Durante il periodo della Rivoluzione Bolivariana, il Venezuela ha conosciuto un insieme di situazioni e shock propiziati dall’antichavismo nazionale con sostegno dall’estero. La lotta politica interna si è evoluta, fin dai primi istanti di questo ciclo politico, in pratiche apertamente terroristiche commesse da elementi radicali che hanno cercato recuperare il potere politico perso dall’ascesa di Hugo Chávez.
Le manovre con scopi di destabilizzazione politica, i tentativi di assassinio di Hugo Chavez e Nicolas Maduro, l’assassinio di dirigenti e funzionari chavisti, i tentativi di colpo di stato, il dispiegamento della violenza paramilitarizzata su aperta scala e la spinta della società venezuelana a situazioni germinali di conflitto civile, sono elementi denominatori di una varietà di metodi, che si sono approfonditi e sofisticati.
Un elemento significativo e comune in questi eventi è il grado di somiglianza che hanno acquisito con metodi che sono stati conosciuti in Colombia negli ultimi decenni. Metodi che, a giudicare dalle autorità venezuelane, non sono proprie della realtà di questo paese.
2002. Colpo di stato, sequestro e intenzione di assassinio. Gli eventi dell’aprile 2002, con la deposizione di Hugo Chávez, il suo sequestro e la prigionia sull’isola di La Orchila, sono il momento di maggiore pericolo contro la stabilità politica del Venezuela nella sua storia recente. Il metodo del colpo di stato “convenzionale” aveva, nelle parole dello stesso Chavez, l’intenzione della sua esecuzione nel suo periodo di prigionia.
Sarebbe stato l’evento che più tardi avrebbe aperto la strada ad un’altra serie di situazioni shock dove i fattori comuni sono stati: l’infiltrazione di organismi ufficiali, l’intenzione di distruggere o disarticolare la struttura di comando dello Stato e di promuovere la cattura del potere politico nazionale.
Bazooka ed operazione fallita di assassinio. Nell’ottobre 2002, il presidente Hugo Chavez presentò lo smantellamento di un piano per assassinarlo ed espose un’arma tipo bazooka modello AT-4 color verde oliva, artiglieria leggera che sarebbe stata utilizzata per abbattere l’aereo presidenziale nelle vicinanze all’Aeroporto Internazionale di Maiquetía.
Questa tecnica di assassinio supponeva la violazione di almeno due dei primi anelli della sicurezza presidenziale per, da una distanza adeguata, sparare contro l’aereo presidenziale. Una modalità di attacco furtivo e convenzionale. L’artefatto aveva rimosso i numeri di serie per rendere impossibile rintracciare la sua origine.
L’assassinio di Danilo Anderson. Il procuratore Danilo Anderson, incaricato di indagare gli eventi del colpo di stato del 2002, fu assassinato nel 2004 utilizzando un ordigno esplosivo C4 posto nel suo veicolo. Otoniel e Rolando Guevara, fratelli, ex agenti di polizia, furono catturati per il loro coinvolgimento come autori materiali del fatto. L’avvocato Antonio López Castillo e l’ex-poliziotto Juan Carlos Sánchez furono abbattuti nel tentativo di evitare la loro cattura in relazione con questo caso. Fu anche detenuto Giovanni Jose Vasquez de Armas, un ex membro confesso delle Unità di Autodifesa della Colombia (AUC). De Armas segnalò legami con il caso dell’impresario Nelson Mezerhane, la giornalista Patricia Poleo ed il generale in ritiro Eugenio Áñez Núñez.
Il caso Anderson fu il primo assassinio politico al più alto livello, con l’intento di intimidire le autorità venezuelane ed inoculare il terrore nelle sfere dello Stato e della società. La presentazione operativa di questo fatto riguardò elementi degli organi di sicurezza, seminando il precedente dell’infiltrazione ed uso di estrema violenza.
