Loïc Ramirez | legrandsoir.info – Traduzione per Resistenze.org
Dopo avere deposto le armi e avere firmato un accordo di pace con Bogotà, la guerriglia delle FARC-EP è diventata un partito politico legale. I suoi membri stanno ora subendo un’ondata di omicidi che ricordano la tragica esperienza di smobilitazione degli anni 80.
Il proverbio dice che la storia si ripete; non c’è dubbio che questo è ciò che i membri delle FARC temono di più. Nel 1984, la più importante delle guerriglie della Colombia firmava un cessate il fuoco con il governo del Sig. Belisario Betancur. Nata nel 1964, l’organizzazione insurrezionale delle FARC-EP (Forze armate rivoluzionarie della Colombia – Esercito del Popolo) ha toccato con mano la possibilità di partecipare alla vita politica del paese senza usare i fucili. Questa tregua diede alla luce l’Unione Patriottica, un partito politico legale designato come riparo dove sarebbero potuti confluire i combattenti.
A poco, sarebbe stata la loro tomba. Riconvertiti in personaggi pubblici della politica locale e nazionale, gli ex guerriglieri erano diventati obiettivi più facili da raggiungere rispetto a quando vivevano nelle foreste e con loro tutti e tutte le militanti che si erano aggregati nell’UP, per la maggior parte comunisti.
All’inizio fu ucciso un compagno. Poi due, tre, cinque, dieci, cento… Senza fermarsi, la crescita crudele di morti e dispersi asfissiò tutte le forze della sinistra colombiana. Lo Stato maggiore della guerriglia richiamò le sue truppe nel 1987, concludendo che ogni tentativo pacifico di presa del potere era destinato al suicidio.
Tra il 1985 e il 2002, tra le 3.000 e le 5.000 vittime gettarono nel lutto l’Unione Patriottica. Dal semplice simpatizzante al candidato presidenziale, tutti erano il bersaglio di un giro di vite orchestrato dai circoli più reazionari dello Stato in collaborazione con le forze armate e i gruppi paramilitari.
“Non sono riusciti a distruggere politicamente il partito, allora lo hanno fatto fisicamente„ dichiara Fernando quando ricorda quel periodo (1). Comunista, l’uomo era un membro dell’Unione Patriottica nel dipartimento di Meta (centro del paese). “Eravamo 36 militanti nel nostro gruppo, 3 sono sopravvissuti„ dice. Sorridendo, il ventre panciuto e la cinquantina visibilmente iniziata, Fernando non somiglia a un miracolato. Tuttavia, è stata la scelta di raggiungere la guerriglia a metà degli anni 80, che gli ha permesso di sfuggire agli omicidi e poter raccontare le sue memorie oggi.
Il 24 novembre 2016, il governo di Juan Manuel Santos ha firmato uno storico accordo di pace con i guerriglieri delle FARC. Comandante in capo dall’assassinio del suo predecessore nel 2011 [2], Timoleon Jimenez alias Tymoshenko, mise fine a 52 anni di lotta armata del gruppo marxista.
La direzione della guerriglia ordinò il raggruppamento delle sue truppe in diverse aree di concentrazione sotto la protezione delle Nazioni Unite e delle Forze armate colombiane (26 accampamenti ufficiali). Questi “spazi” di transizione mirano al progressivo reinserimento dei guerriglieri nella vita civile attraverso lo sviluppo di attività agricole o all’incorporazione nel lavoro salariato.
In materia ideologica, la guerriglia ha mantenuto il suo corso e si è trasformata in un partito istituzionale per tentare (di nuovo) l’esperienza della vita politica “democratica” nel regime rappresentativo della Repubblica colombiana. Il partito delle “FARC„, Forza Alternativa Rivoluzionaria della Comunità, si è sostituito al gruppo armato. Le iniziali “EP„ (Ejército del Pueblo in spagnolo) sono scomparse.
