Lissy Rodríguez Guerrero http://www.cubadebate.cu
Che Cuba abbia un nuovo presidente oggi non è solo il risultato di un processo elettorale. C’è molto di responsabilità, di simbolismo, nel passaggio da quella generazione storica ad un’altra, che non si forgiò tra le montagne nè scese dalla sierra vittoriosa nella lotta; ma che è cresciuta a salvaguardare e, senza allontanarsi dal cammino, è disposta a fondare, a trasformare, a conquistare … Si tratta, parafrasando il poeta, “linea di una storia più grande”, che parla di continuità.
E c’è anche molto di distacco in quell’atto di cedere, che non implica rinunciare; c’è molta umiltà che lascia ad altri di guida di tale grande opera per la quale è stato dato tutto, per solo accompagnare, dalla più alta avanguardia politica e, a sua volta, dallo scranno di un deputato.
E quell’atto era trascendente come naturale.
Dalla prima giornata di costituzione dell’Assemblea abbiamo visto Raúl occupare un posto in prima fila; esercitando il tuo voto, scheda in mano, con naturalezza; insegnando, con le sue azioni fiduciose, che era già arrivato quel momento che abbiamo sempre visto da lontano. Perché il futuro ci sembra sempre lontano.
E quando è stato un fatto l’elezione di Miguel Díaz-Canel Bermudez come presidente di Cuba, Raul è salito sul podio, privo di falsi protocolli e posture solenni, per riceverlo, ad accompagnarlo, per abbracciarlo, per stampare così la fiducia nell’uomo e nel futuro.
Raul ha sottolineato, di Diaz-Canel, che “non è un improvvisato”. Ha sottolineato il suo lavoro come ingegnere, il suo lavoro come ufficiale FAR, leader dei giovani, e poi quadro preofessionale del partito a Villa Clara e Holguín. Ha parlato del suo lavoro come Ministro dell’Istruzione Superiore e, da cinque anni, come Primo Vicepresidente dei Consigli di Stato e dei Ministri.
Di Raul, ha sottolineato il nuovo presidente, la sua dimensione di statista, la leadership nella formazione del consenso nazionale e nel processo di aggiornamento che vive il paese, così come la ricca storia che è composta dalla partecipazione al Moncada, alla spedizione col Granma, il guerrigliero, il capo militare ed il dirigente politico.
“Non vengo a promettere nulla”, ha detto Diaz-Canel, come la Rivoluzione non l’ha mai fatto in tutti questi anni. “Vengo per portare l’impegno”, che non è altro che continuare “agendo, creando e lavorando instancabilmente”, in connessione con la gente umile e solidale di questa terra. In quella impresa non ci sarà alcuna assenza, perché “persino i nostri morti ci accompagneranno”.
E non è che sia facile tutto ciò che deve essere fatto. Ma questo 19 aprile non ci sono state rotture. La continuità ha volti.
Otro 19 de abril de victorias
Por: Lissy Rodríguez Guerrero
Que Cuba tenga hoy un nuevo presidente no es solo el resultado de un proceso de elección. Hay mucho de responsabilidad, de simbolismo, en el tránsito de esa generación histórica a otra, que no se curtió entre montañas ni bajó de la sierra con un triunfo peleado; pero que ha crecido como salvaguarda y, sin apartarse del camino, se ha dispuesto a fundar, a transformar, a conquistar… Se trata, parafraseando al poeta, del “renglón de una historia mayor”, que habla de continuidad.
Y también hay mucho de desprendimiento en ese acto de ceder, que no implica renunciar; hay mucho de humildad en quien deja a otros la conducción de esa obra grande por la que se ha dado todo, para solo acompañar, desde la más alta vanguardia política y, a su vez, desde el escaño de un diputado.
Y ese acto fue tan trascendente como natural.
Desde la primera jornada de constitución de la Asamblea vimos a Raúl ocupando un puesto en primera fila; ejerciendo su voto, boleta en mano, con naturalidad; enseñando, con su actuar confiado, que ya había llegado aquel momento que siempre vimos desde lejos. Porque el futuro siempre nos parece lejos.
Y cuando fue un hecho la elección de Miguel Díaz-Canel Bermúdez como presidente de Cuba, Raúl subió al estrado, desprovisto de falsos protocolos y posturas solemnes, para recibirlo, para acompañarlo, para abrazarlo, para estampar con ello la confianza, en el hombre, y en el porvenir.
De Díaz-Canel, subrayó Raúl, que “no es un improvisado”. Destacó su labor como ingeniero, su trabajo como oficial de las FAR, líder juvenil, y luego cuadro profesional del Partido en Villa Clara y Holguín. Habló de su quehacer como Ministro de Educación Superior y desde hace cinco años, como Primer Vicepresidente de los Consejos de Estado y de Ministros.
De Raúl, resaltó el nuevo presidente, su dimensión de estadista, su liderazgo en la formación del consenso nacional y en el proceso de actualización que vive el país, así como la rica historia que integra al moncadista, al expedicionario, al guerrillero, al jefe militar y al dirigente político.
“No vengo a prometer nada”, dijo Díaz-Canel, como jamás lo hizo la Revolución en todos estos años. “Vengo a entregar el compromiso”, que no es otro que el de continuar “actuando, creando y trabajando sin descanso”, en vínculo con la gente humilde y solidaria de esta tierra. En esa empresa no habrá ninguna ausencia, porque “hasta nuestros muertos nos acompañarán”.
Y no es que sea fácil todo lo que ha de hacerse. Pero este 19 de abril no hubo rupturas. La continuidad tiene rostros.