Fattoria Daktari. Nel 2004 un gruppo di circa 153 paramilitari colombiani erano di stanza presso l’azienda agricola Daktari, proprietà di Robert Alonso (fratello dell’attrice cubano-venezuelana Maria Conchita Alonso) nel municipio Baruta, a soli 20 minuti da Caracas. Equipaggiati coni armi ed uniformi militari venezuelane, intendevano attuare un colpo di stato e assassinare Hugo Chavez sotto la presentazione di un colpo di stato commesso dalle forze militari venezuelane.
Questo caso è emblematico per l’intenzione di utilizzare, su larga scala, una componente paramilitare e mercenaria di origine esterna. Si evidenzia come metodo il fattore di infiltrazione di agenti pericolosi nel territorio mediante campo paramilitare. Uno schema di presentazione asimmetrico, ma seguendo una parvenza di golpe frontale e di combattimento “corpo a corpo” contro la Guardia d’Onore presidenziale, come era previsto.
Omicidio di Robert Serra. L’assassinio del deputato chavista Robert Serra, ottobre 2014, fu un evento che segnò un nuovo precedente dell’uso della violenza paramilitarizzata e cruda contro alti elementi del potere politico venezuelano. Serra era delegato ad indagare, dal parlamento, il ruolo dell’ex presidente colombiano Álvaro Uribe in una serie di attacchi di destabilizzazione contro il paese
L’omicidio di Serra fu commesso attraverso l’infiltrazione del suo gruppo di sicurezza personale. Fu ucciso con oltre 50 coltellate, nella sua casa, insieme alla sua compagna María Herrera. Alla fine di ottobre, Maduro rivelò i nomi dei presunti implicati: Leiver Padilla Mendoza, meglio conosciuto con lo pseudonimo di “el Colombia” (a causa della sua nazionalità di origine), Jhonny José Padilla e Hemer Ignacio Fariñez Palomino. “El Colombia” fuggì nel suo paese d’origine e la sua estradizione fu ritardata dalle autorità colombiane.
2013. Disarticolazione di elementi paramilitari. In quell’anno, nei mesi di maggio, giugno ed agosto furono disarticolati tre gruppi di elementi paramilitari che erano articolati per commettere l’assassinio del presidente Maduro e del Presidente del Parlamento, al momento, il deputato Diosdado Cabello. Questi gruppi, componenti di una stessa struttura erano composti da cittadini di nazionalità colombiana, avevano il comune denominatore di essere in costante movimento nel territorio venezuelano, erano fortemente finanziati e portavano armamento da guerra.
Questi soggetti facevano parte dell’operazione denominata “Cartella gialla”. Due dei capi, Joan Gueche Victor Mosquera ed Erick Leonardo Huerta Rios, di nazionalità colombiana, segnalarono Alejandro Caicedo Alonso, alias “Scooby” che fu arrestato in Colombia, su richiesta del Venezuela. Erano elementi delle denominate BACRIM nel loro paese di origine, che sono noti reduci delle forze paramilitari dell’utra destra di quel paese e sono elementi di grande forza armata mercenaria per il narcotraffico.
All’epoca le autorità venezuelane esaminarono il legame tra Álvaro Uribe Vélez e l’infiltrazione di questi elementi paramilitari.
L’auge della violenza di strada e paramilitarizzata del 2014. Gli eventi noti come guarimbas, o la prima rivoluzione colorata disarticolata dal governo di Nicolas Maduro, aveva la presentazione di semplice proteste di piazza. Tuttavia, si evolsero presentandosi come violenza paramilitarizzata e germinale conflitto civile, con un saldo di 48 morti, per lo più da proiettili, mentre elementi altamente violenti occuparono territori in bastioni di diverse città come Caracas, Valencia, Barquisimeto, Maracaibo e con una forza speciale nelle città di confine con la Colombia, San Cristóbal e Mérida.