“Non potevamo negare la nostra origine, né la nostra organizzazione„ si difende Fernando quando risponde alle critiche che rimproverano al nuovo partito di avere conservato gli stessi acronimi dell’organizzazione politico-militare. Fernando è oggi direttore regionale del partito FARC e membro della sua direzione nazionale. Mangia nel piccolo ristorante che hanno aperto gli ex combattenti nella zona di raggruppamento di Icononzo, a sud di Bogotà nella regione di Tolima, inghiottisce il suo pranzo ed è rassicurante: “Continuiamo la lotta, ma sotto una nuova forma d’espressione„.
Il proverbio dice che la storia si ripete; non c’è dubbio che questo è ciò che vogliono molti nemici del processo di pace. Lunedì 30 luglio 2018, in pieno pomeriggio, una decina di persone mascherate hanno aperto il fuoco in una sala biliardo della cittadina di El Tarra, nella regione del Catatumbo, nel nord-est della Colombia. 10 persone vengono uccise (alcune moriranno alcuni giorni più tardi per le ferite) (3). Fra le vittime, quattro sono ufficialmente identificate come ex militanti delle FARC reinseriti nella vita civile. La ragione? Sconosciuta. Nessuna traccia seria a più di un mese dopo i fatti. Alcuni parlano di un regolamento di conti tra gruppi armati.
Nella regione, due guerriglie si affrontano per il controllo degli spazi liberi lasciati dalle FARC: la ELN (Esercito di Liberazione Nazionale) e la EPL (Esercito Popolare di Liberazione); queste hanno pubblicamente negato la loro partecipazione al massacro. Altri segnalano la probabile azione di gruppi mafiosi o di narcotrafficanti la cui rinnovata attività nel dipartimento aggiunge tensioni all’interno delle comunità contadine.
Quel che è certo è che la morte dei quattro veterani estenderà la lista degli ex guerriglieri uccisi dalla firma degli accordi di pace. Tra novembre 2016 e giugno 2018, almeno 76 di loro sono stati uccisi in tutto il paese [4]. Contemporaneamente anche un gran numero di “leader sociali„ o dirigenti sindacali è stato assassinato: 311 tra gennaio 2016 e giugno 2018, secondo il settimanale Semana (5). “Chi li sta uccidendo?„ titolava la rivista (6).
Mescolando vecchi ricordi del paese, l’omicidio infesta i dibattiti politici tra una sinistra determinata a non lasciarsi seppellire di nuovo e una destra preoccupata di svuotare gli omicidi del loro carattere politico. Per il ministro della Difesa, Luis Carlos Villegas, questi omicidi sono “conflitti di quartiere o storie di gonne” [7]. Dice che nessuna organizzazione sta uccidendo i leader della comunità. Editorialista al giornale Semana, Alfonso Cuéllar proclama forte e chiaro anche: “Qualsiasi crimine non è politico” e si rammarica che “questo ragionamento: c’è un omicidio, la vittima è un leader sociale, quindi è stata uccisa per questo” ti condanna a essere vistio come “un reazionario inumano„ (8). I leader della comunità non vengono uccisi “perché hanno votato per candidati di sinistra nelle ultime elezioni, come pretendono di far credere alcuni membri della nuova opposizione in Colombia che, in modo opportunista, vogliono politicizzare la violenza nel paese„ lamenta a sua volta il giornalista José Manuel Acevedo dalle pagine dello stesso settimanale (9).
“È ovvio che continueremo a morire„ ha detto Fernando. L’ex guerrigliero sa bene che i suoi avversari non hanno l’intenzione di giocare al gioco “democratico„ a cui le FARC sono state costrette a sottoporsi. Ma perché coloro che 30 anni prima avevano scelto di unirsi alla macchia di fronte all’onda di repressione, dovrebbero aver fiducia nella pace di oggi? “I rapporti di forza sono diversi„. Per Fernando, la presenza nel secondo turno del Sig. Gustavo Petro, candidato della sinistra alle elezioni del 2018, è il segno di un grande cambiamento nella società colombiana.
La situazione, per il campo progressista, sarebbe secondo lui, oggi più favorevole che a metà degli anni 80, nonostante la persistenza degli omicidi. A ciò si aggiungono “i meccanismi di protezione internazionale„ assenti durante il genocidio dell’UP, ma mobilitabili in quest’inizio di 21° secolo. Quale prezzo sono pronti a pagare i militanti comunisti delle FARC per mantenere la scommessa della loro trasformazione? Quanti cadaveri? “Non c’è una linea rossa„ asserisce Fernando.
