di José Reinaldo Carvalho* | da resistencia.cc – Marx21.it
Il presidente venezuelano, Nicolás Maduro, è stato rieletto domenica 20 maggio per un altro mandato di sei anni alla guida della Rivoluzione Bolivariana. E’ stata una vittoria clamorosa e incontestabile. Maduro ha ottenuto il 68% dei voti, 5.823.728, contro 1.820. 552 voti del secondo piazzato.
La vittoria del Frente Amplio de la Patria, coalizione che riunisce Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUC), Partito Comunista (PCV), Patria per Tutti (PTT), Movimento Siamo Venezuela e altre sigle è ancora più travolgente nel contesto del boicottaggio elettorale promosso dalla destra, che ha invitato all’astensione, dell’aggressione economica, che provoca immense difficoltà sociali, del brutale assedio imperialista, dell’offensiva mediatica, delle minacce di golpe ed intervento esterno – elementi di una guerra di quarta generazione che minaccia il Venezuela, come ogni altro paese che realizzi una politica rivoluzionaria, democratica e progressista.
In meno di un anno questa è la quarta vittoria elettorale del Chavismo. Nel mese di luglio 2017, le forze di avanguardia della Rivoluzione Bolivariana avevano vinto, il che si è ripetuto nelle elezioni per i governatori, in ottobre, e i prefetti, in dicembre. E’ la 22° vittoria elettorale del Chavismo, in 24 consultazioni svoltesi dall’anno 1999, un’altra dimostrazione della solidità, ampiezza e sostegno popolare di questa forza politica creata dal leader rivoluzionario Hugo Chávez.
Nel discorso davanti alla folla che si è riunita nel centro di Caracas la notte di domenica, in cui sono stati annunciati i risultati elettorali, il presidente rieletto ha sottolineato che si è trattata di una vittoria della pace e della democrazia, e nuovamente, come presidente di tutti i venezuelani, ha porto la mano per la realizzazione di dialoghi, intese e patti che portino alla riconciliazione nazionale, alla ripresa dello sviluppo economico-sociale e all’instaurazione della pace e della normalità nel paese.
Le prime reazioni delle forze di destra e dell’imperialismo sono state, come ci si poteva aspettare, di intolleranza e belligeranza. Hanno annunciato di non riconoscere i risultati elettorali, lasciando intendere che torneranno a percorrere il pericoloso cammino dell’aggressione esterna e del tentativo di golpe con mezzi violenti, come è avvenuto nel marzo-aprile 2017.
Attaccano il sistema elettorale del paese, che si è progressivamente perfezionato dal 1999, della cui trasparenza, del formato democratico e dei meccanismi di verifica – elogiati dall’ex presidente statunitense Jimmy Carter e dall’ex capo del governo spagnolo, José Luís Zapatero, quest’ultimo facente parte della delegazione di osservatori internazionali delle elezioni di domenica – ha beneficiato la stessa opposizione in due occasioni in cui aveva vinto: nel 2007, nel referendum sulla riforma costituzionale, e nel 2015, nelle elezioni legislative per l’Assemblea Nazionale (parlamento). E’ sintomatico che in entrambe le occasioni non ci siano state denunce di frode e neppure minacce di non riconoscere i risultati. E’ evidente che ci troviamo di fronte ad attacchi della destra per giustificare le sconfitte nelle urne. Si grida alla frode prima del voto, con editoriali in tutto il mondo, si annuncia in anticipo la non legittimità dei risultati. E’ il comportamento antidemocratico davanti alla realtà dei fatti, all’espressione della volontà del popolo, libero e sovrano attraverso il voto.
Una nuova fase
La rielezione di Nicolás Maduro è il punto di partenza di un’altra fase della Rivoluzione Bolivariana. Ci sono altre importanti riforme da fare, per il consolidamento politico e istituzionale della rivoluzione, l’approfondimento delle riforme strutturali di carattere democratico, popolare e antimperialista, la costruzione del modello economico e sociale, la ricerca di un percorso socialista. Maduro è disposto al dialogo, e allo stesso tempo ha riaffermato la determinazione a proseguire sulla strada rivoluzionaria, antimperialista e socialista imboccata da Hugo Chávez.