In quell’anno, il dispiegamento di una struttura di violenza e terrore indiscriminato nei settori chiave di queste città del Venezuela, cercò di far esplodere uno shock nazionale che, teoricamente, avrebbe generato un attacco militare interno contro Maduro. Ma questo fu disarticolato. Questo nuovo evento di violenza di strada urbana, anche se mediaticamente aveva la presentazione di “esplosione sociale”, in realtà si eseguì come un processo su vasta scala di un modello di guerra fratricida a bassa intensità. A quel tempo, le autorità venezuelane segnalarono il sostegno finanziario di quelle cellule paramilitarizzate dalla Colombia e Miami.
Il “Golpe Blu” e l’ “Operazione Gerico”. Nel 2014, precisamente il 25 marzo, il presidente Maduro annunciò l’arresto di tre generali attivi dell’Aviazione venezuelana legati ad una cospirazione. Sarebbe stato ciò l’inizio di nuove situazioni che si dispiegarono nel 2015. Nel febbraio dello stesso anno, il Servizio Bolivariana d’Intelligence (SEBIN) ed alti funzionari dello Stato annunciarono lo smantellamento del cosiddetto “Golpe Blu” per l’ampio legame di elementi dell’Aviazione in questi eventi (ed il colore della divisa di questi ufficiali). Si annuncia l’arresto di altri otto ufficiali ed in pochi giorni è detenuto l’allora sindaco metropolitano Antonio Ledezma per il suo coinvolgimento nel piano.
L’ “Operazione Gerico” espressione concreta della cospirazione, aveva previsto di utilizzare un aereo Super Tucano armato per attaccare obiettivi sensibili nella città di Caracas. Era pianificato l’assassinio del presidente e l’intenzione di produrre una reazione nelle forze militari venezuelane, inducendo, in tal modo, lo smantellamento degli organismi del potere nazionale. Si trattava di un’operazione militare di media scala, ma con un nuovo livello di sofisticazione attraverso l’uso di un artefatto di guerra convenzionale con scopi chiaramente assassinii e terroristici.
2017. Un nuovo ciclo di guarimbas, l’incendio di chavisti e bombe. Il nuovo assalto della violenza di strada urbana in quell’anno giunse con un aumento della prontezza operativa dei suoi esecutori e la proliferazione di elementi armati sul terreno. La violenza fu, inoltre, più cruda non solo per il saldo fatale di 230 morti ma per la composizione degli uccisi, il linciaggio e la combustione di persone “chaviste”. Questo è stato il noto caso di Orlando Figuera, gravemente ferito da pugnalate e ustioni quando fu tentato di incenerirlo sulla pubblica via, all’essere segnalato come “chavista” per il suo aspetto afro-venezuelano. Figuera è morto giorni dopo.
Inoltre sono stati eclatanti, in quegli eventi, gli attacchi con esplosivi tanto di fabbricazione artigianale come di tipo plastico C4, alla Base Aerea La Carlota e ad unità motorizzate della Guardia Nazionale Bolivariana (GNB). Nel caso degli attacchi alle unità in dislocamento della GNB, si registrarono due eventi mediante detonazione a distanza, opportunamente registrati in video. Questi eventi evidenziavano la partecipazione di personale addestrato in tecniche di terrorismo, uso di esplosivi e guerra asimmetrica.
Oscar Pérez ed i “Soldati in flanella”. Il 27 giugno 2017, e proprio nel quadro della trama violenta di quell’anno, l’ex commando del Corpo di Investigazioni Scientifiche, Penali e Criminaliste (CICPC) Oscar Pérez con un gruppo di insubordinati di quell’organismo della sicurezza, sequestrarono un elicottero della polizia per effettuare un attacco con granate alla sede del Tribunale Supremo di Giustizia (TSJ), dove c’era anche un asilo. Essendo ciò un riferimento del terrore su una presentazione su larga scala, non tanto per la sua scala operativa, ma per la sua diffusione nei media tradizionali e reti sociali.
Questa banda avrebbe poi attaccato Fort Paramacay a Valencia, nello stato di Carabobo, ed eseguito operazioni di furto di armi da guerra. Perez e gran parte della sua cellula paramilitare sarebbero stati uccisi dalle autorità venezuelane attraverso l’ “Operazione Gideon”, nel gennaio 2018. “I soldati in flanella”, reduci di questo gruppo, sarebbe rimasto come fattore di minaccia e latente dichiarando il Presidente Maduro e altre autorità venezuelane come obiettivi.
