Eduardo Galeano
Trent’anni fa io mi chiedevo a proposito dell’atteggiamento del governo degli Stati Uniti che proibiva che i suoi cittadini viaggiassero liberamente a Cuba: «Se quest’Isola è, come dicono, l’inferno, perché gli Stati Uniti non organizzano escursioni per far sì che i loro cittadini la conoscano e si disingannino?».
Oggi continuo a domandarmelo.
Dieci anni fa formulavo un’altra domanda sull’inferno di Cuba: «Perché ora la dovrei confondere con l’inferno se non l’ho mai confusa con il Paradiso ?».
E adesso continuo a domandarmelo.
Né inferno, né paradiso: la Rivoluzione, opera di questo mondo è sporca di fango umano e giustamente per questo e nonostante questo continua ad essere contagiosa.
Non sono molto onorati, diciamo, questi tempi che stiamo vivendo.
Sembra che si stia disputando la Coppa Mondiale del Felpato.
Uno ha l’impressione, e magari fosse un’impressione sbagliata, che i governi competono tra di loro per vedere chi si trascina meglio per i suoli e chi si lascia calpestare con più entusiasmo.
La competizione viene da prima, ma partendo dagli attentati di terrorismo del 11 settembre, esiste quasi unanimità nell’ossequio ufficiale di fronte ai comandanti del mondo.
Quasi unanimità dico. E dico che oggi mi sento orgoglioso di ricevere questa distinzione nel paese che più chiaramente ha posto i puntini sulle I dicendo No all’impunità dei poderosi. Il paese che con più fermezza e lucidità ha rifiutato d’accettare questa sorte di salvacondotto universale consegnato dai signori della guerra che in nome della lotta contro il terrorismo possono praticare come vogliono tutto il terrorismo che vogliono, bombardando chi vogliono e ammazzando quando vogliono quanti vogliono. In un mondo dove il servilismo è alta virtù, in un mondo dove chi non si vende si affitta, è raro ascoltare la voce della dignità. Cuba è ancora una volta la bocca di questa voce.
Questa Rivoluzione castigata, bloccata, calunniata, ha fatto molto meno di quello che voleva, ma molto più di quello che ha potuto. E opera in questo. Continua a commettere la pericolosa pazzia di credere che gli esseri umani non siamo condannati all’umiliazione.
Frammenti dall’intervento di Eduardo Galeano alla sua nomina di Dottore Honoris Causa dell’Università de L’Avana, nel dicembre del 2001.