la guerra a Miami con l’antichavismo locale
Questo venerdì, l’illegale “Tribunale Supremo del Venezuela in esilio” ha chiesto di aprire un’indagine contro il leader dell’opposizione, Henrique Capriles Radonski, per aver ricevuto tangenti dalla società di costruzioni brasiliana Odebrecht. La misura è stata, rapidamente, qualificata, da un settore dell’opposizione, come “arbitraria” per concentrarsi solo su uno dei leader antichavisti segnalati nelle indagini.
Il “TSJ in esilio” e le critiche degli oppositori
Come è noto, questo paratribunale è stato nominato, l’anno scorso, dall’Assemblea Nazionale in ribellione, dopo lo svolgimento di un plebiscito, a luglio, dove i militanti dell’antichavismo hanno potuto votare 17 volte per “decidere” sulla sua nomina e la successiva installazione di un governo parallelo dal Parlamento.
Nominati nella piazza l’Alfredo Sadel de Las Mercedes, rapidamente parte dei “giudici” ha lasciato il paese per incostituzionalità del provvedimento ed il tribunale è stato installato, in un evento senza precedenti, nel Salone delle Americhe dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) con la presenza del suo segretario generale, Luis Almagro, e gran parte della fauna politica anticavista che risiede all’estero.
Secondo il presidente di questo paratribunale, Miguel Angelo Martin, il compito di esso si concentra nell’aprire “indagini contro membri del governo venezuelano per fatti di corruzione, crimini contro l’umanità e traffico di droga in una giurisdizione transitoria sostenuta dalle leggi internazionali”. In breve: il suo obiettivo principale è quello di armare dossier contro lo Stato venezuelano in conformità con la politica degli USA verso il paese.
Fin dalla sua installazione, d’altra parte, il paratribunale ha funzionato nel Congresso della Colombia con l’esplicito appoggio, inoltre, del senatore Marco Rubio, che oggi rappresenta il settore della politica USA con maggior influenza sulle decisioni dell’Amministrazione Trump per l’America Latina.
Con questa posizione di forza, data dall’esterno, il “TSJ in esilio” ha realizzato una condanna senza alcun tipo di carattere legale contro il presidente Nicolas Maduro per, ipoteticamente, essere collegato ad atti di corruzione con la società di costruzioni Odebrecht. Per questo motivo è entrato in deliberato scontro con l’Assemblea Nazionale in ribellione per sollecitarla a nominare un nuovo governo, dopo che chiedesse alle autorità venezuelane l’arresto del presidente Maduro, senza alcun risultato.
Tuttavia, questo scontro aperto tra il settore politico, sostenuto dall’esterno, ed il settore interno, con presenza nell’Assemblea in ribellione, si è evidenziato in tutta la sua dimensione quando il “TSJ in esilio” ha chiesto di aprire un’indagine contro il dirigente Henrique Capriles per avere una “prova” contro di lui per presunti atti di corruzione relazionati a Odebrecht.
Tanto che il tecnico elettorale Eugenio Martinez, uno di quelli che ha organizzato il plebiscito dove è stata definita la scelta del paratribunale, ha qualificato la misura come “un uso politico della giustizia”, mentre Capriles ha affermato che la decisione del paratribunale fa parte di “una sporca campagna” contro di lui da parte dei dirigenti dell’opposizione che vogliono essere presidenti a sue spese.
Il dossier Odebrecht e la pulizia giudiziaria dell’opposizione
Una delle critiche più ricorrenti da parte dei giornalisti antichavisti, come Ewald Sharfenberg del portale Armando Info, è stato l’uso “partigiano” della giustizia contro Capriles, senza prendere in considerazione altri nomi dell’opposizione legati alla Odebrecht, come quello di Antonio Ledezma, leader di Soy Venezuela, forza politica ampiamente sostenuta da Luis Almagro e Marco Rubio nelle loro posizioni di belligeranza contro il paese.
Persino Sharfenberg segnala che il collegamento con Capriles è dovuto alla testimonianza dell’ex capo di Odebrecht in Venezuela, Euzenando Azevedo, su cui pesa il sospetto di aver mentito alla giustizia brasiliana o non aver detto “tutta la verità”, secondo il giornalista .
A tale proposito, va ricordato che la confessione di Azevedo si deve ad un accordo firmato da Odebrecht con il Dipartimento di Giustizia USA, in cui si è impegnato a rivelare tutto il suo schema di corruzione in America Latina e pagare una multa di 3 miliardi 823 milioni di dollari per la violazione delle leggi anticorruzione del paese.
In breve: Marcelo Odebrecht, presidente della società, si è impegnato ai consegnare agli USA i dati delle sue tangenti alla maggior parte della classe politica dell’America Latina, in cambio di una onorevole via d’uscita per la sua holding e se stesso (ora agli arresti domiciliari in una villa in Brasile).
