di Geraldina Colotti
Bandiere che spingono all’assalto quando pesano le gambe o il cuore. Bandiere in cima alla fabbrica espugnata, che ora produce senza sfruttare. Bandiere che uniscono quando il nemico preme. Il rosso delle bandiere al IV Congresso del PSUV. Nelle rivoluzioni, i simboli sono importanti. C’è ancora bisogno di eroi, per l’esempio e nella battaglia delle idee… Si apre nel ricordo di Hugo Chavez il IV Congresso del Partito Socialista Unito del Venezuela. Si apre nel giorno in cui il Comandante avrebbe compiuto 64 anni, il 28 luglio. A Caracas, le plenarie andranno avanti fino a domenica.
Già un decennio dal primo congresso fondativo, quasi venti da quel dicembre del 1998 quando il popolo ha voluto Chavez come presidente. Dopo la sua morte, il PSUV ha scelto Nicolas Maduro, rinnovando da allora la fiducia sia a lui che al vicepresidente, Diosdado Cabello. Due presidenti “femministi”, ricorda il Libro Violeta, presentato dalle militanti del PSUV. Quest’anno sarà disponibile insieme al Libro Rojo, che a ogni congresso aggiorna i punti programmatici del partito.
Il Libro Viola propone una road map per aggiornare l’avanzata costituzione bolivariana, declinata nei due generi e approvata nel 1999, incorporando leggi, conquiste e acquisizioni della “rivoluzione femminista”. La lotta alla violenza contro le donne – dicono le militanti – dev’essere assunta come un problema di Stato, da combattere in tutte le sue forme: comprese quelle simboliche, imposte sui media o in politica. Ricordano che divisione sessuale del lavoro, come “espressione concreta e quotidiana del patriarcato assegna esclusivamente alle donne il lavoro di casa e di cura anche delle persone più vulnerabili in famiglia. In ogni paese, le donne lavorano più ore al giorno degli uomini, perché al lavoro salariato si aggiunge quello di cura, non pagato”.
Per questo, le femministe venezuelane propongono di ampliare l’articolo 88 della Costituzione, che già riconosce il valore sociale del lavoro domestico, per garantire il diritto al salario per le casalinghe. Inoltre, vogliono aggiungere un articolo che metta nero su bianco “l’impegno dello Stato, delle istituzioni educative e dei mezzi di comunicazione contro il patriarcato, per favorire la costruzione di una società democratica, partecipativa, con piena uguaglianza e equità di genere”. In una società basata “sulla democrazia partecipata e protagonista, la cura delle persone – dicono – è responsabilità delle donne e degli uomini, di tutta la comunità”.
E’ perciò “della massima importanza che la prospettiva di genere attraversi tutte le politiche pubbliche della Rivoluzione Bolivariana. E’ improcrastinabile approfondire il processo di decolonizzazione dal patriarcato, di tutta la società e dello Stato venezuelano”. Nel capitolo sui diritti sociali e riproduttivi, il tema dell’autodeterminazione delle donne viene definito nei contenuti, ma non in dettaglio: nel senso che non viene nominata la parola “aborto”, di cui però si discute animatamente nel paese. “Questa agenda – avvertono d’altronde le femministe – è tutt’altro che un documento chiuso. Anzi, è aperto alla complessa composizione del movimento delle donne oggi, ed è appena un primo avvicinamento ai contributi che possiamo portare al dibattito popolare costituente”.
Il dibattito che si sta svolgendo da un anno all’interno dell’Assemblea Nazionale Costituente è d’altronde arrivato a un punto cruciale, e si riverbera in pieno nelle 7 proposte in discussione al Congresso: 7 chiavi il cui principale obiettivo, nel complesso quadro geopolitico mondiale, è quello di “smontare la guerra economica orchestrata da interessi esterni alleati a quelli di lacchè locali che vogliono impadronirsi delle enormi risorse del Venezuela”.
Il punto 3, “Construcción del Nuevo Modelo Económico-Productivo Socialista como Garantía de la Igualdad Social”, entra nel merito e fa da sfondo ai “15 motori produttivi” intorno a cui sta lavorando da mesi la squadra di governo. Le recenti proposte per l’istituzione di un nuovo sistema monetario e per l’ancoraggio del bolivar al petro (la criptomoneta basata sull’oro venezuelano) sono alcuni degli inneschi per aggirare le sanzioni degli Usa e della Ue.
Il rapporto tra il governo e il partito, altro punto sul tavolo, promette di essere abbastanza rovente, nel quadro di un dibattito che non ha lesinato critiche alle burocrazie e alle rendite di posizione di chi si iscrive al partito per meglio accudire ai propri affari. Una pratica favorita – dicono alcune correnti di base – dalla natura troppo “aperta” del PSUV, il più grande partito dell’America Latina. Il tema della formazione permanente dei quadri, torna anche questa volta, in un Congresso provato e avvertito da tradimenti, defezioni e contestazioni.
Partito di massa o partito di quadri? Entrambe le cose, dice il Libro Rojo, che dettaglia 24 principi fondativi: anticapitalista, antimperialista, marxista, bolivariano, difensore dell’uguaglianza e dell’equità di genere, difensore della Madre Terra… Il dibattito si ripropone, in modo pertinente ma non ozioso per un partito che muove le speranze di milioni di persone: le speranze di quei settori che, in Italia, marciano dietro le false bandiere della xenofobia. Anche questa volta, la presenza dei popoli indigeni che porteranno le loro proposte, sarà massiccia.
Migliaia di assemblee si sono svolte nei mesi precedenti in tutto il paese. Sta arrivando nella capitale una memorabile marcia di contadini militanti che ricordano quanta strada ci sia ancora da fare in un paese che ha sicuramente intaccato i rapporti di proprietà, ma non li ha sovvertiti nel profondo.
Il punto 7 rappresenta infine una vera e propria novità. S’intitola Fortalecimiento y Expansión de la Red de Relaciones Políticas y Sociales de la Revolución Bolivariana para la Construcción de un Mundo Multicéntrico y Pluripolar. Riguarda l’articolazione delle relazioni sud-sud all’interno del contesto regionale, ma anche “la formazione e la presenza di quadri del partito in importanti paesi del mondo; compagne e compagni che avranno la responsabilità di articolare con le organizzazioni politiche e sociali che lì fanno vita, al fine di sviluppare e ampliare la solidarietà con la nostra Rivoluzione”.
Per una nuova internazionale dei movimenti popolari? Forse i tempi sono maturi.