Leticia Martínez Hernández
New York – Il Presidente dei Consigli di Stato e dei Ministri, Miguel Díaz-Canel Bermúdez, ha sostenuto la mattina di ieri, giovedì 27, un cordiale e costruttivo incontro con imprenditori e leader di diverse organizzazioni e settori agricoli statunitensi, organizzato dalla Coalizione Agricola degli Stati Uniti per Cuba (USACC) e dall’ Associazione Nazionale dei Dipartimenti Statali dell’Agricoltura (NASDA).
Dando loro il benvenuto nella Missione di Cuba presso le Nazioni Unite il mandatario ha definito indispensabile questa riunione su «uno dei settori che ha difeso di più le relazioni tra gli Stati Uniti e Cuba. Di fatto è il settore in cui abbiamo avuto qualche possibilità, molto limitata, per poter realizzare scambi economici e commerciali».
Díaz-Canel ha ricordato che c’è stato un momento in cui s’importavano dagli USA più di 1100 milioni di dollari in un anno «totale che si è ridotto perché con i limiti imposti dal blocco ci s’impone di pagare in contanti e si limitano anche le cifre con cui lo potremmo fare».
Indipendentemente del rafforzamento di questa política aberrante e delle misure contro Cuba stabilite dalla nuova amministrazione degli Stati Uniti «noi siamo sempre aperti al dialogo», ha reiterato il Presidente cubano, considerando che il motivo per il quale è avvenuto il passo indietro nello ristabilimento delle relazioni, ha a che vedere solo con gli interessi di una minoranza che lucra con la politica e cerca di frenare queste relazioni».
«Vogliamo ratificare davanti a voi che veniamo con un messaggio di dialogo . Non elimineremo in nessun momento la possibilità di conversare, ma sempre su una base di rispetto senza condizioni e senza imposizioni».
Il Capo di Stato ha commentato l’importanza che riveste dire queste cose a imprenditori e laeders delle organizzazioni del settore agricolo statunitense «perchè voi siete stati perennemente attivi nella relazione con Cuba».
Che si riesca ad eliminare il blocco, fratturando le misure contrarie alle relazioni tra i nostri paesi, ha a che vedere anche con la vostra attività, con il modo in cui voi negoziate o mostrate la vostra contrarietà per queste restrizioni», ha considerato.
«È molto importante che persone come voi possano visitare Cuba, che si possa conversare, scambiare per conoscere realmente la nostra realtà e partendo da questo, creare tutta la forza e la costruzione di un’unità che ci permetta di finirla con il blocco ».
Díaz Canel ha riferito che Cuba deve importare annualmente più di 2000 milioni di dollari in alimenti «in Condizioni molto complesse con paesi ad un’enorme distanza, dove i costi del noleggio è molto alto e dove di fatto ci aumentano i prezzi perché sanno le necessità e i limiti che abbiamo».
Poi ha valutato anche le opportunità del mercato cubano che, anche se è piccolo, è sicuro perché implica rifornire una popolazione di undici milioni di persone.
Lo statista ha detto che lo scambio può essere reciprocamente benefico.
«Quello che ci dispiace e ci molesta è, a volte, che una nave carica di alimenti va dagli USA a Cuba e poi ritorna vuota, quando potrebbe tornare con le merci nostre».
«Ugualmente ha detto che si possono produrre trasferimenti di tecnologie e scambi scientifici, perchè anche se siamo un paese con risorse modeste, abbiamo un buono sviluppo scientifico. Abbiamo portato un messaggio di pace, d’unità, di comprensione e anche di convocazione», ha concluso.
Hanno partecipato all’incontro, tra gli altri, Bárbara Glenn, direttrice esecutiva de NASDA; Paul Johnson, presidente dei USACC; Thomas Sleigth, direttore esecutivo del Consiglio dei Legumi degli USA e gli incaricati all’Agricoltura degli Stati del Connecticut, Virginia e Nuovo Messico.
