di Geraldina Colotti
I grandi media non fanno che sparare cifre sui venezuelani che abbandonano il paese, definendo il fenomeno “una crisi umanitaria senza precedenti” e accusando – tra le altre cose – il governo Maduro di non fornire dati attendibili sulla situazione. Silenzio sui risultati di un’inchiesta dell’OIM-ONU condotta alla frontiera tra Venezuela e Colombia, da cui continuano ad arrivare immagini di esodi biblici verso Cucuta, frontiera di traffici e paramilitari.
Risulta che i motivi per cui si passa la frontiera siano: al 52% per fare compere; al 17% per visitare la famiglia; al 14% per motivi di lavoro; al 5% per turismo; e al 12% per altri motivi. Silenzio anche sul dettagliato rapporto, con tanto di mappe e grafici, fornito in una conferenza stampa dal ministro della Comunicazione, Jorge Rodriguez, per ripristinare il senso delle proporzioni.
Silenzio, infine, sul numero di venezuelani – sempre crescente, come testimoniano le domande nei consolati e nelle ambasciate – che vuole far ritorno nel paese, stimolato dalle recenti misure varate dal governo per far fronte alla guerra economica. Un centinaio di loro è già rientrato dal Perù a bordo di un aereo messo a disposizione dal governo bolivariano, e ha descritto le condizioni affatto idilliache in cui ha dovuto sopravvivere nel Perù, xenofobo e neoliberista.
In Venezuela – ha detto Rodriguez – vive un totale di 6,5 milioni di cittadini stranieri: per lo più sono colombiani (5,6 milioni), ma anche peruviani (500.000) ed ecuadoriani (400.000). Tutti usufruiscono dei programmi sociali del governo bolivariano, nelle percentuali statistiche e voci di spesa che il ministro ha indicato con precisione. Per esempio, il 20% delle case popolari ammobiliate assegnate dal governo è stato consegnato a famiglie colombiane: un totale di 438.110 case. In Venezuela sono nati 582.000 figli di colombiani negli ultimi 18 anni, il 7% di tutte le nascite avvenute nel paese bolivariano. La Mision Barrio Adentro realizza 66 milioni di visite mediche all’anno, il 17% delle quali rivolte a colombiani: considerando che una visita medica in Colombia costa 30 dollari, tutto questo rappresenta un costo di 336.000 dollari. Costi che si aggiungono a quello per l’alimentazione gratuita, per l’educazione che in Colombia si paga, eccetera. Colombiani «in fuga dal paramilitarismo, dalla violenza, dal narcotraffico e dagli assassinii di massa». Il Venezuela è il paese dell’America Latina che ha accolto e continua ad accogliere il più alto numero di rifugiati, senza mai aver strepitato per ricevere fondi dall’Unione Europea.
In compenso, l’Unione Europea, così litigiosa sull’accoglienza dei migranti nel Mediterraneo, sembra determinata a farsi in quattro per tutelare i migranti venezuelani alle frontiere di Colombia, Ecuador o Brasile.
Il presidente del governo spagnolo Pedro Sánchez, in viaggio per l’America Latina, ha annunciato da Bogotà che la Ue ha già stanziato 35 milioni di euro per l’assistenza ai migranti venezuelani nella regione, e in particolare in Colombia. Per l’occasione, il “socialista” Sanchez ha consegnato ai media un’altra perla di ipocrisia, accusando il governo Maduro di non essere democratico perché in Venezuela ci sono “prigionieri politici”. Proprio lui che, pochi giorni prima, si è fatto un vanto di aver negato ai prigionieri politici baschi (in carcere duro da decenni) l’avvicinamento ai luoghi di residenza delle famiglie…
Come già ci è capitato di scrivere in diverse occasioni, la questione dei migranti alle frontiere serve per preparare il terreno a un’aggressione militare al Venezuela e impedirne la ripresa economica, che ha al centro il ridimensionamento del potere del dollaro e la lotta alla speculazione. Una minaccia che sta diventando sempre più concreta e che potrebbe costituire un’ancora di salvataggio per l’amministrazione Trump, in crisi conclamata e con il presidente a rischio d’impeachment.
In questo senso vanno le dichiarazioni del senatore Marco Rubio, uno dei più fanatici nemici del “castro-madurismo”, che ha incontrato il falco John Bolton per stabilire che il Venezuela è un pericolo serio per la sicurezza degli Usa e per l’intera regione latinoamericana. Un Rubio gongolante ha lasciato intendere che una qualche decisione sia già stata presa da Trump e che presto potrebbero esserci sviluppi in merito.
