Se il modello cubano non funziona perché lo attaccano così tanto?

Sergio Alejandro Gómez http://www.cubadebate.cu

Il capo del Pentagono USA, James Mattis, ha assicurato, questo martedì, che “il modello cubano non funziona per Cuba, né per nessun altro” e le autorità del paese lo sanno.

Il Segretario alla Difesa USA ha fatto un bilancio della situazione in America Latina dopo un recente tour che lo ha portato in Brasile, Argentina, Cile e Colombia, alcuni degli alunni più obbedienti della nuova scuola di Washington.

“Nonostante i problemi che evidentemente affrontiamo in questo emisfero, abbiamo la fortuna di essere testimoni della crescente democrazia e prosperità in questa regione”, ha detto Mattis durante una conferenza stampa presso la sede del Pentagono a Washington.

Ha anche assicurato che gli USA continueranno a collaborare con “i nostri amici” per incarnare una “visione comune di democrazia, prosperità e sicurezza”.

Dalle parole di Mattis si comprende che il “modello” di successo è il neoliberismo rampante che ha potuto osservare durante la sua passeggiata per la regione.

Il generale ha dimenticato di dire che l’attuale sistema in Brasile è stato imposto da un colpo di stato parlamentare illegale contro la presidentessa Dilma Rousseff ed è necessario mantenere imprigionato Luiz Inácio Lula da Silva, per evitare che il popolo, ancora una volta, torni ad ubicare a Palazzo Planalto un rappresentante delle classi popolari.

In Argentina, dove Mauricio Macri ha vinto di stretta misura le elezioni, il suo pacchetto neo-liberale ha impoverito milioni di famiglie che avevano ottenuto un miglioramento delle loro condizioni di vita durante il governo dei Kirchner.

Sotto il mandato della presunta efficienza economica macrista, il peso argentino ha dovuto essere salvato da un accordo con il Fondo Monetario Internazionale, ma ancora il paese è sull’orlo di una bancarotta simile a quella verificatasi nel 2001, durante il governo di Fernando de la Rúa, anch’egli un noto alunno di Washington.

L’accordo di pace raggiunto in Colombia tra i guerriglieri delle FARC e il governo di Juan Manuel Santo vacilla tra violazioni del patto, le minacce del nuovo governo uribista di Ivan Duque e la mancanza di volontà di una delle oligarchie più reazionarie del continente per cambiare le cause oggettive della guerra.

La Colombia, non per nulla, continua ad essere uno dei paesi più diseguali nel possesso della terra e si tollera che i gruppi paramilitari uccidano i leader sociali e sindacali per la sola ragione di lottare per un cambio, persino in modo pacifico.

Il Cile, la vetrina neoliberale, è forse il miglior esempio di come s’impone il modello di successo di Washington. Fu necessaria una dittatura militare e decine di migliaia di morti, scomparsi e torturati per spianare la strada ai Chicago Boys di Milton Friedman.

L’esperimento ha trasformato quello che era uno dei paesi più egualitari e con maggiore giustizia sociale del continente in una fabbrica di esclusione, dove milioni di cittadini sono esclusi dai benefici economici.

Risulta quanto meno degno di nota che gli USA ricorrano alla violenza, colpi di stato e dittature per imporre un modello di tale “successo” e che i popoli della regione, ignoranti e arretrati, lottano ripetutamente per distaccarsi da esso.

Tuttavia, quando un paese lo ottiene -come è avvenuto a Cuba nel 1959 e in Venezuela con la rivoluzione bolivariana di Hugo Chavez- Washington spende milioni di dollari per dimostrare il fallimento del suo “modello”, benché conti su un maggioritario sostegno popolare.

La politica di blocco, che gli USA applicano contro Cuba, accumula danni per più di 900 miliardi di $ ed in pieno 2018 rende impossibile l’acquisizione di un’apparecchiatura di chirurgia robotica e articoli sportivi per atleti paraolimpici.

Parlare della situazione economica cubana senza menzionare gli effetti del blocco è come gettare un uomo in mare con un blocco di cemento ai suoi piedi e poi assicurare che è annegato perché non sapeva nuotare.

Nonostante che il sistema politico e sociale cubano abbia sufficienti meriti nel campo del benessere sociale e della qualità della vita per essere imitato, i suoi dirigenti non viaggiano per il mondo cercando di convincere gli altri ad applicare le stesse formule né spendono milioni di $ per imporle con la forza.

Al contrario, le energie del paese sono usate per resistere alle politiche ostili USA, mentre si aggiornano il sistema politico e sociale per renderlo ancora più prospero e sostenibile nel tempo.

Se quando il generale Mattis ha parlato del “modello cubano” si riferiva ad una forma specifica di amministrare l’economia o di strutturare lo Stato, è possibile che i milioni di cubani che oggi dibattono la sua nuova Costituzione gli diano ragione che alcuni cambiamenti siano necessari.

Ma se si riferiva al fallimento della Rivoluzione ed alla continuità di un progetto di nazione sovrana sulla base degli interessi della maggioranza dei cubani, Mattis potrebbe leggere il primo articolo della futura Magna Carta: “Cuba è uno stato socialista di diritto, democratico, indipendente e sovrano, organizzato con tutti e per il bene di tutti, come repubblica unitaria ed indivisibile, fondata sul lavoro, la dignità e l’etica dei suoi cittadini, che ha some obiettivi essenziali il godimento della libertà politica, l’equità, la giustizia e l’uguaglianza sociale, la solidarietà, l’umanesimo, il benessere e la prosperità individuale e collettiva”.

Il Pentagono, benché non lo riconosca, sa che l’unica cosa che ha fallito, nel corso dell’ultimo mezzo secolo, è l’idea che gli USA possano imporre il proprio modello a Cuba.