Grazie al lavoro di questo settore, nel 2001 iniziarono le vendite di prodotti agricoli e alimenti a Cuba, realizzate in una sola direzione perché si mantiene la proibizione delle esportazioni dell’Isola destinate agli Stati Uniti.
Nei giorni scorsi il Senato di questo paese ha approvato un emendamento al progetto della Legge Agricola che se sarà approvato anche dalla Camera dei rappresentanti, permetterà la promozione in Cuba di prodotti agricoli statunitensi con fondi ufficiali.
Questo emendamento è un passo nella direzione adeguata, ma é molto lontano dal facilitare il commercio agricolo con Cuba e i crediti privati, così come reclama la comunità degli agricoltori statunitensi.
Nel contesto
Nel marzo del 2015 una delegazione di circa cento persone del settore agricolo degli USA ha visitato Cuba ed ha realizzato un programma di riunioni con rappresentanti cubani , con il proposito d’esplorare le opportunità commerciali e di scambio.
Nell’ottobre del 2015 è stato presentato nel Congresso nordamericano un progetto di Legge per l’esportazione agricola a Cuba, promosso dal rappresentante repubblicano Rick Crawford.
Nel febbraio del 2016 il Segretario all’Agricoltura degli Stati Uniti, Tom Vilsack, ha assicurato che esiste un grande potenziale per le vendite di prodotti organici di Cuba agli Stati Uniti, ma che le leggi attauli pongono un freno agli scambi.
Nel giugno di quest’anno il ministro cubano all’Agricoltura ha visitato la Camera del Commercio degli Stati Uniti.
In questo mese di settembre, durante il primo dialogo economico bilaterale tra Cuba e gli USA, l’agricoltura è stata uno dei temi trattati con interesse dalle due parti.
Nel dicembre del 2017, il rappresentante repubblicano Rick Crawford ha segenalato l’importanza che il Congresso degli Stati Uniti approvi il suo progetto di Legge per le esportazioni agricole a Cuba, messo a fuoco per promuovere il finanziamento privato delle vendite all’Isola.
Nell’aprile del 2018 i due paesi hanno realizzato scambi sulla cooperazione in agricoltura.
Il danno del blocco all’agricoltura
I danni registrati nei settori dell’industria alimentare e l’agricoltura nel periodo giugno 2017 – marzo 2018, toccano i 413 milioni 793.100 dollari e questo significa un aumento di 66 milioni 195.100 dollari rispetto allo stesso periodo precedente.
Cuba, ovvero l’anima tiepida di un paese
New York – La casa delle Nazioni del mondo, almeno nei documenti e le dichiarazioni, si trova nella Grande Mela. Giusto lì nel distretto di Manhattan, dove l’opulenza ferisce solo alzando gli occhi.
La ONU sembra scortata da infiniti grattacieli e tra questi, praticamente alle loro narici, si alza negra e imponente una torre con il nome di magnate, quello stesso che usa il marmo verde del suo rispettabile podio per esporre la fabbrica di tutte le sue menzogne.
Nel mezzo di questo freddo, un gruppo della stampa cubana che porta l’Isola nel cuore come un’anima salvatrice, cerca qui la propria eco.
Un cartello, un gesto vicino, una statua martiana, una frase al volo di un passante che cammina per qualche strada, un saluto o una porta che si apre con esagerata amabilità perché la nostra credenziale dice semplicemente Cuba.
In mezzo a un viale pieno del traffico disordinato di questi giorni con i capi di Stato nella ONU, un poliziotto ha bussato al finestrino della nostra macchina. Pensando “abbiamo fatto qualcosa di male”, l’autista ha aperto il finestrino aspettando il rimprovero «in english».
Che sorpresa tremenda quando il giovane vestito da poliziotto ha confessato il suo amore per Cuba, perché i suoi genitori sono nati nell’Isola, bella e ancora sconosciuta per lui.
