Né scuole, né trasporti, né banche, né negozi aperti: l’Argentina si è svegliata ieri, lunedì 25, con uno sciopero generale della Confederazione Generale del Lavoro – CGT – il terzo di questa centrale operaia contro i cambi economici del governo.
I portavoce della CGT lo avevano annunciato da vari giorni ed è stato realizzato uno sciopero di rilevante ripercussione, dato che sin dalla prima mattina sono mancati vari servizi tra i quali quello aeronautico, con varie linee e voli cancellati.
Lo sciopero generale di 24 ore in risposta alle varie misure dell’Esecutivo di Mauricio Macri, tra le quali l’appoggio finanziario del FMI e una paritaria, con negoziati salariali che non si concretano, si è sentito in tutta la nazione e ha riguardato tutti i settori.
Alla CGT si son sommati i sindacati della Centrale dei Lavoratori dell’Argentina – CTA – e la sorella CTA Autonoma, con i bancari, i settori della salute, l’educazione, i giudiziari, tutto per inviare un messaggio al governo: frenare le politiche d’aggiustamento che si stanno ripercuotendo nelle tasche dei lavoratori.
Ieri non ci sono stati trasporti collettivi, treni, taxi e non ci sono state nemmeno lezioni nelle scuole, mentre i negozi hanno chiuso le porte e si è vista una Buenos Aires con tutte le sue strade vuote.
Anche se gli organizzatori dello sciopero non hanno incitato alla mobilitazione, ci sono alcune organizzazioni politiche che hanno anticipato diverse giornate e azioni nell’Obelisco e blocchi di diverse rotte, come il ponte Pueyrredón, nell’accesso ovest davanti all’Ospedale Posadas e in Avenida General Paz, di fronte all’Istituto Nazionale di Tecnologia Industriale: due entità che hanno sofferto tagli dello Stato.
Dopo un dialogo che non ha avuto un buon risultato, nel quale i portavoce della CGT hanno consegnato un pieghevole di richieste al governo, questa centrale ha deciso d’esprimere così la sua condanna alle politiche economiche del governo, per l’aumento delle tariffe dei servizi pubblici e per l’accordo con il FMI.
Inoltre i lavoratori reclamano un aumento salariale al di sopra del 15%, la meta dell’inflazione prevista dall’Esecutivo, che restata indietro rispetto alle nuove previsioni che si ubicano al disopra del 25%.
Argentina: governo costretto ad ammettere che i lavoratori perderanno ulteriore potere d’acquisto
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Non è un bel periodo per il popolo argentino. A causa delle ottuse politiche neoliberiste implementate dal governo Macri, Buenos Aires sta velocemente ripiombando nel baratro in cui era sprofondata all’inizio del nuovo millennio.
Dopo la stipula di un accordo da 50 miliardi di dollari con il Fondo Monetario Internazionale che comporterà l’adozione di ulteriori politiche di austerità, quindi lacrime e sangue per i lavoratori e il popolo in generale, le previsioni sono ancora negative.
Il nuovo ministro della Produzione argentino Dante Sica, infatti, in occasione di un incontro con uomini d’affari ha dovuto ammettere che i lavoratori perderanno ulteriore potere d’acquisto nel terzo trimestre di quest’anno.
I prezzi aumenteranno di oltre il 15%, pertanto l’inflazione supererà il tetto paritario imposto dal governo Macri.
Questo accade in un Argentina già segnata da licenziamenti di massa, aumento delle tariffe di beni essenziali come gas ed elettricità, repressione crescente della protesta sociale.
«Il neoliberismo è la strada che conduce all’inferno», affermava il Comandante Hugo Chavez, l’Argentina neoliberista di Mauricio Macri lo conferma in pieno.