Tentativo di assassinio di Maduro e uso di droni. Il 4 agosto 2018 si è prodotto un attacco, con intento assassino, contro il Presidente Maduro ed altre alte autorità civili e militari, con due droni di uso commerciale, armati con esplosivo C4 che sono stati fatti esplodere a distanza. I “Soldati in flanella” hanno rivendicato l’attacco.
Questo attacco ha presentato un nuovo livello di sofisticazione, mediante l’uso di dispositivi aerei senza equipaggio, che hanno la qualità di essere relativamente furtivi, di alta manovrabilità e di facile occultamento e trasferimento. Questo è il primo evento registrato al mondo di utilizzo di droni di questo tipo in un tentativo di assassinare un Capo di Stato. L’evento chiamato “Operazione Fenix” cambia il modello convenzionale di attacco “corpo a corpo” contro un bersaglio intenzionale. L’uso di artefatti di distorsione del segnale da parte della sicurezza presidenziale ha influito sulla navigazione di entrambi i dispositivi, causandone la loro detonazione al di fuori del raggio pianificato.
Il presidente Nicolas Maduro ha direttamente segnalato il presidente colombiano Juan Manuel Santos di essere un attore intellettuale di questo attentato, ed ha inoltre riferito che si troverebbero coinvolti elementi antichavisti con sede a Miami.
Maduro ha anche segnalato l’evoluzione dell’uso di tecniche da parte di queste organizzazioni terroriste in Venezuela, descrivendole come eventi di nuovo tipo, “importati” dalla Colombia, e che suppone un’amplificazione dei metodi di guerra e terrore contro le istituzioni venezuelane e l’intero paese.
Inoltre Maduro ha fatto riferimento al nuovo livello e nuove tecniche dei suoi attaccanti. In effetti, l’uso di droni per scopi criminali e terroristici è qualificato da organismi militari e di sicurezza del mondo, come minacce di nuovo tipo, data la registrazione dell’utilizzo di questi artefatti sia commerciali che artigianali, in vari teatri di operazioni come l’Iraq e Siria, dove lo Stato Islamico ed altre organizzazioni terroriste li usano contro obiettivi civili e militari. Così come è stato anche registrato il loro uso per far esplodere bombe tipo “patata” nella guerra tra i cartelli messicani della droga.
Evolución de las técnicas y métodos del terrorismo en Venezuela
Durante el período de la Revolución Bolivariana, Venezuela ha conocido un conjunto de situaciones y conmociones propiciadas por el antichavismo nacional con apoyo desde el extranjero. La pugna política interna evolucionó, desde momentos muy tempranos de este ciclo político, en prácticas abiertamente terroristas cometidas por factores radicales que han intentado recuperar el poder político perdido desde el ascenso de Hugo Chávez.
Las componendas con propósitos de desestabilización política, los intentos de magnicidio contra Hugo Chávez y Nicolás Maduro, el asesinato de dirigentes y funcionarios del chavismo, los intentos de golpe de Estado, el despliegue de la violencia paramilitarizada en escala abierta y el empuje de la sociedad venezolana a situaciones germinales de conflicto civil, son elementos denominadores de una variedad de métodos, que se han profundizado y sofisticado.
Un elemento significativo y común en estos eventos es el grado de similitud que han adquirido con métodos que han sido conocidos en Colombia en las últimas décadas. Métodos que, a juzgar por las autoridades venezolanas, no son propios de la realidad de este país.
2002. Golpe, secuestro e intención de magnicidio. Los hechos de abril de 2002, con la deposición de Hugo Chávez, su secuestro y cautiverio en la isla La Orchila, son el momento de mayor peligro contra la estabilidad política de Venezuela en su historia reciente. El método de golpe “convencional” tuvo, en palabras del propio Chávez, la intención de su ejecución en su período de cautiverio.
