Atilio Borón http://www.cubadebate.cu
Quello di oggi è un giorno di lutto per la democrazia nel mondo. Tre giudici hanno gettato via tutte le prove che confermavano l’innocenza di Lula e lo hanno condannato a una pena di 12 anni e 1 mese per aver, presumibilmente, incorso nel reato di corruzione. Per colmo, questi funesti personaggi che macchiano, in modo indelebile, la giustizia brasiliana hanno deciso di aumentare la pena che, originariamente, era stata fissata dal controverso giudice Sergio Fernando Moro che era di 9 anni e 6 mesi di carcere.
Come è successo nel caso di Dilma Rousseff non ci sono inconfutabili prove che Lula avesse ricevuto la famosa triplex (casa a tre piani) a Guaruja in cambio di favori concessi ad alcune società esaminate nel contesto del processo legale noto come Lava Jato.
Ma la certezza incontrovertibile dell’esistenza del crimine, fondamento del giusto processo, non è più necessaria in Brasile, come in Argentina, per condannare un nemico politico. La differenza è che, in questo paese, è imprigionato sotto la discutibile figura della “prigione preventiva”, estremi che, ad ora, non sono stati raggiunti in Brasile. Perciò non c’è alcuna possibilità che Lula vada in prigione a seguito della sentenza della Camera. Un dato che parla della bassezza e turpitudine morale del mondo imprenditoriale brasiliano, che canta le lodi della democrazia e della repubblica, lo offre il fatto, che dopo essersi conosciuta l’illegale condanna di Lula la Borsa di San Paolo è salita di un 3,72%.
Comunque, la faccenda è lungi dall’essere chiusa. Ci sono molte istanze di appello, davanti la stessa Camera che ha deciso di aumentargli la pena, dinanzi al Superiore Tribunale di Giustizia (STJ) allegando che durante il processo si è trasgredita qualche legge federale o al Supremo Tribunale Federale (STF), se si arrivasse a considerare che la sentenza viola i diritti garantiti dalla Costituzione. Tenuto conto dei dilatati, che sogliono essere i tramiti legali chi deciderà se Lula può o meno partecipare alle elezioni e, se vincerla, diventando presidente è il Tribunale Elettorale Superiore (TSE), dove il PT dovrà registrare la candidatura di Lula tra il 20 luglio ed il 15 agosto prossimi.
Dal che il processo legale continua il suo corso ed il cui risultato finale potrebbe ben essere l’assoluzione di Lula, sembra poco probabile -per il temerario- che i magistrati del TSE pongano il veto alla iscrizione del leader PT e, se vinca alle elezioni, impediscano che giunga al Palazzo del Planalto. In breve, si è perso una battaglia contro una in(giustizia) corrotta e venale, ma il processo elettorale continua il suo corso e il vantaggio di Lula, sui suoi impresentabili concorrenti, aumenta poco alla volta ma giorno dopo giorno.
Non si parla dell’evento ma sono molti in Brasile che temono che la proscrizione di Lula possa essere la scintilla che accenda la secca prateria sociale brasiliana devastata dalle politiche di Temer e indignata per il pregiudizio antipopolare della giustizia federale. Non sarà che la vessazione politica contro l’ex presidente si converta neldetonante di un’esplosione sociale di proiezioni incalcolabili. Non dobbiamo dimenticare un chiaro insegnamento della storia: quelli che, più ostinatamente, si opposero alle riforme finirono per essere, nonostante loro, coloro che catalizzarono le rivoluzioni.
La proscripción de Lula
Por: Atilio Borón
El de hoy es un día de luto para la democracia en el mundo. Tres jueces arrojaron por la borda toda la evidencia que confirmaban la inocencia de Lula y lo condenaron a una pena de doce años y un mes por haber supuestamente incurrido en el delito de corrupción. Para colmo, estos funestos personajes que manchan de manera indeleble a la Justicia brasileña decidieron aumentar la pena que originalmente le había fijado el polémico juez Sergio Fernando Moro que era de 9 años y seis meses de prisión.
Tal como ocurriera en el caso de Dilma Rousseff no existen pruebas irrefutables que Lula hubiera recibido el famoso triplex en Guarujá a cambio de favores concedidos a ciertas empresas examinadas en el marco del proceso legal conocido como Lava Jato.
Pero la certeza incontrovertible de la existencia del delito, fundamento del debido proceso, no es ya necesaria en Brasil, como en Argentina, para condenar a un enemigo político. La diferencia es que en este país se lo encarcela bajo la dudosa figura de la “prisión preventiva”, extremos hasta los cuales hoy no se ha llegado en Brasil. Por eso no hay ninguna posibilidad de que Lula vaya a prisión a raíz de la sentencia de la Cámara. Un dato que habla de la bajeza y el talante moral del empresariado brasileño, que canta loas a la democracia y la república, lo ofrece el hecho de que tras conocerse la ilegal condena a Lula la Bolsa de Sao Paulo subió un 3.72 por ciento.
De todos modos, el asunto está lejos de haber sido clausurado. Quedan muchas instancias de apelación, ante la propia Cámara que decidió aumentarle la pena, ante el Superior Tribunal de Justicia (STJ) alegando que en el curso del proceso se transgredió alguna ley federal, o ante el Supremo Tribunal Federal (STF), si llegara a plantearse que le sentencia viola derechos garantizados por la Constitución. Habida cuenta de lo dilatados que suelen ser los plazos legales quien decidirá si Lula puede o no participar en las elecciones y, en caso de ganarlas, asumir la presidencia es el Tribunal Superior Electoral (TSE), donde el PT deberá inscribir la candidatura de Lula entre el 20 de julio y el 15 de Agosto próximos.
Dado que el proceso legal continúa su curso y cuyo resultado final bien podría ser el sobreseimiento de Lula, parece poco probable –por lo temerario- que los magistrados del TSE veten la inscripción del líder petista y, si triunfa en las elecciones, le impidan que llegue al Palacio del Planalto. En pocas palabras, se perdió una batalla contra una in(justicia) corrupta y venal, pero el proceso electoral sigue su curso y la ventaja de Lula sobre sus impresentables competidores aumenta de a poco pero día a día.
No se habla del asunto pero son muchos en Brasil que temen que la proscripción de Lula puede ser la chispa que incendie la reseca pradera social brasileña, devastada por las políticas de Temer e indignada por el sesgo antipopular de la justicia federal. No vaya a ser que el ensañamiento político en contra del ex presidente se convierta en el detonante de un estallido social de incalculables proyecciones. No hay que olvidar una clara enseñanza de la historia: quienes con más empecinamiento se opusieron a las reformas terminaron siendo, a pesar de ellos, los que catalizaron las revoluciones.