Carlos Luque Zayas Bazán – https://nostramerica.wordpress.com
L’articolo 68 del Progetto di Costituzione di Cuba, che definisce il matrimonio come una “unione legale fra due persone”, si sta rivelando come uno dei punti più spinosi della discussione che si svolge a livello popolare in tutta l’isola. A gettare il sasso nello stagno è stata la parlamentare Mariela Castro Espín, presidente del Cenesex, l’istituto statale per l’educazione sessuale, figlia di colei che ha diretto e tutelato per anni la Federazione delle Donne Cubane (FMC) e dell’ex presidente Raúl Castro. Il polemico articolo 68 mette in rilievo il radicamento del tabù nella società ma anche l’importanza, anche politica, di sradicarlo. (A.R.)
Sul finire degli anni Sessanta, José Lezama Lima pubblicava Paradiso. Lo straordinario romanzo dell’autore di Tratados en La Habana, ha avuto allora i suoi lettori esclusivamente per il capitolo ottavo. C’è chi racconta che si correva dall’università alle librerie attratti dalle notizie che si sussurravano nei gruppetti su quel capitolo. Un esemplare di questo fondamentale romanzo arrivava alle 600 pagine ma quelle venti dedicate alle avventure omosessuali di Farraluque, eccitavano la morbosità, non solo psicologica ma anche politica, di quel momento. Da allora in poi, da quell’epoca in cui, non solo a Cuba ma in quasi tutte le culture del mondo, l’omosessualità era addirittura classificata come malattia bisognosa di cure come qualsiasi altra, sono passate molte giornate, metaforicamente parlando, con i loro dì e le loro notti, di evoluzione e di rettifica. Appena qualche decennio dopo che Paradiso era stato visto passare come un dirigibile incompreso e maledetto e la miopia di qualche funzionario lo aveva tolto dalle librerie, durante giornate simili a quelle di questi giorni in cui si concepiva la Costituzione del 1976, una mente illustre, coraggiosa e degna, quella di Vilma Espín, combatteva affinché nella nostra carta costituzionale non solo si facesse giustizia rispetto ai torti del passato, ma affinché Cuba desse il passo fondamentale di riconoscere un vitale diritto umano, in un mondo in cui oggi, più di quarant’anni dopo, ancora si lapidano o si assassinano gli omosessuali. E non solo laggiù, in qualche cultura lontana, ma in alcune piazze e strade dei nostri vicini latini, a sud del nostro Rio Bravo.
Ma, senza dubbio, fra quelle reazioni e queste che in determinate persone ha risvegliato l’articolo 68 del Progetto di Costituzione attualmente in discussione, nel rifiutare la proposta di riconoscere il matrimonio come unione legale fra due persone, esistono similitudini e corrispondenze, forse solo ora nell’ordine dei pregiudizi a livello individuale, visto che già da molto tempo come politica sociale, quegli errori sono stati riconosciuti e sradicati.
Eppure sembra che il progetto del 2018 abbia i suoi lettori dell’articolo 68. Tocca agli specialisti, ai sociologi, agli psicologi studiare il tema, e ad altri continuare a promuovere strumenti più efficaci di educazione sessuale e cittadina. Ma dal momento che determinate correnti dottrinarie o intenzioni politiche utilizzano i pregiudizi sociali che si manifestano su questo punto del Progetto di Costituzione ai propri fini, penso che non bisogna restare in silenzio. Chiunque appoggia l’approvazione di questo tema e ha i mezzi per farlo sapere, ha il dovere di farlo. Non è solo una questione di umanità: E’ una questione che ingrandisce e innalza una società e dignifica l’essere umano.
Il limite della libertà personale viene tracciato dal diritto degli altri. La società, come ente collettivo, ha il diritto di scegliere a maggioranza il suo sistema politico poiché questa scelta riguarda e compete alla comunità. La proprietà privata, per esempio, incide su tutti, ma solo mediante complesse e molteplici mediazioni di causa ed effetto, ma le conseguenze non decidono direttamente su eventi della vita spirituale e intima delle persone, ma attraverso influenze molto mediate. La società non dovrebbe avere il diritto di votare su un aspetto della vita più intima delle persone, dalle conseguenze così delicate, che possono derivare decisivamente nella disgrazia o nella felicità, sia per decidere per una vita fortunata come per una morte spirituale in vita dell’essere umano.