Con questo dossier, i funzionari giudiziari dell’America Latina, largamente formati dal Dipartimento di Giustizia, conducono indagini giudiziarie contro un numero significativo di personalità politiche ed ex presidenti della regione.
In questo contesto, la decisione del “TSJ in esilio” di aprire un’indagine contro Capriles s’inquadra nella politica degli USA di utilizzare la giustizia come una delle sue armi per intervenire negli affari interni dei paesi latinoamericani, in conformità alla Dottrina sulla Sicurezza dell’amministrazione Trump.
Per questo motivo è più che chiaro che la decisione del paratribunale corrisponda, perfettamente, agli interessi di settori politici, come quello di Marco Rubio, a favore di risolvere la frammentazione dell’antichavismo con la costituzione del movimento Soy Venezuela, rappresentato da Antonio Ledezma, Maria Corina Machado e Diego Arria, come principale dirigenza dell’opposizione per essere il più favorevole ad un “intervento umanitario” USA nel paese. In totale danno di tutto il settore interno che possa esercitare una sorta di rapporto politico e di negoziazione con il Governo venezuelano nell’ambito di una mediazione internazionale simile a quella fallita, quest’anno, nella Repubblica Dominicana.
Nella stessa sequenza, s’intende l’osservazione del direttore del giornale ‘Un nuovo paese’, Rafael Poleo, sul fatto che la decisione della “TSJ in esilio” ha molto a che fare con l’ingraziarsi settori di Miami, legati a banchieri latitanti venezuelani che cercano di rimanere impuniti e posizionare Diego Arria come presidente del governo in ‘”esilio”.
Anche se la realtà politica nel paese, oggi, è cruda rispetto alla figura di Capriles, dato che si trova nel punto più basso della sua storia politica, per cui questo rimarca la rapida decisione dei settori di Miami di saldare i conti con l’ex governatore di Miranda, che rappresenta una delle ultime candidature sostenute da tutte le fazioni antichaviste in una via come quella elettorale, che, ad oggi, sono d’accordo nel chiudere completamente.
Al di là di questo, le critiche degli oppositori, nel paese, contro il “TSJ in esilio” sono paradossali perché sono loro stessi che hanno eretto ad arbitro delle loro dispute interne un paratribunale tele-diretto da Miami. Ciò che lascia come saldo, ancora una volta più aperto, uno scontro tra coloro che sostengono quella istanza e quelli che controllano l’Assemblea Nazionale in ribellione, come se fossero in un film di cowboy.
“TSJ en el exilio” vs. Capriles: la guerra de Miami con el antichavismo local
Este viernes el ilegal “Tribunal Supremo de Venezuela en el exilio” solicitó abrir una investigación contra el dirigente opositor Henrique Capriles Radonski, por recibir sobornos de la constructora brasileña Odebrecht. La medida rápidamente fue calificada por un sector de la oposición como “arbitraria” por centrarse tan sólo en uno de los dirigentes antichavistas señalados en la investigación.
El “TSJ en el exilio” y las críticas de los opositores
Como es sabido, este paratribunal fue nombrado el año pasado por la Asamblea Nacional en desacato, después de la realización de un plebiscito en el mes de julio, donde los militantes del antichavismo pudieron votar hasta 17 veces para “decidir” acerca de su nombramiento y la posterior instalación de un gobierno paralelo desde el Parlamento.
Nombrados en la plaza Alfredo Sadel de Las Mercedes, rápidamente parte de “los jueces” se fue del país por la inconstitucionalidad de la medida y el tribunal fue instalado, en un hecho sin precedentes, en el Salón de las Américas de la Organización de Estados Americanos (OEA) con la presencia de su secretario general, Luis Almagro, y gran parte de la fauna política antichavista que reside en el exterior.
Según el presidente de este paratribunal, Miguel Angelo Martín, la tarea del mismo se enfoca en abrir “investigaciones contra miembros del gobierno venezolano por hechos de corrupción, crímenes de lesa humanidad y narcotráfico en una juridiscción transicional respaldada por las leyes internacionales”. En síntesis: su objetivo principal es armar expedientes contra el Estado venezolano en consonancia con la política de Estados Unidos para el país.
Desde su instalación, por otra parte, el paratribunal ha funcionado en el Congreso de Colombia con el apoyo explícito, además, del senador Marco Rubio, quien al día de hoy representa al sector de la política estadounidense con mayor influencia en las decisiones de la Administración Trump para América Latina.