Sería el evento que luego abriría paso a otro conjunto de situaciones de conmoción donde los factores comunes han sido: la infiltración de instancias oficiales, la intención de destruir o desarticular la estructura de mando del Estado y la de propiciar la captura del poder político nacional.
Bazooka y operación frustrada de magnicidio. En octubre de 2002, el presidente Hugo Chávez presentó el desmantelamiento de un plan de magnicidio en su contra y expuso un arma tipo bazooka modelo AT-4 color verde oliva, artillería liviana que sería empleada para derribar el avión presidencial en las inmediaciones del Aeropuerto Internacional de Maiquetía.
Esta técnica de magnicidio suponía la violación de al menos dos de los primeros anillos de la seguridad presidencial para, desde una distancia acorde, disparar contra el avión presidencial. Una modalidad de tipo de ataque furtivo y convencional. El artefacto tenía eliminados los seriales para hacer imposible el rastreo de su origen.
El asesinato de Danilo Anderson. El fiscal Danilo Anderson, encargado de investigar los eventos del golpe de Estado de 2002, fue asesinado en 2004 mediante el uso de artefacto explosivo C4 colocado en su vehículo. Otoniel y Rolando Guevara, hermanos, ex agentes policiales, fueron capturados por su implicación como autores materiales del hecho. El abogado Antonio López Castillo, y el ex policía Juan Carlos Sánchez, cayeron abatidos al intentar evitar su captura por su relación a este caso. También fue detenido Giovanni José Vasquez de Armas, un antiguo miembro confeso de las Autodefensas Unidas de Colombia (AUC). De Armas señaló vínculos con el caso al empresario Nelson Mezerhane, la periodista Patricia Poleo y al general retirado Eugenio Áñez Núñez.
El caso Anderson fue el primer asesinato político al más alto nivel, con la intención de intimidar a las autoridades venezolanas e inocular el terror en las esferas del Estado y la sociedad. La presentación operativa de este hecho tuvo a factores de los órganos de seguridad, sembrando el precedente de la infiltración y uso de violencia extrema.
Finca Daktari. En 2004 un grupo de casi 153 paramilitares colombianos fueron apostados en la finca Daktari, propiedad de Robert Alonso (hermano de la actriz cubana-venezolana María Conchita Alonso) en el municipio Baruta, a sólo 20 minutos de Caracas. Apertrechados con armamento y uniformes militares venezolanos, pretendían dar un golpe de Estado y asesinar a Hugo Chávez bajo la presentación de un golpe cometido por fuerzas militares venezolanas.
Este caso es emblemático por la intención de uso, en gran proporción, de un componente paramilitar y mercenario de origen externo. Se destaca como método el factor infiltración de agentes de peligro en el territorio mediante campamento paramilitar. Un esquema de presentación asimétrica, pero siguiendo una apariencia de golpe frontal y combate “cuerpo a cuerpo” contra la Guardia de Honor Presidencial, como se tenía previsto.
Asesinato de Robert Serra. El asesinato del diputado chavista Robert Serra en octubre de 2014 fue un evento que marcó un nuevo precedente de uso de violencia paramilitarizada y descarnada contra altos factores del poder político venezolano. Serra estaba delegado para investigar desde el parlamento el rol del ex presidente colombiano Álvaro Uribe en un conjunto de arremetidas de desestabilización contra el país.
El asesinato de Serra fue cometido mediante infiltración de su grupo de seguridad personal. Fue asesinado con más de 50 puñaladas, en su casa, junto a su compañera María Herrera. A finales de octubre, Maduro reveló los nombres de los presuntos implicados: Leiver Padilla Mendoza, mejor conocido por su seudónimo “el Colombia” (por su nacionalidad de origen), Jhonny José Padilla y Hemer Ignacio Fariñez Palomino. “El Colombia” huyó a su país de origen y su extradición fue dilatada por las autoridades colombianas.