Aveva visto l’adesivo con la bandiera della stella solitaria sul parabrezza del veicolo e non ha dubitato di chiamarci nel mezzo della confusione, con tante automobilisti frettolosi.
Nuova York non è stata fredda per i cubani in questi giorni. C’è una vita gelida apparentemente, ma coma ha scritto un collega, dietro le pietre di questa città abbonda un altro calore umano.
Per questo non deve stupire che il Presidente cubano, Miguel Díaz-Canel Bermúdez, che ha portato sino qui il legato dei suoi eroi e tantissime verità, riceva mostre d’affetto dovunque e che al termine del suo discorso nel Dibattito Generale nella ONU, decine di persone sono andate a stringergli la mano per sostenerlo nel terribile e onorevole impegno assunto nell’aprile scorso.
Il Presidente dei Consigli di Stato e dei Ministri ha scambiato saluti con l’ecuadoriana María Fernanda Espinosa, presidente dell’Assemblea Generale della ONU.
Cuba non è solo un paese e tanto meno solo un’isola.
L’indifferenza non è una parola per lei, la si ama con intensità, anche se alcuni la odiano.
E dato che la sua mano nobile ha toccata l’anima in tutti i confini, abbondano nelle torri di Babele come la ONU o la stessa Nuova York gli abbracci del bene.
Il Presidente cubano ha visitato la chiesa Riverside
La Chiesa Riverside, in stile neogotico, è stata costruita tra il 1927 e il 1 933. Situata nel quartiere di Harlem, al nord di Manhattan, è stata scenario di discorsi di numerosi leader storici come Nelson Mandela nel 1.990, appena liberato, per ringraziare per l’appoggio dei religiosi alla lotta sudafricana, e Martin Luther King, che il 4 aprile del 1 967 pronunciò il suo famoso sermone intitolato «Un momento per rompere il silenzio», nel quale parlò contro la guerra in Vietnam.
Harlem è diventata un simbolo della solidarietà con Cuba nel 1960 quando, il 18 settembre di quell’anno l’allora Primo Ministro Fidel Castro Ruz, giunse a Nuova York alla guida della delegazione cubana che doveva partecipare al XV Periodo di Sessioni dell’Assemblea Generale della ONU.
Gli attacchi dell’amministrazione del presidente Eisenhower, che gli proibì di uscire dall’isola di Manhattan, lo portarono ad ospitarsi nel Hotel Teresa, situato in questo quartiere.
Lì incontrò il difensore dei diritti civili dei negri, Malcom X, e con lui il Primo Segretario del Partito Comunista Sovietico, Nikita Jruschov, che si dichiarò «fidelista», tra le varie personalità.
Quarant’anni dopo, l’8 settembre 2000, il leader della Rivoluzione Cubana visitò di nuovo Harlem e pronunciò un discorso in questa chiesa , sede in quel momento di un incontro di solidarietà con Cuba.
Il Comandante in Capo ricordò le sue precedenti visite nel territorio statunitense, denunciò il blocco economico, commerciale e finanziario imposto dal governo degli Stati Uniti contro Cuba e mise in risalto i gravi problemi derivati dalla grande differenza tra i paesi sviluppati e quelli con meno risorse.
«Nel Terzo Mondo ci sono 1300 milioni di poveri. Cioè uno ogni tre abitati vive in povertà» aveva segnalato allora.
Inoltre condivise altri dati come che «nel Terzo Mondo ci sono 1300 milioni di poveri. Cioè uno ogni tre abitanti vive in povertà e più di 820 milioni di persone soffrono la fame nel mondo. Di queste 790 milioni vivono nel Terzo Mondo ».
Mercoledì 26 , l’altro ieri, l’attuale Presidente cubano, Miguel Díaz-Canel, in occasione del 58º anniversario di quella storica visita, ha ricordato l’emblematico discorso di 18 anni fa nella Chiesa Riverside, ed ha incontrato un gruppo di amici di Cuba in questo mitico centro religioso.