Con esta posición de fuerza, dada desde el exterior, el “TSJ en el exilio” realizó una condena sin ningún tipo de carácter legal contra el presidente Nicolas Maduro por supuestamente estar vinculado a hechos de corrupción con la constructora Odebrecht. Por este motivo entró en deliberada confrontación con la Asamblea Nacional en desacato por instarla a nombrar un nuevo gobierno, después de que pidiese a las autoridades venezolanas la detención del presidente Maduro sin ningún tipo de resultado.
Sin embargo, esta abierta confrontación entre el sector político, respaldado desde fuera, y el sector interno, con presencia en la Asamblea en desacato, quedó evidenciada en toda su dimensión cuando el “TSJ en el exilio” pidió abrir una investigación contra el dirigente Henrique Capriles por haber una “prueba” en su contra por presuntos hechos de corrupción relacionados a Odebrecht.
Tanto así que el técnico electoral Eugenio Martínez, uno de los que organizó el plebiscito donde fue definida la elección del paratribunal, calificó la medida como un “uso político de la justicia”, mientras que Capriles afirmó que la decisión del paratribunal forma parte de “una campaña sucia” en su contra por parte de dirigentes opositores que quieren ser presidentes a costa suya.
El expediente Odebrecht y la limpieza judicial de la oposición
Una de las críticas más recurrentes por parte de periodistas antichavistas como Ewald Sharfenberg del portal Armando Info, fue el uso “partisano” de la justicia contra Capriles, sin tomar en cuenta el resto de nombres de la oposición vinculados a Odebrecht, como el de Antonio Ledezma, líder de Soy Venezuela, fuerza política ampliamente respaldada por Luis Almagro y Marco Rubio en sus posiciones de beligerancia contra el país.
Incluso, Sharfenberg señala que la vinculación con Capriles se debe al testimonio del ex jefe de Odebrecht en Venezuela, Euzenando Azevedo, sobre quien pesa la sospecha de haber mentido en la justicia brasileña o no haber dicho “toda la verdad”, de acuerdo al periodista.
En ese sentido, es preciso recordar que la confesión de Azevedo se debe a un acuerdo firmado por Odebrecht con el Departamento de Justicia, donde se comprometió a revelar todo su esquema de sobornos en América Latina y pagar una multa de 3 mil 823 millones de dólares por la violación de las leyes anticorrupción del país.
En síntesis: Marcelo Odebrecht, presidente de la empresa, se comprometió a entregar a Estados Unidos la data de sus sobornos a la gran mayor parte de la clase política de América Latina, a cambio de una salida honrosa para su holding y su persona (actualmente bajo arresto domiciliario en una mansión en Brasil).
Con este expediente es que funcionarios judiciales latinoamericanos, en buena parte formados por el Departamento de Justicia, llevan a cabo investigaciones judiciales contra una importante cantidad de figuras políticas y ex presidentes de la región.
En este contexto, la decisión del “TSJ en el exilio” de abrir una investigación contra Capriles se enmarca en la política de Estados Unidos de utilizar a la justicia como uno de sus brazos para intervenir en los asuntos internos de los países latinoamericanos, de acuerdo a la Doctrina de Seguridad de la Administración Trump.
Por este motivo es más que claro que la decisión del paratribunal se encuentra perfectamente acompasada con los intereses de sectores políticos como el de Marco Rubio, a favor de resolver la fragmentación del antichavismo con el establecimiento del movimiento Soy Venezuela, representado en Antonio Ledezma, María Corina Machado y Diego Arria, como principal liderazgo opositor por ser el más favorable a una “intervención humanitaria” de Estados Unidos en el país. En total desmedro de todo sector interno que pueda ejercer algún tipo de relación política y negociación con el Gobierno venezolano bajo una mediación internacional similar a la fracasada este año en República Dominicana.
En esa misma secuencia, se entiende el señalamiento del director del diario Un Nuevo País, Rafael Poleo, sobre que la decisión del “TSJ en el exilio” mucho tiene que ver con congraciarse con sectores de Miami, vinculados a banqueros prófugos de Venezuela, que buscan quedar impunes y posicionar como presidente del gobierno en el “exilio” a Diego Arria.
Aunque la realidad política hoy en el país es cruda respecto a la figura de Capriles, dado que se encuentra en el punto más bajo de su historia política, por lo que esto remarca la decisión expedita de los sectores de Miami por saldar cuentas con el ex gobernador de Miranda, quien representa una de las últimas candidaturas respaldadas por todas las fracciones antichavistas en una vía como la electoral, que al día de hoy se mantienen de acuerdo en cerrar por completo.
Más allá de eso, las críticas de los opositores en el país contra el “TSJ en el exilio” son paradójicas porque son ellos mismos quienes erigieron en árbitro de sus disputas internas un paratribunal teledirigido desde Miami. Lo que deja como saldo una cada vez más abierta confrontación entre quienes respaldan a esa instancia y quienes controlan la Asamblea Nacional en desacato, como si estuviesen en una película de cowboys.