2013. Desarticulaciones de factores paramilitares. Durante ese año, en los meses de mayo, junio y agosto, fueron desarticulados tres grupos de elementos paramilitares que estarían articulados para cometer magnicidio contra el presidente Maduro y el presidente del parlamento en el momento, el diputado Diosdado Cabello. Estos grupos, integrantes de una misma estructura, estaban compuestos por ciudadanos de nacionalidad colombiana, tenían el denominador común de estar en constante desplazamiento por el territorio venezolano, estaban fuertemente financiados y portaban armamento de guerra.
Estos sujetos formaban parte de la operación denominada “Carpeta amarilla”. Dos de los cabecillas, Víctor Joan Güeche Mosquera y Erick Leonardo Huerta Ríos, de nacionalidad colombiana, señalaron a Alejandro Caicedo Alonso, alias “Scooby”, quien fue detenido en Colombia a solicitud de Venezuela. Eran factores de las denominadas BACRIM en su país de origen, las cuales son conocidos reductos de las fuerzas paramilitares de utraderecha en ese país y son elementos de contundente fuerza armada mercenarizada a favor del narcotráfico.
En su momento las autoridades venezolanas reseñaron el vínculo de Álvaro Uribe Vélez con la infiltración de estos factores paramilitares.
El auge de la violencia callejera y paramilitarizada de 2014. Los hechos conocidos como guarimbas, o la primera revolución de color desarticulada en el gobierno de Nicolás Maduro, tenían la presentación de simples protestas callejeras. No obstante, fueron evolucionando a presentaciones de violencia paramilitarizada y conflicto civil germinal, con saldo de 48 muertes, la mayoría por balas, una vez que factores altamente violentos ocuparon territorios en reductos de varias ciudades del país, como Caracas, Valencia, Barquisimeto, Maracaibo, y con especial contundencia en las ciudades fronterizas con Colombia, San Cristóbal y Mérida.
Durante ese año, el despliegue de una estructura de violencia y terror indiscriminado en sectores claves de estas ciudades venezolanas, intentó detonar una conmoción nacional que en teoría generaría una embestida militar interna contra Maduro. Pero esta fue desarticulada. Este nuevo evento de violencia callejera urbana, aunque mediáticamente tenía la presentación de “estallido social”, en realidad se ejecutó como un ensayo a gran escala de un modelo de guerra fratricida de baja intensidad. En ese momento, las autoridades venezolanas señalaron el apoyo financiero de esas células paramilitarizadas desde Colombia y Miami.
El “Golpe Azul” y la “Operación Jericó”. En el año 2014, concretamente el 25 de marzo, el presidente Maduro anunció la detención de tres generales activos de la Aviación venezolana que estaban vinculados a una conspiración. Sería ese el inicio de nuevas situaciones que se desplegaron en 2015. En febrero de ese año, el Servicio Bolivariano de Inteligencia (SEBIN) y los altos mandos del Estado anunciaron el desmantelamiento del llamado “Golpe Azul”, por la amplia vinculación de factores de la Aviación en estos hechos (y el color del uniforme de estos oficiales). Se anuncia la detención de otros ocho oficiales y en sólo días es detenido el entonces alcalde metropolitano Antonio Ledezma por su vinculación en el plan.
La “Operación Jericó”, expresión concreta de la conspiración, tenía previsto el uso de una aeronave Super Tucano artillada, para atacar objetivos sensibles en la ciudad de Caracas. Se tenía previsto el magnicidio del Presidente y la intención de producir una reacción en las fuerzas militares venezolanas, induciendo con ello el desmantelamiento de las instancias del poder nacional. Se trataba de una operación militar a mediana escala, pero con un nuevo nivel de sofisticación mediante el uso de un artefacto de guerra convencional con propósitos claramente magnicidas y terroristas.
