Philip Agee e Ana Belén Montes: la vittoria della coscienza, invisibile per la stampa
Sono passati dieci anni dalla morte, all’Avana, di Philip Agee, che fu un agente della CIA per 12 anni. Ruppe con l’Agenzia nel 1968 per motivi di coscienza.
Philip Agee ha scritto diversi libri di denuncia. Il più noto, “Dentro la compagnia: diario della CIA”, pubblicato nel 1974 e tradotto in 30 lingue.
In esso racconta come il 12 dicembre 1965, nel visitare un membro del governo dell’Uruguay, udì nell’ufficio adiacente le grida di una persona che lui stesso aveva tradito ed era torturata.
Fu un momento decisivo nella sua vita: si rese conto – scrisse – che il suo compito era sostenere governi “miserabili e corrotti”. “Negli anni 70 -diceva- i peggiori orrori immaginabili avevano luogo in Argentina, Brasile, Cile, Uruguay, Paraguay, Guatemala, El Salvador … erano dittature militari con squadroni della morte, che avevano il sostegno diretto della CIA”.
Il governo USA lo ha qualificato come traditore. Ha perso la nazionalità nel 1979 ed è fuggito. Fu espulso dal Regno Unito, Olanda, Francia, Germania Federale e dall’Italia, su diretta pressione del Segretario di Stato Henry Kissinger.
Nel 1980 ha trovato rifugio sull’isola di Granada, e poi in Nicaragua, fino a quando cadde il governo sandinista nel 1990.
Anni dopo si sarebbe stabilito a Cuba. Dal 2000, fino alla sua morte nel 2008, ha diretto una modesta agenzia di viaggi online: portava il pubblico USA a conoscere Cuba, approfittando di alcune licenze legali e sfidando sempre il blocco all ‘isola.
Philip Agee antepose la sua coscienza all’obbedienza alla CIA. Come ha fatto Ana Belén Montes, un analista del Pentagono attualmente detenuta negli USA per aver allertato Cuba sui piani interventisti di Washington.
Entrambi sono appassionanti casi di vittoria della coscienza. Ma nessuno di loro suscita l’interesse di una stampa ogni giorno più piegata agli interessi imperiali.