Congressisti USA: reclamano normalità x ambasciata a L’Avana

Una delegazione bicamerale del Congresso statunitense ha incitato, ieri mercoledì, a dare normalità al funzionamento dell’Ambasciata del loro paese a L’Avana, paralizzato dalle misure unilaterali del Dipartimento di Stato che hanno compreso la partenza di 17 funzionari cubani della missione diplomatica a Washington.


«È assolutamente essenziale che ritorni tutto il personale nelle ambasciate e quanto prima», ha detto al stampa il leader del gruppo, il senatore democratico per  il Vermont, Patrick Leahy, che ha lamentato il blocco e i ritardi d alcuni programmi di cooperazione tra i due paesi.

Dal settembre del 2017, l’Ambasciata degli Stati Uniti in Cuba  ha limitato il suo funzionamento ed ha praticamente paralizzato i servizi consolari, prodotto della partenza della maggioranza del suo personale diplomatico.

La decisione di Washington è stata giustificata con i  presunti “attacchi acustici” contro i suoi funzionari. Senza dubbio tre mesi d’investigazioni cubane e statunitensi non hanno incontrato una sola prova su questi fatti e tanto meno piste sulle cause o le origini dei problemi di salute allegati.

L’impatto delle misure del Dipartimento di Stato era uno dei temi da trattare per la delegazione, formata dai senatori democratici Ron Wyden, dell’Oregón, e Gary Peters, del Michigan, oltre che dai rappresentanti del partito azzurro, James McGovern, del Massachusetts, e Susan Davis, della California.

Il senatore Wyden  ha segnalato che la delegazione ha realizzato lunghe sessioni di lavoro con le controparti cubane che hanno investigato i presunti incidenti. Poi ha aggiunto che il miglior cammino al rispetto è che le parti collaborino per risolvere il tema.
«Cuba è disposta a dare la cooperazione che desideriamo per scoprire quello che è accaduto», ha aggiunto  Leahy.

Da quando sono stati notificati quei fatti, le autorità cubane hanno mostrato disposizione a collaborare ed hanno anche permesso l’entrata del FBI per condurre ricerche sul  terreno.

Il rappresentante McGovern ha mostrato preoccupazione per il tempo che potrebbe passare prima di giungere a una conclusione.
«Troppa gente sta soffrendo sia a Cuba che negli Stati Uniti».

«È stato un errore tagliare il personale statunitense in Cuba e prendere la decisione di esigere la partenza dei diplomatici cubani da Washington», ha aggiunto.

Inoltre ha criticato l’allerta per i viaggi, emessi dal Dipartimento di Stato, con la motivazione che i viaggiatori statunitensi avrebbero potuto soffrire danni, quando Cuba è uno dei paesi più sicuri  per il turismo del mondo.

«Ieri abbiamo incontrato degli studenti statunitensi nell’Università de L’Avana. Loro si sentono sicuri. Ho parlato con il personale degli affari:  loro si sentono sicuri e sono  americani che lavorano nella sede diplomatica qui. Loro si sentono sicuri»,  ha detto  McGovern.

Il senatore Leahy ha ricordato d’aver visitato zone pericolose del mondo intero e anche in guerra, ma che in quei casi lo ha fatto sempre da solo.

A Cuba in questa opportunità è venuto con sua moglie e la nipotina di 13 anni.

«Non le avrei mai poste in pericolo» ha indicato.

I legislatori statunitensi hanno realizzato un incontro di lavoro con Carlos Fernández de Cossío, direttore generale degli Stati Uniti del  Ministero delle  Relazioni Estere, indica una nota ufficiale del Minrex.

Rispetto ai sintomi di salute riportati dai diplomatici statunitensi a L’Avana Cossio ha sottolineato che come è stato detto categoricamente: « Cuba non ha attaccato  nè ha permesso attacchi contro diplomatici di nessun paese, includendo gli USA»,  ha riferito.

Cossio ha spiegato che l’Isola maggiore delle Antille intende l’obbligo di ogni Stato di proteggere i suoi diplomatici nel compimento delle loro funzioni, ed ha affermato che Cuba è un paese sicuro, stabile e sano per cubani e stranieri, includendo i diplomatici. Che il paese conta con le misure, con le risorse e con la volontà di  continuare a proteggere la sicurezza cittadina e quella degli stranieri radicati nel paese, e soprattutto la comunità diplomatica».

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