2017. Un nuevo ciclo de guarimbas, la quema de chavistas y bombas. La nueva arremetida de violencia callejera urbana de ese año vino con un incremento en el apresto operativo de sus ejecutores y la proliferación mucho más consistente, de elementos armados en el terreno. La violencia fue, además, más descarnada, no sólo por el balance fatal de 230 muertes, sino por el componente de asesinato, linchamiento e incineración de personas “chavistas”. Así fue el conocido caso de Orlando Figuera, herido gravemente por puñaladas y quemaduras cuando se le intentó incinerar en la vía pública, al ser señalado de “chavista” por su apariencia afrovenezolana. Figuera muere días después.
También fueron sobresalientes en esos eventos los ataques con explosivos tanto de fabricación casera como del tipo plástico C4, a la Base Aérea La Carlota y a unidades motorizadas de la Guardia Nacional Bolivariana (GNB). En el caso de los ataques a las unidades en desplazamiento de la GNB, se registraron dos eventos mediante detonación a distancia, convenientemente registrados en video. Esos eventos dieron cuenta de la participación de personal adiestrado en técnicas de terrorismo, uso de explosivos y guerra asimétrica.
Oscar Pérez y los “Soldados en franelas”. El 27 de junio de 2017 y justo en el marco de la trama violenta de ese año, el ex comando del Cuerpo de Investigaciones Científicas, Penales y Criminalísticas (CICPC) Oscar Pérez junto a un grupo de insubordinados de ese órgano de seguridad, secuestraron un helicóptero policial para efectuar un ataque con granadas a la sede del Tribunal Supremo de Justicia (TSJ), donde también había una guardería. Siendo ese un referente de terror en una presentación de gran escala, no tanto por su magnitud operativa, sino por su difusión en medios convencionales y redes sociales.
Esta banda atacaría luego el Fuerte Paramacay en Valencia, estado Carabobo, y ejecutaría operaciones de robo de armamento de guerra. Pérez y gran parte de su célula paramilitar serían abatidos por autoridades venezolanas mediante la “Operación Gedeón” en enero de 2018. Los “Soldados en franelas”, reductos de esta agrupación, se mantendrían como un factor amenazante y latente, declarando al presidente Maduro y a otras autoridades venezolanas como objetivos.
Intento de magnicidio de Maduro y uso de drones. El 4 de agosto de 2018 se produjo un ataque con propósitos magnicidas contra el presidente Maduro y otras altas autoridades civiles y militares, con dos drones de uso comercial, artillados con explosivos C4, que fueron detonados a distancia. Los “Soldados en franelas” se adjudican el ataque.
Esta arremetida presentó un nuevo nivel de sofisticación, mediante el uso de dispositivos aéreos no tripulados, que tienen la cualidad de ser relativamente furtivos, de alta maniobrabilidad y fácil ocultamiento y traslado. Este es el primer evento registrado en el mundo de uso de drones de este tipo en un intento de asesinato de un Jefe de Estado. El evento denominado “Operación Fénix” cambia el patrón convencional de ataque “cuerpo a cuerpo” contra un objetivo intencional. El uso de artefactos de distorsión de señal por parte de la seguridad presidencial afectó la navegación de los dos aparatos propiciando su detonación fuera del radio previsto.
El presidente Nicolás Maduro señaló directamente al presidente colombiano Juan Manuel Santos de ser un actor intelectual de dicho atentado, y refirió además que también se encontrarían involucrados factores antichavistas radicados en Miami.
Maduro también señaló la evolución del uso de técnicas por parte de estas organizaciones terroristas en Venezuela, calificándolas como eventos de nuevo tipo, “importados” desde Colombia, y que suponen una amplificación de métodos de guerra y terror contra la institucionalidad venezolana y el país entero.
También Maduro se refirió al nuevo nivel y nuevas técnicas por parte de sus atacantes. En efecto, el uso de drones para usos criminales y terroristas es calificado por instancias militares y de seguridad del mundo, como amenazas de nuevo tipo, dado el registro del uso de estos artefactos tanto comerciales como caseros, en varios teatros de operaciones como Irak y Siria, donde el Estado Islámico y otras organizaciones terroristas los usan contra objetivos civiles y militares. Así como también se ha registrado su uso para detonar bombas de tipo “papa” en la guerra entre los carteles mexicanos de la droga.