Lula, il grande assente

Emir Sader*|alainet.org – Marx21.it

Il fattore che alla fine si è dimostrato decisivo nel risultato del primo turno delle elezioni in Brasile è rappresentato dalla persecuzione di Lula. Se no, Lula sarebbe stato eletto presidente del Brasile già nel primo turno, domenica scorsa, secondo tutti i sondaggi e secondo tutti i commentatori.

Un processo fraudolento, senza alcuna base legale e senza alcuna prova, con una condanna basata su “convinzioni” di giudici militanti politici della destra, ha alterato il futuro politico del Brasile. La delega ai tribunali della politica ha dominato l’intero processo elettorale.

Lula non è stato riconosciuto innocente, il Tribunale Supremo Elettorale non ha nemmeno giudicato il merito dei processi che lo accusano, ma ha lasciato correre sullo scandaloso arbitrio commesso contro di lui. Non ha potuto rilasciare interviste o persino votare. È stato escluso dal processo elettorale brasiliano, da un’accusa in prima istanza, in base alla quale la presunzione di innocenza, precetto costituzionale, vale per tutti, tranne che per lui.

Perché se fosse stato libero e se avesse potuto rivolgersi direttamente alla popolazione, avrebbe influenzato decisamente le elezioni. E’ sempre stato il favorito per vincere o per far vincere chi aveva indicato. Ma per ottenere ciò, sarebbe dovuto apparire, con la sua persona e la sua voce, indicando Fernando Haddad come suo candidato. Nemmeno questo è stato tollerato. Provano il panico di fronte alla voce e all’immagine di Lula. Hanno pregiudicato così, finora, il trasferimento dei voti ad Haddad, che ha raggiunto il 29% nel primo turno, mentre Lula aveva più del 40% nei sondaggi.

Il popolo brasiliano non si è lasciato ingannare e ha riaffermato la leadership di Lula. I brasiliani sono stati abbastanza maturi da sostenere Lula e desiderano che egli sia nuovamente presidente del Brasile. Ma gli è stato impedito di farlo, a causa della persecuzione politica che è stata avviata contro di lui.

Questo è stato il fattore predominante che ha impedito al popolo di celebrare il suo trionfo nelle elezioni di ottobre. La delega ai tribunali della politica impedisce alle elezioni di essere uno strumento democratico di espressione della volontà popolare. La sovranità popolare, invece di essere protetta dal potere giudiziario, non viene rispettata dal potere giudiziario stesso, che sponsorizza la persecuzione politica di Lula.

E apre la strada politica all’estrema destra.

Se non fosse andata in questo modo, il popolo brasiliano ora celebrerebbe la vittoria di Lula. La destra sarebbe stata sconfitta, e a partire dal primo gennaio il governo democraticamente eletto romperebbe con il modello neoliberale e avvierebbe nuovamente le politiche di inclusione sociale.

Si sapeva che la destra avrebbe fatto di tutto per resistere a una nuova sconfitta. Ma la via della sinistra è sempre la via democratica. Approfitta degli spazi esistenti per aprire la strada all’espressione democratica della gente. Sapendo che il confronto non è democratico, che l’esclusione di Lula che non corrisponde alle aspirazioni del popolo, non esiste altra strada che quella dell’ulteriore ampliamento degli spazi di partecipazione popolare.

È ancora possibile invertire la situazione elettorale. Per ottenerlo non è sufficiente ricevere supporto da altri candidati, il che già avvicinerebbe Haddad a Bolsonaro. È essenziale sottrarre voti a Bolsonaro, alzando il livello già alto di rifiuto. Nel 2006, la campagna di Lula è riuscita a far sì che il suo avversario, Alckmin, avesse meno voti nel secondo turno rispetto al primo, avendo puntato a smontare l’immagine del candidato della destra e facendo affidamento sui confronti diretti con lui. E’ difficile, ma non impossibile.

Sono tre settimane, con sei dibattiti in televisione. Periodo di grandi mobilitazioni popolari e, allo stesso tempo, di grandi campagne di notizie false, moltiplicate da un’immensa rete di robot in mano alla destra. Con Lula, il grande assente, informato quotidianamente da noi, che accompagna tutto dalla sua cella.

Il corso della storia brasiliana è stato cambiato da un processo che non è giustificato da nessun punto di vista. Lula avrebbe vinto nel primo turno.

Si sapeva che la destra avrebbe fatto tutto il possibile per evitarlo. I giudici e la magistratura nel suo complesso si prestano a ciò. Per bloccare il ripristino della democrazia, sono strumenti del regime di eccezione che servono a bloccare il ripristino della democrazia, a perseguitare Lula. Con Bolsonaro si rafforzerebbe il regime, avanzerebbero l’autoritarismo politico, ora accompagnato da un tocco evangelico, la discriminazione delle donne, la persecuzione degli omosessuali, sarebbero ulteriormente minati i diritti dei lavoratori, continuerebbe il blocco delle risorse per promuovere politiche pubbliche.

* Emir Sader, sociologo e scienziato della politica brasiliano, è coordinatore del Laboratorio delle Politiche Pubbliche dell’Università Statale di Rio de Janeiro (UERJ)

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