Sarà necessario rafforzare ulteriormente l’unità del popolo venezuelano, il ruolo della leadership, il fronte dei partiti rivoluzionari, l’ampliamento della base politica per affrontare l’offensiva dell’imperialismo statunitense, dei suoi alleati latinoamericani e delle forze della destra venezuelana, offensiva che si preannuncia più intensa e pericolosa. Hanno già lasciato intendere che non rinunciano e non rinunceranno al proposito di rovesciare il governo legittimo, democratico e costituzionale e di liquidare la Rivoluzione Bolivariana.
Il “segreto” della vittoria
La vittoria di Maduro nelle elezioni di questa domenica è ancora una volta la concretizzazione di un principio del fondatore della Repubblica Bolivariana, Hugo Chávez, che sempre è stato chiaro sulla necessità di costruire un progetto politico basato sui sentimenti e le aspirazioni del popolo, sul protagonismo popolare. Questa vittoria apre la strada all’espansione e all’approfondimento della democrazia, al rafforzamento dell’unità popolare, all’incoraggiamento della partecipazione popolare, sia attraverso la democrazia partecipativa che di quella rappresentativa, l’esercizio pieno della cittadinanza, dell’inclusione politica e sociale, il dialogo e il protagonismo popolare con i movimenti sociali.
Ancora una colta, si crea l’opportunità per costruire – come voleva Chávez – un progetto basato sui sentimenti e le aspirazioni del popolo, sul protagonismo popolare. Chávez ha colto il senso storico dell’istinto popolare, che in determinati momenti di acuta lotta di classe sintetizza sentimenti e aspirazioni profonde e si trasforma in un inarrestabile torrente di trasformazione. Questo è il “segreto” della Rivoluzione Bolivariana, sostenuta dalla costruzione di soggetti politici e organici collegati, fusi con il movimento popolare, la storia popolare, le radici popolari e dedicata alla crescita di un progetto politico popolare, dotato di istituzioni proprie, antagoniste nei confronti delle classi dominanti. Questo è stato il significato del processo innescato da Chávez ancora agli inizi della Rivoluzione, e questo è il significato dell’attuale processo costituente, nel fuoco dell’analisi critica e della lotta alle oligarchie, alla destra e all’imperialismo, significato che è presente nell’esperienza venezuelana dal momento dell’insurrezione civico-militare del 4 febbraio 1992.
Questa spinta popolare è il fattore distintivo e peculiare della Rivoluzione Bolivariana, che non è scritto in nessun manuale, né è simile ad alcuna precedente esperienza rivoluzionaria. La Rivoluzione Bolivariana è un’esperienza originale prodotta dalla lotta popolare in difesa della sovranità nazionale e del socialismo, nelle condizioni concrete, storiche e culturali della nazione venezuelana e dell’inizio del secolo. Assume apertamente il suo carattere trasformatore e proclama senza timore ed esitazione, come obiettivo strategico, la costruzione del “socialismo del XXI secolo”.
In questi 19 anni, la Rivoluzione ha promosso riforme strutturali, ha distribuito reddito, ha approfondito la democrazia, ha cercato di elevare il livello di coscienza politica e ideologica delle masse e ha giocato un ruolo di primo piano nel processo di integrazione sovrana dell’America Latina e dei Caraibi. Risiede in questi processi il “segreto” della sua vittoria, e anche la ragione della brutale reazione imperialista e delle classi dominanti.
In un quadro di colpi di Stato, battute d’arresto e minacce in America Latina, il trionfo elettorale delle forze democratiche, popolari e patriottiche in Venezuela è un incoraggiamento per la lotta per la democrazia, la sovranità nazionale e l’integrazione dei popoli.
*Giornalista, membro del Comitato Centrale e della Commissione Politica del Partito Comunista del Brasile (PCdoB) e editor di Resistência–