono morte per questa loro attività.
Secondo l’Alto Ufficio dei Diritti umani, i difensori dei diritti umani sono persone che “si sforzano di promuovere e proteggere i diritti civili e politici e ottenere la promozione, la protezione e il godimento dei diritti economici, sociali e culturali”. È davvero complicato trovarne un po’ nel “giudice” che assegna questo premio e in coloro che sono stati premiati. Nei paramilitarismo, nella promozione della violenza nelle strade, o nella promozione del colpo di stato per rovesciare governi democraticamente eletti.
Ecco perché, coerentemente e per rispetto verso coloro che difendono realmente i diritti umani e la libertà di coscienza, lasciando indietro le loro vite, il gruppo GUE non parteciperà a questa cerimonia.
Traduzione de l’AntiDiplomatico