Il proverbio dice che la storia si ripete; tuttavia si muore solo una volta. Il 20 agosto 2018, due ex membri della guerriglia sono stati torturati e assassinati nel dipartimento di Cauca, a sud del paese. La sinistra denuncia un abbandono da parte dello Stato, le FARC danno l’allarme sull’indebolimento degli accordi.
Il ritorno al potere dell’estrema destra colombiana, con l’elezione del Sig.Ivan Duque come Presidente della Repubblica nel giugno 2018, è un elemento di ulteriore preoccupazione per i rivoluzionari. Tanto più che il nuovo rappresentante si è pubblicamente mostrato ostile agli accordi di pace e reticente di fronte ai negoziati con la ELN, diventato il gruppo ribelle più importante. Nelle zone arretrate del paese, per molti, è stata superata “una linea rossa„. Molte zone di raggruppamento delle FARC hanno registrato fughe.
Alcuni combattenti sono partiti per mancanza di sicurezza, ma sostengono di essere sempre parte del processo di pace. Si sono raggruppati in nuovi spazi, ufficiosi. “Una volta disarmati, non ci possono obbligare a restare in quelle zone in cui non esistono garanzie per la nostra sicurezza e che permettano una reale reincorporazione„ spiega l’ex combattente Olmedo Ruiz al giornalista Gloria Castrillón (10).
Altri hanno ripreso le armi e il sentiero della giungla. Si tratta di semplici motivazioni economiche? Ragioni politiche o di sopravvivenza? Gli analisti speculano, lanciano dichiarazioni ed ipotesi, ma è difficile identificare le ragioni che spingono ciascun gruppo dissidente a ritornare alla violenza.
“Il piano per riformare le FARC!„ titolava in modo adescatore la rivista Semana a luglio 2018. “Quel titolo è errato ed irresponsabile„ reagiva l’ex presidente Juan Manuel Santos pur ricordando che secondo i servizi di intelligence militare, non c’è nulla che lasci predire tale conclusione (11).
Tutti concordano tuttavia nel quantificare il numero di dissidenti in circa 1.400 combattenti nell’estate 2018. Fra i focolai più attivi, Catatumbo (nel nord del paese) è teatro di operazioni del vecchio “Fronte 33„ dei guerriglieri di cui una parte importante ha rifiutato di integrarsi al processo di pace. “322 combattenti del Fronte 33 hanno raggiunto la zona di raggruppamento, ma secondo le informazioni della polizia e dell’esercito, quest’ultimo contava più di 600 uomini„ avanza una fonte citata dal giornale Opinión di Cúcucta (12). Nei villaggi di questo dipartimento, le scritte sulle facciate delle case e dei negozi dicono questo: “FARC EP, 54 anni di lotta”.
Note:
[1] Intervista a “Fernando”, ex membro delle FARC-EP, nella zona di Icononzo (Tolima), giugno 2018.
[2] Il comandante in capo delle FARC-EP Alfonso Cano viene ucciso in un attacco dall’esercito colombiano il 4 novembre 2011.
[3] https://www.eltiempo.com/colombia/otras-ciudades/investigaciones-tras-…
[4] https://colombia2020.elespectador.com/pais/asi-estan-asesinando-los-exguerrilleros-de-las-farc
[5] Semana, n°1888, du 8 au 15 juillet 2018.
[6] Ibid.
[7] https://www.elespectador.com/noticias/politica/asesinatos-de-lideres-son-por-lios-de-faldas-ministro-de-defensa-articulo-728893
[8] Semana, n°1888, du 8 au 15 juillet 2018.
[9] bid.
[10] https://colombia2020.elespectador.com/territorio/no-pueden-obligarnos-quedarnos-en-los-espacios-territoriales-olmedo-ruiz
[11] https://www.elespectador.com/noticias/politica/santos-niega-que-disidencias-de-las-farc-vayan-refundar-la-guerrilla-articulo-800635
[12] https://www.laopinion.com.co/judicial/jhon-milicias-el-hombre-que-lidera-la-disidencia-de-las-farc-en-el-catatumbo-161389#OP