Il presidente dei Consigli di Stato e dei Ministri, Miguel Díaz-Canel Bermúdez ha partecipato alla chiusura della I Conferenza Nazionale del Sindacato dei Lavoratori della Cultura nel Palazzo delle Convenzioni a L’Avana.
«Tra tutti dobbiamo difendere lo sviluppo cultuale e la creazione artistica spogliata dalle banalità, da volgarità e paradigmi che cercano d’imporre da altri luoghi e questo lo si può fare col dialogo, il dibattito, argomenti e discussione», ha sostenuto il mandatario cubano.
«Ci sono persone che stanno facendo tutto il possibile per appartare lo Stato dall’ambito della cultura, soprattutto tutti quelli che si oppongono alla Rivoluzione e che, quando discute un tema non vogliono che l’istituzione culturale sia presente.
Esiste una tendenza che invece di parlare di sfruttamento e apprezzamento delle arti si riferisce al consumo dell’arte e vogliono che la si trasformi in merce anteponendo l’interesse personale, l’arricchimento personale, indipendentemente dalla qualità e dalla politica culturale della Rivoluzione che è lo sviluppo dell’autenticità».
Díaz-Canel ha avvisato dei pericoli di standardizzazione della cultura con la frattura della memoria storica dei popoli, la negazione della loro storia e identità, con un chiaro contenuto alienante.
«Tra tutti dobbiamo fare un lavoro che propizi una piattaforma emancipatrice per difendere in primo luogo la cubania, la politica culturale della Rivoluzione, che esiste dagli incontri sistematici di Fidel con gli artisti e gli intellettuali, con espressioni come la campagna d’alfabetizzazione, con sistemi d’insegnamento artistico, eventi e lo sviluppo delle arti».
Il presidente ha detto che le sfide sono sempre le stesse: l’assedio imperiale e il blocco da fuori, e la vocazione annessionista di alcuni, pochi, da dentro.
La storia ci ha dimostrato che l’unica risposta per affrontare questo contesto è l’unità con il dibattito culturale, che deve difendere come pilastro principale l’unità, e credo che ci possiamo riuscire», ha concluso.