Sviluppi annunciati dalle diverse prese di posizione sulla questione migratoria, dalle manovre militari prossime in Amazzonia, dal giro compiuto da Mattis nella regione e dalla recente militarizzazione dei confini da parte del Brasile, dove il golpista Temer ha segnalato, come Rubio, che il Venezuela è un pericolo per la regione.
Lo stesso governo brasiliano ha dovuto ammettere che non riesce più a pagare l’elettricità al Venezuela nella zona di frontiera per via delle sanzioni imposte dagli Usa e che questo comunque gli sta ponendo parecchi problemi. E Trump ha nuovamente lasciato intendere che potrebbe interrompere l’acquisto di petrolio venezuelano.
Intanto, per il 5 settembre, il solito Almagro sta preparando un’altra riunione all’Osa per predisporre nuovi attacchi contro il governo bolivariano. Diosdado Cabello, presidente dell’Assemblea Nazionale Costituente ha denunciato “lo show hollywodiano” allestito intorno alla questione migratoria. Un’affermazione pertinente se si considera che dal 2 marzo al 28 agosto, ci sono state 721 notizie sul tema, 187 solo nel mese di agosto. L’81% è comparsa sui media venezuelani, il resto su quelli all’estero. Nessuno ha però parlato dei rifugiati colombiani in Venezuela.
L’immagine che si va imponendo è quella di uno stato fallito, “di un narco-stato che aiuta i terroristi colombiani”, come sostengono Trump e i suoi; che ha generato una “crisi umanitaria” pericolosa per tutta la regione; e che solo può essere fermato con un “intervento umanitario” (simile a quello portato in Iraq, in Libia, in Siria) e inaugurato dall’apertura di “un canale umanitario” controllato dall’esterno.
Se la OIM e ACNUR parteciperanno alla seduta indetta da Almagro il 5 settembre, “convalideranno l’inizio delle ostilità con la minaccia dell’uso della forza militare a carattere preventivo per difendere la sicurezza degli Stati Uniti”, ha denunciato Samuel Moncada, ambasciatore alterno all’Osa e ambasciatore del Venezuela all’Onu. Col pretesto dei migranti, si sta motivando “un’azione di forza contro il Venezuela”, ha detto ancora Moncada.
E ad arroventare lo show hollywoodiano non potevano mancare le gerarchie ecclesiastiche, tanto per dare un’idea dell’ampiezza di quel che si sta preparando contro la Repubblica bolivariana.
In una vergognosa trasmissione su Radio Radicale, in cui sono intervenuti alcuni dei peggiori volti del fascismo venezuelano, monsignor Oswaldo Azuaje, vescovo della diocesi di Trujillio, ha dichiarato: «Il Venezuela attraversa una crisi umanitaria senza precedenti. Il Paese è retto da un dittatore, i bimbi muoiono quotidianamente, siamo in una situazione disperata. Il presidente Maduro non permette che arrivino gli aiuti umanitari». Azuaje farà parte della missione della Conferenza episcopale venezuelana (un vero e proprio partito politico di opposizione) in programma dal 4 al 17 settembre in Vaticano…
Silenzio dei media anche sulla rabbiosa reazione dei poteri forti alle misure economiche varate dal governo con il consenso del potere popolare. Un imprenditore basco che risiede nel paese ne ha documentato una parte. Dovendo comprare delle medicine per un’amica di ritorno da una festa, è entrato in una farmacia notturna, una di quelle che compongono la grande catena privata Farmatodo. Lì ha assistito alla sottrazione di tutti i prodotti da parte dall’impresa, decisa a provocare penuria per evitare il nuovo sistema di “prezzi giusti”, stabilito dal governo con il consenso di alcuni gruppi imprenditoriali. Dopo la denuncia del basco, Farmatodo ha firmato a sua volta il patto.
La fabbrica di pneumatici Pirelli, invece, aveva chiuso, adducendo mancanza di materia prima. La reazione dei lavoratori e l’intervento del governo hanno però rimesso in moto la produzione. Quel che i media non raccontano è invece spiegato in un audio, diffuso da settori della locale Confindustria e diretto agli imprenditori: la consegna – dice – è quella di chiudere tutte le fabbriche, licenziare i lavoratori e poi riassumerli eventualmente dopo sei mesi. Un’astuzia per obbligare il governo – che ha garantito la compensazione degli aumenti salariali nel periodo di adeguamento monetario – a non poter far fronte all’emergenza. Molti lavoratori sono già stati licenziati arbitrariamente, ma la reazione del potere popolare non si è fatta attendere. Il popolo sta denunciando gli speculatori, e sono andate in carcere già oltre 130 persone.
Ancora una volta, quello che i media non dicono è l’alto margine di guadagno che comunque manterrebbero i capitalisti, pur in un paese che seppure non ha messo fuorilegge la borghesia, ha comunque intaccato fortemente i rapporti di proprietà.