Si el modelo cubano no funciona, como dice el jefe del Pentágono, por qué lo atacan tanto

Por: Sergio Alejandro Gómez

El jefe del Pentágono de los Estados Unidos, James Mattis, aseguró este martes que “el modelo cubano ya no funciona para Cuba , ni para nadie más” y las autoridades del país lo saben.

El secretario de Defensa norteamericano hizo un balance sobre la situación en América Latina tras un reciente recorrido que lo llevó a Brasil, Argentina, Chile y Colombia, algunos de los alumnos más obedientes de la nueva escuela de Washington.

A pesar de los problemas que evidentemente afrontamos en este hemisferio, tenemos la suerte de ser testigos de la creciente democracia y prosperidad en esta región”, dijo Mattis durante una rueda de prensa en la sede del Pentágono en Washington.

Aseguró además que Estados Unidos continuará colaborando con “nuestros amigos” para encarnar una “visión común de democracia, prosperidad y seguridad”.

De las palabras de Mattis se sobrentiende que el “modelo” exitoso es el neoliberalismo rampante que pudo observar durante su paseo por la región.

El General olvidó decir que el sistema actual en Brasil fue impuesto por un golpe Parlamentario ilegal contra la presidenta Dilma Rousseff y resulta necesario mantener encarcelado a Luiz Inácio Lula da Silva, para evitar que el pueblo vuelva a ubicar en el Palacio de Planalto a un representante de las clases populares.

En Argentina, donde Mauricio Macri ganó unas ajustadas elecciones, su paquetazo neoliberal ha empobrecido a millones de familias que lograron una mejoría en sus condiciones de vida durante el gobierno de los Kirchner.

Bajo el mandato de la supuesta eficiencia económica macrista, el peso argentino tuvo que ser rescatado gracias a un acuerdo con el Fondo Monetario Internacional, pero aun así el país está al borde de una bancarrota similar a la ocurrida en el año 2001 durante el gobierno de Fernando de la Rúa, también un alumno destacado de Washington.

El acuerdo de paz alcanzado en Colombia entre la guerrilla de las Farc y el gobierno de Juan Manuel Santo se tambalea en medio de los incumplimientos de lo pactado, las amenazas del nuevo gobierno uribista de Iván Duque y la falta de voluntad de una de las oligarquías más reaccionarias del continente para cambiar las causas objetivas de la guerra.

No por gusto Colombia sigue siendo uno de los países más desiguales en la tenencia de la tierra y se tolera que grupos paramilitares asesinen a líderes sociales y sindicales por el único motivo de luchar por un cambio, incluso de manera pacífica.

Chile, la vitrina neoliberal, es quizás el mejor ejemplo de cómo se impone el modelo de éxito de Washington. Fue necesaria una dictadura militar y decenas de miles de muertos, desaparecidos y torturados para allanar el camino para los Chicago Boys de Milton Friedman.

El experimento convirtió lo que era uno de los países más igualitarios y con mayor justicia social del continente en una fábrica de exclusión, donde millones de ciudadano quedan excluidos de los beneficios económicos.

Resulta cuando menos llamativo que Estados Unidos recurra a la violencia, golpes de Estado y dictaduras para imponer un modelo tan “exitoso” y que los ignorantes y atrasados pueblos de la región luchen una y otra vez por desprenderse de él.

Sin embargo, cuando un país lo logra –como fue el caso de Cuba en 1959 y el de Venezuela con la revolución bolivariana de Hugo Chávez– Washington dedica millones de dólares para demostrar el fracaso de su “modelo”, aunque cuente con un mayoritario respaldo popular.

La política de bloqueo que aplica Estados Unidos contra Cuba acumula daños por más de 900 mil millones de dólares y en pleno año 2018 hace imposible la adquisición de un equipo de cirugía robótica e implementos deportivos para los atletas paralímpicos.

Hablar de la situación económica cubana sin mencionar los efectos del bloqueo es como arrojar un hombre al mar con un bloque de concreto en los pies y luego asegurar que murió ahogado porque no sabía nadar.

A pesar de que el sistema político y social cubano cuenta con suficientes méritos en el campo del bienestar social y la calidad de vida como para ser imitados, sus dirigentes no viajan por el mundo intento convencer a los demás de aplicar las mismas fórmulas ni dedican millones de dólares a imponerlas por la fuerza.

Por el contrario, las energías del país se emplean en resistir las políticas hostiles de los Estados Unidos, al tiempo que se actualiza el sistema político y social para hacerlo aún más próspero y sostenible en el tiempo.

Si cuando el general Mattis habló del “modelo cubano” se refería a una forma específica de gestionar la economía o de estructurar el Estado, es posible que los millones de cubanos que hoy debaten su nueva Constitución le den la razón en que resultan necesarios algunos cambios.

Pero si se refería al fracaso de la Revolución y la continuidad de un proyecto de nación soberano sobre la base de los intereses de la mayoría de los cubanos, el Mattis podría leer el primer artículo de la futura Carta Magna: “Cuba es un Estado socialista de derecho, democrático, independiente y soberano, organizado con todos y para el bien de todos, como república unitaria e indivisible, fundada en el trabajo, la dignidad y la ética de sus ciudadanos, que tiene como objetivos esenciales el disfrute de la libertad política, la equidad, la justicia e igualdad social, la solidaridad, el humanismo, el bienestar y la prosperidad individual y colectiva”.

El Pentágono, aunque no lo reconozca, sabe que lo único que ha fracasado durante el último medio siglo es la idea de que Estados Unidos puede imponer su modelo en Cuba.

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